Il sindaco del Giubileo
Le amministrative del 1993 per la scelta del nuovo sindaco di Roma sono elezioni destinate a rimanere nella storia, non solo capitolina. Per la prima volta si vota col nuovo sistema maggioritario a doppio turno (quello in vigore ancora oggi per le comunali), con l’elezione diretta del primo cittadino. Il nome dei candidati sindaci è già scritto sulla scheda, accanto ai simboli dei partiti che li sostengono. Nel caso nessuno dovesse ottenere al primo turno il 50% più uno dei voti, si va al ballottaggio fra i due esponenti che hanno ricevuto i maggiori consensi.
Èesattamente ciò che succede a Roma in quella occasione, con Francesco Rutelli e Gianfranco Fini che si fermano entrambi attorno al 30% dei voti e che vengono dunque chiamati a sfidarsi, in un testa a testa finale, ai primi di dicembre. Il 23 novembre del 1993, mentre è in Emilia per l’inaugurazione di un centro commerciale, Silvio Berlusconi, all’epoca un editore televisivo senza alcuna apparente velleità politica, dichiara pubblicamente che a Roma lui voterebbe Fini. È il primo passo formale della sua futura scesa in campo nell’agone politico nazionale, a capo della coalizione di centrodestra.
In quelle elezioni romane si manifesta così, plasticamente, il passaggio che sta avvenendo in Italia dalla prima alla seconda repubblica: nuovi soggetti occupano la scena politica, nuovi schieramenti si formano, ma soprattutto compare un nuovo stile comunicativo, in cui gli annunci politici non vengono più fatti solo nelle sedi ufficiali, come i congressi di partito, ma fioccano ovunque, persino dentro un centro commerciale.
Di questo nuovo stile è protagonista anche lo stesso candidato sindaco Rutelli, che, di fronte al sostegno berlusconiano avuto dal suo avversario Fini, risponde ostentando di contrasto uno stile semplice, alla mano, da “uno di noi”, puntando molto, in campagna elettorale, sul fatto di utilizzare un motorino per i propri spostamenti, al posto dell’auto blu. Dando così la sensazione di essere l’uomo del popolo, contro il “potere forte” di chi è appoggiato dall’uomo più ricco del paese. È, di fatto, uno stile comunicativo molto simile a quello che, venti anni dopo, farà il successo del Movimento Cinque Stelle.
Rutelli non è però certo un parvenu, uno “prestato alla politica”. Già esponente del Partito Radicale, negli ultimi anni ha compiuto una svolta ambientalista, guidando il nutrito gruppo di consiglieri comunali verdi presente in Campidoglio, poi quello alla Camera dei deputati, fino a diventare ministro dell’ambiente con il governo di Carlo Azeglio Ciampi. Il ballottaggio si rivela per lui un successo: vince col 53,11% dei voti. Il 5 dicembre è formalmente nominato sindaco, a capo di una coalizione che comprende PDS, Verdi e Alleanza Democratica.
Una volta eletto, Rutelli forma così la sua squadra di lavoro, di cui faranno parte con ruoli diversi alcune personalità destinate ad avere in seguito un ruolo di primo piano all’interno del centrosinistra e della politica nazionale, come Paolo Gentiloni, futuro presidente del consiglio, oltre a Gianni Borgna, Roberto Giachetti, Esterino Montino e un’allora sconosciuta Monica Cirinnà, che riceverà l’inedita delega per i “diritti degli animali”.
Fondamentale in quel gruppo sarà il ruolo del vicesindaco e assessore alla mobilità Walter Tocci. È proprio Tocci colui che spinge per avviare a Roma un programma d’incentivazione del trasporto pubblico, soprattutto su rotaia, quello che sarà conosciuto con lo slogan “la cura del ferro”.
L’esigenza, parte dalla constatazione che il traffico romano non sia dovuto al numero elevato di automezzi circolanti (inferiore per quantità a quello di città come Londra o Parigi), bensì a una sorta di “patologia urbanistica” di Roma, con vie consolari di accesso strette e un numero di abitanti nelle periferie, luoghi sorti quasi sempre in modo disordinato e a macchia di leopardo, percentualmente troppo alto.
Il risultato del programma avviato, sebbene inferiore alle aspettative iniziali, porterà comunque alla realizzazione della linea 8 del tram e all’implementazione dei trasporti ferroviari verso l’hinterland, con l’aumento delle ferrovie metropolitane o regionali e la costruzione di numerose nuove stazioni.
Sono anche gli anni in cui vengono avviati i lavori per la realizzazione della terza corsia del GRA e dell’autostrada Roma-Fiumicino.
L’impegno di Rutelli si concentra inoltre su una complessiva riqualificazione della città, sia nelle aree centrali che in periferia. Nasce così il progetto Centopiazze, per la risistemazione o la costruzione ex novo di piazze e punti di incontro in tutti i quartieri cittadini, oltre a quello dei Punti Verdi di Qualità, realizzato allo scopo di riqualificare le aree dismesse e i terreni incolti presenti all’interno del tessuto urbano, grazie a una compartecipazione di fondi pubblici e d’iniziativa privata.
Il lavoro di Rutelli riesce ad ottenere un buon consenso fra i cittadini. Sono questi gli anni in cui la figura del sindaco, grazie all’elezione diretta, assume un ruolo politico centrale, non solo a livello locale e ogni primo cittadino diventa così un punto di riferimento determinante, anche nelle grandi città. Tanto che, in quasi tutta Italia, alle elezioni che si svolgono in quegli anni, i sindaci in carica verranno quasi sempre riconfermati con percentuali altissime. Per qualche tempo si vocifera persino della nascita di un vero e proprio Partito dei sindaci, capace di includere, oltre a Rutelli, anche l’allora sindaco di Venezia Massimo Cacciari, Enzo Bianco a Catania, Leoluca Orlando, Antonio Bassolino e molti altri.
Alle elezioni comunali romane del 1997, consapevole di questa situazione, il centrodestra sceglie dunque di rinunciare, di fatto, ad offrire agli elettori una possibile alternativa al sindaco in carica, ritenuto imbattibile, presentando quale proprio candidato un semi sconosciuto come l’imprenditore Pierluigi Borghini, che verrà sonoramente sconfitto da Rutelli già al primo turno, con oltre il 60% dei voti. Rutelli si prepara così ad essere lui il sindaco destinato ad accompagnare Roma verso il nuovo millennio e verso il grande Giubileo del 2000, un evento per il quale sulla capitale cominciano ad arrivare fondi consistenti.
Roma vuole infatti presentarsi all’appuntamento del 2000 nel modo migliore possibile. A tale scopo continuano i progetti e le opere volte a rinnovare, sia agli occhi dei visitatori che a quelli dei cittadini, il volto della Capitale d’Italia e città santa della cristianità: la progettazione del nuovo centro congressi dell’Eur (la futura “Nuvola” di Massimiliano Fuksas) e della nuova Fiera di Roma; quella dell’Auditorium, i cui lavori vengono affidati all’architetto Renzo Piano; l’apertura del prolungamento della metro A fino a Battistini; la realizzazione del sottopasso di Castel Sant’Angelo e l’avvio della futura Galleria Giovanni XXIII; l’affidamento all’architetto Richard Meier del rifacimento dell’Ara Pacis; i lavori di recupero per numerose strutture di archeologia industriale, dall’ex fabbrica Peroni, alla Centrale Montemartini, all’ex Meccanica Romana di Ostia, con un mix di interventi pubblici e privati.
Sono comunque anche gli anni in cui viene avviato un duro piano per la riduzione del debito dell’azienda municipale dei trasporti, l’ATAC, gli anni in cui viene privatizzata la Centrale del Latte di Roma e in cui viene quotata in borsa l’azienda municipale dell’energia elettrica, quell’Acea che diventerà Acea Spa, passando in parte nelle mani della famiglia Caltagirone (Il Campidoglio è ancora oggi azionista di maggioranza col 51%).
Chiuso con successo il Giubileo, consapevole di non potersi ricandidare a sindaco per un terzo mandato (lo impedisce la legge), Rutelli decide a quel punto di lanciarsi verso una carriera politica nazionale. Incombono a breve le elezioni politiche del 2001, in cui tutti i sondaggi sembrano dare per vincente Silvio Berlusconi, vista anche la rissosità interna al centrosinistra (in quel momento al governo della nazione), che era stato capace di bruciare sull’altare dei propri dissidi interni, prima il governo di Romano Prodi, poi quello di Massimo D’Alema, mantenendo in carica un governo piuttosto traballante, guidato da Giuliano Amato. Rutelli decide perciò di mettersi a disposizione, offrendosi come candidato premier.
Per fare questo si dimette da sindaco l’8 gennaio 2001, con diversi mesi di anticipo sulla scadenza naturale del proprio mandato, lasciando in Campidoglio il commissario prefettizio Enzo Mosino. La scelta non si rivelerà vincente: fuori dalle mura aureliane Rutelli sembra non avere un particolare appeal e non offre un grande valore aggiunto alla propria parte politica. La Casa delle Libertà, guidata da Berlusconi, stravince nettamente le elezioni nazionali di quell’anno. A Roma, però, il centrosinistra tiene e, alle contemporanee comunali, il nome del sindaco che uscirà vincitore, è il nome di un leader di quell’area politica: quello di Walter Veltroni, che guiderà Roma per i sette anni successivi.
Storie di Campidoglio
GLI ARTICOLI DELLA SERIE:
01 – Tutti i sindaci del Re
02 – I sindaci umbertini
03 – Nathan, “er mejo sindaco”
04 – I governatori del Ventennio
05 – Il regno di Rebecchini
06 – I sindaci della Roma Olimpica
07 – Clelio Darida, l’ultimo DC
08 – 1976-1985: i sindaci rossi
09 – 1985-1993, gli anni del Pentapartito
10 – Il sindaco del Giubileo
11 – La Roma di Veltroni
12 – La destra in Campidoglio
13 – Marino: il sindaco interrotto