Snia, cuore operaio

Questa recensione è stata scritta da Marcella Ciarnelli per Fogli E Viaggi.

Un libro di solito appassiona, annoia, in alcuni casi arrivare alla fine è difficile. Un libro incuriosisce, fa fare scoperte e insegna. Emoziona e commuove, svela realtà le più diverse, come mi è accaduto leggendo il lavoro di Ella Baffoni “Le voci della Snia. Storie della Cisa Viscosa di Roma” edito da Bordeaux, che in forma di racconto in prima persona conduce il lettore tra gli operai della fabbrica di Roma, Largo Preneste, lungo tutto il periodo di apertura. Dal 1922 al 1952. La parola fine dell’esperienza Snia fu scritta nel 1952 appunto, il 29 maggio, al termine di “una assemblea lampo, un soffio, tredici minuti” che segnarono le vite degli operai, ormai pochi sul finire di anni di speranza ma anche di crisi, delle loro famiglie, inevitabilmente dell’intero quartiere che aveva vissuto di un indotto povero ma sicuro.

La parola agli operai. La voce di molte donne, quasi cento, Mafalda, Anna, Elena, Adriana, Giovanna… meno gli uomini, Comunardo, Giuseppe, Antonio, Filippo, poco più della metà nonostante in quei tempi la forza lavoro fosse per lo più maschile. Una scelta autoriale di genere che svela e conferma, attraverso i racconti delle protagoniste, quanto fosse centrale il lavoro delle donne in fabbrica come nelle cure familiari. Nella società. Un giusto riconoscimento a vite di sacrificio, a lavoratrici pagate meno degli uomini come continua ad accadere anche nella nostra evoluta società, ad una capacità di ribellarsi contro i soprusi, le molestie, le violenze. In tempo di pace, di guerra, di sciopero, di fame.

L’autrice ha riscritto, sulla scia di Wu Ming2, in forma diretta e personale una sorta di autobiografia di massa che è concreta nelle vicende, dato che le schede di un archivio non possono mentire, ma immaginata nell’autonomia di chi ha scritto per ciò che riguarda i sentimenti, i dolori, le difficoltà, l’impegno nel lavoro e nella vita familiare, i momenti di sollievo e quelli difficili lungo tutti gli anni di attività in cui quella realtà industriale è stata il cuore di un quartiere cresciuto oltre le Mura proprio per le esigenze abitative: quelle di chi andava a lavorare in fabbrica ma anche dell’intera città, che cresceva impetuosa verso la periferia anche per il decentramento voluto dal fascismo. Casalbertone, il Pigneto si sono sviluppati così. E la quasi campagna è diventata città grazie ad un insediamento industriale finito in disarmo per molti anni dopo la chiusura, ma che poi ha trovato nuova vita nella battaglia per rendere pubblico e curato questo spicchio di capitale, salvaguardando sia gli edifici che il verde, e il lago che ha una origine accidentale, conseguenza di avventati lavori di sbancamento. Una potenziale oasi naturale per la quale la battaglia è ancora in corso.

La fabbrica negli anni di attività fu fonte di sopravvivenza e di sopraffazione. Di solidarietà. Una realtà in cui a dispetto della guerra, della miseria, della fatica, degli scontri ideologici, si assisteva anche al nascere di amori. Le storie raccontate dai protagonisti sono quelle raccolte dal Centro di documentazione ‘Maria Baccante’, per tre anni operaia alla Snia, ufficialmente inaugurato nel 2015. Sono contenute nei faldoni dell’ufficio del personale e degli uffici tecnici della Cisa Viscosa, un archivio salvato vent’anni fa da appassionati militanti e aperto alla consultazione del pubblico, che raccoglie 28 metri lineari di schede dei dipendenti e altri 4 di disegni tecnici di macchinari.

Dalle schede personali degli operai esce uno spaccato di vita personale e collettivo. Il fascismo, le tante crisi economiche, la guerra. La lotta partigiana, le scelte politiche, gli scioperi e l’impegno per salvare il posto di lavoro senza svendere la dignità e non rinunciare ad allattare i figli. Le lotte delle donne per i diritti acquisiti ma sempre in bilico, una parità che gli uomini non sono mai stati disposti a concedere e che bisogna sempre riconquistare a costo di enormi sacrifici.

Negli anni d’oro nello stabilimento sulla Prenestina hanno lavorato fino a 2.400 operai, per fabbricare i tessuti in viscosa, la fibra prodotta chimicamente partendo da un materiale naturale qual è la cellulosa. Materia prima vegetale che il processo chimico fa diventare “violenta e nociva”. Ecco dunque in prima persona i racconti di un lavoro molto duro e anche tossico, destinato a danneggiare la salute nel profondo.

Il danno ambientale e alle persone è un altro aspetto importante che emerge dalle parole dei protagonisti – nota Michele Colucci nella prefazione che si conclude con l’invito a chi leggerà il libro a “non fermarsi alla parola scritta” ma a farsi un giro nei luoghi raccontati nel volume: il Parco delle energie e il Monumento naturale ex Snia, oltre al Centro di documentazione che si trova proprio nel cuore del Parco “dove sono custodite le storie elaborate e riproposte nel libro”. Il volume è presentato, prima di cominciare il viaggio nelle librerie, proprio nei locali della fabbrica: certamente con Mafalda, Anna, Elena, Adriana, Giovanna, Comunardo, Giuseppe, Antonio, Filippo e tutti gli altri ad ascoltare.

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