1985-1993, gli anni del Pentapartito
Se la vittoria del PCI alle elezioni comunali del 1976 aveva provocato uno shock sul fronte conservatore e dall’altra parte un forte entusiasmo tra i simpatizzanti di sinistra, generando per qualche tempo la paura e la speranza di una vera imminente rivoluzione romana, non lo stesso si può dire di quando, nel 1985, la situazione viene ribaltata e la Democrazia Cristiana torna alla guida della città, dopo avere vinto le elezioni di quell’anno. Il nuovo passaggio di consegne viene vissuto senza una particolare gioia da un lato e senza un particolare sconforto dall’altro, quasi come fosse il segno di un inevitabile destino, che doveva per forza di cose portare anche a Roma la stessa maggioranza che da qualche anno guidava l’Italia: il pentapartito.
Nicola Signorello
Il primo sindaco di questa nuova stagione è Nicola Signorello. Democristiano, della corrente andreottiana, già presidente della Provincia di Roma, più volte ministro della Repubblica, quella di Signorello è una figura abbastanza grigia, burocratica, apprezzata anche dai suoi avversari politici per un certo rigore morale dimostrato nel suo operato, ma anche fortemente criticata per il suo formalismo, il suo amore per l’etichetta, il suo spirito piuttosto attendista, al limite dell’immobilismo. Dopo la sua elezione a sindaco, alla guida della prima giunta pentapartita della città (formata da DC, PSI, PSDI, PRI e PLI), paradossalmente queste critiche gli pioveranno addosso soprattutto da parte dei suoi alleati di governo, con capofila il Partito Socialista, in quel momento il partito sulla cresta dell’onda nel paese, la forza propulsiva che sembra destinata ad una inarrestabile crescita, grazie anche allo stile arrembante del suo segretario Bettino Craxi, divenuto da due anni il nuovo presidente del Consiglio italiano.
Signorello è invece un politico vecchio stile, un democristiano d’altri tempi, tanto attento al cerimoniale da guadagnarsi il soprannome di Pennacchione. Se da una parte alcune delle critiche ricevute risultano decisamente ingiuste, dall’altra è certo che la guida di Signorello non viene ricordata per nessun significativo intervento che abbia sostanzialmente segnato la vita e lo sviluppo della città. D’altronde i poteri del sindaco sono in quel momento molto limitati, in più Signorello paga lo scotto di quella strana guerra di logoramento che è in atto in quegli anni fra le due maggiori forze del pentapartito: DC e PSI. Una rivalità che si traduce in continui veti reciproci, al punto da arrivare a una vera e propria paralisi nelle decisioni politiche.
Tra faide interne e veti, la giunta Signorello cade una prima volta nel 1986. Rieletto nuovamente sindaco dal consiglio comunale, Nicola Signorello cade di nuovo nel 1987 e quindi definitivamente nel 1988, quando decide di presentare le proprie dimissioni, per ritirarsi poco dopo dalla vita politica.
Pietro Giubilo
A sostituirlo sarà Pietro Giubilo, un altro esponente della DC, anche lui della corrente andreottiana, ma soprattutto un uomo molto vicino a Vittorio Sbardella. Sbardella è in quegli anni l’astro nascente del partito romano, vero capopopolo e trascinatore di consensi, conosciuto, all’interno e all’esterno del partito, per il suo fare deciso e apparentemente privo di scrupoli, che gli è valso il soprannome di Squalo.
Eletto sindaco nell’agosto del 1988, Giubilo finirà però per dimettersi appena pochi mesi dopo, a marzo del 1989, sia perché il clima di rivalità all’interno del pentapartito non pare cambiato, sia perché verrà toccato da alcune inchieste giudiziarie, riguardanti l’assegnazione delle mense scolastiche comunali alle cooperative vicine al movimento cattolico Comunione e Liberazione. Per qualche tempo, nonostante i dissidi interni, le forze del pentapartito tentano comunque di mantenere in piedi la giunta. In ballo ci sono infatti i grandi finanziamenti che Roma si trova a gestire, in vista degli imminenti mondiali di calcio del 1990, assegnati all’Italia.
In città sono in corso i lavori per numerose opere pubbliche: non solo il rifacimento dello stadio Olimpico, ma anche diverse infrastrutture, come il nuovo Terminal Ostiense, da cui sono previsti i collegamenti ferroviari da e per l’aeroporto di Fiumicino, o come la stazione di Vigna Clara e quella di Roma Farneto (tutte opere che al termine dei mondiali finiranno nel degrado e nell’abbandono), realizzate in vista di un nuovo collegamento ferroviario a servizio della zona del Foro Italico. Nonostante tutti gli sforzi, la giunta Giubilo cade ugualmente e Roma si avvia dunque verso elezioni comunali anticipate, indette per il mese di ottobre del 1989.
Franco Carraro
Complici i grandi sconvolgimenti mondiali di quei mesi, che porteranno in breve tempo alla caduta del muro di Berlino e alla dissoluzione del blocco comunista, nelle elezioni romane di ottobre 1989 il PCI, in forte crisi d’identità e avviato verso il proprio scioglimento, non ottiene i risultati sperati fino a qualche mese prima. Il pentapartito invece, nonostante gli scandali che avevano provocato la caduta del sindaco Giubilo, nel suo complesso tiene, vincendo quella tornata elettorale. I rapporti di forza interni alla maggioranza, però, vengono fortemente modificati, con una perdita di voti per la DC e un discreto aumento per il PSI, che raggiunge a Roma quasi il 14%.
È per questo che il PSI ha gioco facile nel reclamare per sé il nuovo sindaco della Capitale. La nomina di un sindaco socialista è in parte anche il frutto di quello che passerà alla storia come Patto del camper, un accordo politico siglato quell’anno fra il segretario del PSI Craxi e quello della DC Arnaldo Forlani, che nella spartizione degli incarichi decisa in quella sede, avevano optato per offrire al partito di Craxi la guida di Roma, mentre la DC poteva manteneva la presidenza del consiglio nazionale.
Il candidato naturale quale sindaco targato PSI, in una Capitale tutta concentrata sugli imminenti campionati mondiali di calcio, non può che essere Carraro. Soprannominato sarcasticamente Poltronissimo per via dei molteplici e diversissimi incarichi occupati durante la sua carriera, è stato nei diversi anni presidente del Milan, della FIGC, della Lega calcio, del Coni, ministro del turismo e dello spettacolo con delega allo sport e presidente della commissione per Italia ‘90. Chi più di lui sembra essere destinato a portare Roma dentro le notti magiche dei futuri mondiali?
La sua nomina a sindaco viene formalizzata nel dicembre del 1989. Per i primi mesi la sua guida della città pare andare sul velluto e, tra aumento dei costi e ritardi nelle tempistiche, grazie a procedure straordinarie attivate ad hoc, le principali opere previste per i mondiali vengono comunque ultimate entro l’estate del ‘90. Una volta terminata la grande manifestazione calcistica, spente le luci sui gol di Schillaci, smaltita la delusione per la sconfitta ai rigori dell’Italia, eliminata in semifinale dall’Argentina, a Roma comincia a farsi strada un certo malcontento per come sono stati sperperati i soldi destinati alle infrastrutture per i Mondiali.
Tutte le principali opere realizzate vengono infatti rapidamente chiuse e abbandonate, dimostrandosi inutili o, nel migliore dei casi, mal concepite, nonostante i costi faraonici. Succede così al Terminal Ostiense, da cui i collegamenti per l’aeroporto vengono presto disattivati. Succede così alla stazione di Vigna Clara e a quella di Roma Farneto, con la chiusura della ferrovia diretta all’Olimpico. Persino le palme, piantate per abbellire il lungomare di Ostia, vengono seccate dalla salsedine e abbattute: quasi il segno di una maledizione che si sta scatenando sulla giunta capitolina.
Intanto il clima generale in tutta Italia sta cambiando. Il 17 febbraio del 1992 viene arrestato a Milano Mario Chiesa, esponente del PSI: è l’inizio di quella tempesta politico-giudiziaria che passerà alla storia come Tangentopoli. Anche la giunta capitolina comincia ad essere toccata dagli scandali, con assessori e consiglieri che vengono, uno dopo l’altro, indagati o arrestati. Nel luglio del 1992 la prima giunta Carraro è costretta a dimettersi. Ne segue un rimpasto e un nuovo mandato per il sindaco socialista, che sostituisce alcuni suoi collaboratori con assessori indipendenti, cioè non iscritti ai partiti di maggioranza. Ma le inchieste e gli arresti degli assessori, anche in questa seconda fase, non si fermano. Ad aprile del 1993 Carraro scioglie anche la sua seconda giunta, nel tentativo, ormai quasi disperato, di costituirne una terza, formata solo da personalità che fino a quel momento non erano mai state coinvolte nella politica e nell’amministrazione cittadina. Tuttavia, le immediati dimissioni in massa della quasi totalità dei consiglieri comunali dell’opposizione, provocano lo scioglimento dell’assemblea capitolina, con la nomina di un commissario prefettizio.
Con la caduta di Carraro finisce definitivamente anche un’epoca: quella della Prima Repubblica. La riforma elettorale del 1993, che trasformerà l’elezione dei sindaci in un’elezione diretta, col primo cittadino non più scelto dal consiglio comunale, ma dalla maggioranza degli elettori, unita alla scomparsa di tutti i principali partiti nazionali, travolti in quegli anni dalle inchieste di Mani Pulite e dal nuovo contesto politico, renderanno già le successive elezioni comunali, quelle del famoso scontro fra Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, qualcosa di totalmente inedito.
Inizia così la cosiddetta Seconda Repubblica e, contemporaneamente, inizia per il sindaco di Roma una nuova vita e un nuovo prestigio. D’ora in avanti i nomi e i volti dei futuri primi cittadini verranno resi noti in anticipo, presentati al vaglio degli elettori, scritti già sulla scheda elettorale, Sono i nomi di Rutelli, poi di Valter Veltroni, di Gianni Alemanno, di Ignazio Marino, di Virginia Raggi. Fino al prossimo sindaco, quello che uscirà vincente dallo scontro elettorale previsto a Roma nella primavera del 2021 e a cui auguriamo, fin d’ora, le migliori fortune.
Storie di Campidoglio
GLI ARTICOLI DELLA SERIE:
01 – Tutti i sindaci del Re
02 – I sindaci umbertini
03 – Nathan, “er mejo sindaco”
04 – I governatori del Ventennio
05 – Il regno di Rebecchini
06 – I sindaci della Roma Olimpica
07 – Clelio Darida, l’ultimo DC
08 – 1976-1985: i sindaci rossi
09 – 1985-1993, gli anni del Pentapartito
10 – Il sindaco del Giubileo
11 – La Roma di Veltroni
12 – La destra in Campidoglio
13 – Marino: il sindaco interrotto