Il teatro anti-Covid

Il teatro vive di presenza, di uno spazio condiviso, con attori e spettatori, che insieme formano una comunità. Questa articolazione elementare e millenaria è stata messa in questione dalla pandemia. Gli artisti a loro modo, come del resto altre attività che richiedono lo stare insieme fisicamente, si sono organizzati per superare in qualche modo le difficoltà.
Tra le esperienze romane, una della più originali, è quella del Teatro Mobile, un’associazione con 25 anni di impegno sulle tavole del palcoscenico che ha ideato una formula anti-covid.
I luoghi delle loro esibizioni sono spesso legati ad aree archeologiche e naturali, spazi urbani, quindi all’aperto. Gli spettatori vengono forniti di radio cuffie e possono muoversi insieme agli attori, con una percezione visiva e spaziale diversa dal teatro tradizionale.
Dietro questa idea ci sono il regista
Marcello Cava e Pina Catanzariti, che lavora sui testi (traduzione e drammaturgia) che vengono messi in scena. In questi periodo hanno dovuto fare i salti mortali per rimodulare i loro spettacoli passando attraverso la zona gialla, arancione e rossa, postando i video dei loro interventi o esibendosi in streaming.
In vista della parziale riapertura hanno tre date in tre siti: il 21 maggio presso la Scuola di ingegneria aeronautica, il 22 maggio all’Orto botanico, il 23 maggio alla Galleria nazionale d’arte moderna. Q
uesta intervista a Marcello Cava è stata realizzata per email e completato al telefono.
Le fotografie sono relative a spettacoli andati in scena prima della pandemia.

Tutto il teatro italiano, con le sale chiuse, ha patito il Covid. Voi come ve la siete cavata?
Non bene, il teatro, lo spettacolo dal vivo sono corpo, voce, presenza, prossimità, scambio emozionale anche fisico… Nonostante la nostra formula permetta la realizzazione di eventi distanziati e compatibili con le misure anticovid – e infatti da maggio partiremo con alcune iniziative in particolare sull’Appia Antica – la chiusura completa delle attività culturali ci ha costretto alle famose digital edition sia per Eureka, un progetto triennale di divulgazione scientifica con il Comune di Roma, sia per l’avvio del progetto CHI C’ERA QUI PRIMA DI ME ? INSOLITO ASCOLTO PER-VERSO IL LUOGO dove ci siamo ritrovati in solitudine ad Ostia Antica, senza visitatori e spettatori.

I video realizzati a Ostia Antica sono una risposta all’impossibilità di essere in presenza?
Si, proprio questa è stata l’idea. Non fare il teatro “a distanza”, operazione impossibile, ma cercare una soluzione adatta alla contingenza attuale: seguendo il cammino solitario dell’attore che, come un ultimo spettatore nella terra desolata, ascolta in cuffia la sua stessa voce, tra le rovine di Ostia Antica. Abbiamo cercato di raccontare una sorta di azione di spaesamento consapevole: il luogo senza visitatori, il teatro senza spettatori, l’attesa nel tempo sospeso della pandemia. Insolito ascolto per – verso il luogo…

Avete un legame o un rapporto particolare con Roma come fonte di ispirazione?
A volte pensiamo che non c’è quasi luogo (teatro, monumento, spazio urbano) della città di Roma dove non abbiamo, in questi anni, realizzato qualche evento particolare. Il legame con Roma è senz’altro fortissimo. Dal 2016 abbiamo poi indagato, con manifestazioni vere e proprie, la memoria e l’immaginario legati a questa città e alla sua storia millenaria, dimostrando, seppure senza ottenere dal Comune una vera e consapevole “attenzione”, quanto la nostra formula di teatro in cuffia, unita ai contenuti mutuati dal patrimonio latino ed europeo legato a Roma, possa essere una “miniera inesauribile” (e anche un servizio culturale funzionale a strategie vere di sostenibilità economica) per consentire, ai visitatori ma anche agli abitanti, una fruizione “vera” del patrimonio culturale della città.

Gli spettatori che vengono ad un vostro spettacolo devono indossare le cuffie e seguono la performance in movimento?
Si tratta sempre di operazioni site specific, pensate per i luoghi in cui vengono proposte. L’ascolto in cuffia del testo da parte dei visitatori-spettatori è l’idea che ci ha consentito il movimento attraverso gli spazi senza dover allestire impianti di amplificazione garantendo così un primo piano “sonoro” ad ogni fruitore e rispettando i luoghi spesso di pregio. In questo periodo di pandemia inoltre si permette così sia agli attori che agli spettatori il distanziamento fisico senza pregiudicare l’emozione dell’evento dal vivo. 

I vostri spettacoli prendono sempre questa forma? I testi sono per lo più classici?
La forma varia in base al luogo (aperto o chiuso), al possibile “viaggio”, e al contenuto. Pina Catanzariti realizza una drammaturgia specifica traducendo, adattando e riscrivendo testi teatrali o letterari che ci sembrano attinenti con il luogo dell’evento, la sua memoria, il suo immaginario. Per gli spazi e i musei archeologici quindi spesso si attinge al repertorio classico.

In breve, se possibile: qual è il vostro percorso artistico?
Il lungo percorso teorico e pratico, alla ricerca di nuove forme e significati dello spettacolo inteso come attività di politica culturale, è iniziato nel 1996 con la riapertura simbolica, che inventava e realizzava nuovi possibili utilizzi di uno spazio culturale abbandonato, il vecchio Teatro Jovinelli di Roma, inutilmente vincolato e poi demolito. Si è sviluppato, da allora, con progetti diversi: il videoteatro, il lavoro su testi antichi per luoghi della memoria, il progetto Spaziaroma per una ricognizione dei luoghi da recuperare di Roma, i progetti su Sartre, Brecht e altri grandi autori del Novecento, la collaborazione con scuole ed università, la realizzazione di un nuovo Carro di Tespi che ha gettato, infine, le basi del concetto di Teatro Mobile come risposta attiva alla perenne mancanza di luoghi permanenti.

 

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