Ma quanto tempo è che non ti porto al mare?
Il vento ha giocato con la pioggia a tre tre giù giù sul mio balcone fino a un attimo prima di mettere i piedi fuori del letto. Mi spiace un po’ per la camelia e l’acero giapponese squassati da questi giorni di burrasca, ma inizio la giornata contenta e nella rara determinazione, che solo le giornate di tempesta sanno donarmi. Oggi si va al mare!
Attraverso l’aria del cortile carica di resina e pini, ma un paio di svolte più in là mi ritrovo piegata in avanti con il vento contro e la salsedine a ricoprirmi la faccia. Raggiungo il lungo mare, spengo la musica nelle cuffie e le lascio ben calate sulla mia testa. Almeno il cappello resterà al suo posto. Il giro ha i suoi riti. Dopo ogni mareggiata si controllano i penati locali, Venere e Nettuno, un’occhiatina per vedere se hanno saputo resistere e poi via sulla striscia di spiaggia ancora più sottile sotto le sferzate delle onde. Una mi prende in pieno, l’obiettivo mi ipnotizzata sul verso delle onde più lontane e non mi accorgo della colonna d’acqua che mi investe.
Cani, coppie, cacciatori di onde si lasciano abbracciare da un insperato sole.