AS Roma: calcio, storia e revisionismi. Foschi in francobollo, Sacerdoti dimenticato
Cosa non si fa per la Roma! Sì, e qualche volta si sbaglia pure. Come per le comprensibili polemiche sorte per l’emissione di un francobollo dedicato a Italo Foschi, fondatore e primo presidente della società capitolina. L’occasione sono i 140 anni dalla nascita. Il tutto avviene pochi giorni dopo il centenario dell’assassinio fascista di Giacomo Matteotti, anche lui ricordato con un francobollo. Ma, come ricorda lo storico Mimmo Franzinelli, intervistato da “La Repubblica”, Foschi fu un militante fascista e fedelissimo del Duce.
Non solo. Nell’Italia fascistissima gli furono commissionate spedizioni punitive contro avversari politici. E si congratulò con Amerigo Dumini per l’uccisione di Matteotti: “…sei un vero eroe, degno di tutta la nostra ammirazione!”. Aderì alla Repubblica sociale di Salò, dove, spiega Franzinelli: “…si distinse per zelo collaborazionista e attivismo antipartigiano. Si scontrò il con il vescovo Fogar, che disapprovava le sue politiche persecutorie contro gli ‘slavofili’”. Al termine della guerra beneficiò dell’amnistia Togliatti.
Insieme al francobollo, che si commenta da sé, c’è il comportamento della AS Roma che sembra avere poca memoria. Perché se in qualche modo si può comprendere di voler celebrare il fondatore con un torneo a lui dedicato a Trigoria (in svolgimento questi giorni), dall’altra si dimentica l’altro protagonista decisivo per la nascita della squadra di calcio giallorossa. Si tratta di Renato Sacerdoti, ebreo e tifoso romanista, che mise sul piatto un finanziamento diretto di 500mila lire per la nascita della AS Roma, senza i quali nulla si farebbe fatto. Fu sempre grazie a Sacerdoti che venne costruito il glorioso Campo Testaccio. Foschi lo scelse come suo vice e gli affidò il Club pochi mesi dopo. Come presidente gettò le basi per la prima grande Roma della Storia. Acquistò Bernardini dall’Inter, Volk dalla Fiumana, Masetti dal Verona. Lottò per lo Scudetto nel 1930-31 e lasciò la presidenza nel 1935.
Renato Sacerdoti era fascista, partecipò alla Marcia su Roma. Fu però travolto dalle leggi razziali, il regime lo emarginò. Fu incarcerato e poi inviato al confino per quasi cinque anni. Non servì la conversione al cattolicesimo. La sua, come anche le vicende umane e sportive di tre presidenti di fede ebraica – Jaffe (Casale) e Ascarelli (Napoli) – sono raccontate in un bel libro di Adam Smulevic “Presidenti. Le storie scomode dei fondatori delle squadre di calcio di Casale, Napoli e Roma”, editore Giuntina.
Gli avvenimenti della storia non offuscarono l’affetto di Sacerdoti per la Roma. Infatti, nel dopoguerra tornò alla presidenza della Roma, e ci rimase sino al 1958. Così cantavano i tifosi allora: “Fin che Sacerdoti ce sta accanto, porteremo sempre er vanto, Roma nostra brillerà”. Ora, celebrare Italo Foschi, con quel passato, e mettere da parte Renato Sacerdoti, è inaccettabile, una vergogna, una di quelle leggerezza che si fatica a comprendere.