A proposito di trekking urbano
La bellezza della quotidianità pedestre è quella del non stress, del non cercare parcheggio, di non essere multati con l’ansia della doppia fila e delle quattro frecce. Le distanze sono troppe? Aiutiamoci con due metro e mezzo, compresa la C, o con il virtuoso trenino urbano.
Pratica ormai molto diffusa in tanti programmi di cammino, sempre essenzialmente legati al tempo libero e alla domenica. Lo si pratica in tantissime città con percorrenze sempre superiori ai 10 km.
Però? Il quotidiano dove sta? Non quello sotto il braccio – che se ancora ci fosse non sarebbe male – ma il quotidiano come abitudine al camminare una prassi che sarebbe una vera meraviglia per noi e le nostre città. Non sempre purtroppo è così. Oppure è così consultando lo smartphone, che ti indica sempre la strada più veloce anche a piedi. L’altare della velocità, della brevità e della fretta, sempre, anche quando non ne abbiamo bisogno. Magari ci fosse un’applicazione che ti indicasse la strada più bella, quella più silenziosa, che ti indirizzasse sulla strada più verde. Mai. Quella dove ci mettiamo 5 minuti in più ma godiamo.
Allora non resta che ripensare e re-immaginare i nostri passi scegliendo con astuzia, anche nei giorni feriali, il nostro percorso per raggiungere quel luogo. Prima di tutto non sentirsi macchine. Cosa vuol dire? Spesso nei nostri percorsi a piedi riproponiamo il tracciato che farebbe un’automobile con rotonde, arterie le più dirette e trafficate, sensi unici, tutte cose che già angosciano. Invece pensate che bello è andare a piedi contromano, svicolare in quel passaggio dove perfino le bici hanno difficoltà, deviare, curiosare, quello che solo i piedi possono fare in quel vicoletto che vi intriga, per scoprire quella piccola insegna. L’incontro con un artigiano che vi stupisce e vi rivela un’attività commerciale che resiste alla globalizzazione.
E poi, in queste stranianti deviazioni, spesso solitarie, si incontra una persona in senso inverso e si prova a dirgli: “buongiorno”, come un gesto di armonia e condivisione. Un “buongiorno” spessissimo ricambiato da un “buongiorno” e un sorriso. Una antica usanza che sembra confinata ai sentieri di montagna ma che potrebbe essere pratica quotidiana in quelle straduzze, in quei marciapiedi tranquilli dove si avverte il senso di condivisione di qualcosa di vero.
Avere un’idea anche approssimativa della posizione dei luoghi da raggiungere aiuta a realizzare percorsi personali, fantastici e creativi dove i piedi possono tutto salvo la impenetrabilità degli spazi e dei muri dei palazzi. Questo vuol dire creare percorsi sempre nuovi e magari perdersi anche dove lo smarrimento non è un rischio ma una scoperta.
A proposito di orientamento una mappa può essere utile, un po’ come il giornale sottobraccio, per capire la direzione da prendere evitando gli angoli retti. Il vero gusto è girare attorno, trovarsi una strada, sconfinare in un corridoio condominiale ospitale. In altre parole se uno deve andare da Piazza Cavour a Piazza Venezia gli viene spontaneo attraversare ponte Umberto – ma questo è inevitabile a meno di una canoa – e poi, però, percorrere Via Zanardelli e Corso Rinascimento fino a Corso Vittorio Emanuele e poi a sinistra fino a Piazza Venezia. Un bel percorso da ZTL. Complimenti, sarebbe l’indicazione che daremmo ad un turista per non farlo perdere. Ma noi?
Proviamo ad andare nei vicoli, a scoprirne uno nuovo, a filtrare tra quei cortili di palazzi antichi che spesso hanno un’entrata e un’uscita, sapendo che Piazza Venezia è lì grosso modo, diciamo, per metterla in gergo montanaro, direzione est.
Se un turista ci chiedesse come andare da San Pietro a Largo Argentina ci verrebbe spontaneo suggerirgli Via della Conciliazione e Corso Vittorio Emanuele. Non che non siano belle strade ampie e dirette: ma perché non suggerirgli Borgo Pio, Via dei del Governo Vecchio, o Via del Pellegrino? Sarebbe un bel dono sentire il rumore dei propri passi, lì dove non passano i bus “spider” che tanto rallegrano i turisti “low cost”. Anche a noi, penso, ci farebbe piacere in una città che non conosciamo, incontrare qualcuno che sappia darci questo arguto suggerimento.
Spesso, anzi sempre, mi trovo nella situazione di accompagnatore di trekking urbani di connettere aree verdi – ricordiamoci sempre che Roma è la città più verde d’Europa – a borghetti, quartieri periferici, murales, spesso anche a me sconosciuti, strade elusive e silenziose, dove le persone avvertono quel senso di stordimento, smarrimento, disorientamento, fino a passare in un luogo dove, sorpresi e increduli riconoscono quello spazio o quella piazza, dove sono transitati tante volte in macchina. Il puzzle comincia ricomporsi. Il giocattolo smontato pian piano riprende le sue forme.
La bellezza della quotidianità pedestre è quella del non stress, del non cercare parcheggio, di non essere multati con l’ansia della doppia fila e delle quattro frecce. Le distanze sono troppe? Aiutiamoci con due metro e mezzo, compresa la C o del virtuoso trenino urbano (vedi mio post precedente A Roma c’è un trenino) dove incredibilmente ci si siede sempre e i passaggi sono dai 10 ai 15 minuti!
E poi a piedi tra giardini, stradine vicoletti, scale, con una meta che sicuramente raggiungeremo prima e anche in orario. Tanta letteratura si ormai spesa sul piacere del camminare come panacea dei nostri mali interiori “solvitur ambulando” fino a utilizzare il termine “rivoluzione” come emblema di un nuovo modo di combattere i mali delle civiltà urbane. Entrambe le cose vere ma la quotidianità è una virtuosa abitudine e scoperta di piccoli piaceri e doni da fare a noi stessi regalandoci anche un piccolo appetito in più, giustificato; da soddisfare….
Carlo Coronati è, con i suoi libri, inventore e creatore di trekking urbani coi suoi libri: Edizioni Il Lupo.
Lasciare la propria mail a questo indirizzo per partecipare agli eventi: info@edizioniillupo.it https://www.passobarbasso.it/informazioni-utili/partecipare-alle-escursioni
(Foto di Filippo Pompili)