Incontri romaneschi
Roma è generosa di verde all’interno del Raccordo anulare, con parchi, riserve e ville; spazi a volte perfino troppo selvaggi, per essere scoperti e conosciuti dai cittadini. Ma appena fuori di quel grande anello vi è tanto altro che merita di essere svelato grazie all’impegno di cittadini, associazioni, volontari che salvaguardano il territorio a ridosso delle consolari: danno loro nomi evocativi, aprono corridoi di benessere e fiducia.
Parliamo oggi di Roma sud, dove due sentieri si avvicinano al litorale, restituiti ai cittadini camminatori e ciclisti a colpi di falcetto. Il più conosciuto forse è il sentiero Pasolini, che ti porta a ridosso del mare seguendo l’argine sinistro del Tevere; l’altro è il sentiero Trilussa, una bretella verde che unisce Vitinia a all’Osteria del Malpasso sulla Pontina Vecchia. Pare fosse appunto frequentata da Trilussa, che viene celebrato da innumerevoli pannelli posti lungo il cammino con tantissimi suoi sonetti sarcastici ed arguti dove vale la pena concedersi una pausa, anche letteraria.
Così è domenica, una domenica di autunno e il trenino Roma Ostia mi lascia a Vitinia e percorro questi 4 chilometri piacevolissimi lungo il Fosso di Malafede al confine tra la Tenuta di Castelporziano, la Riserva di Decima Malafede, e la Riserva del Litorale Romano. Canneti, panchine ricavate, bookcrossing, pannelli illustrativi e i sonetti di Trilussa (anagramma del suo cognome Salustri) amari, ma sempre attuali. 4 km di piacere fino all’antica osteria che dal 1910 regala ricordi e piatti da viandante.
É il momento di tornare ma la curiosità mi spinge a salire – come un antico gioco – sul primo bus che passa (anzi l’unico) lo 078 che intuisco mi farà fare un viaggio in questo territorio a cavallo del raccordo fra Tor de Cenci, Mezzocammino, Mostacciano, Torrino, Spinaceto. Un mondo intrecciato di località dal confine incerto fra Pontina e Via del Mare a cavallo della Cristoforo Colombo. Un mondo di insediamenti più o meno recenti, ma per me, anche oltremodo incerto. Mi piace questo gioco, mentre mi risuonano in testa i versi di Trilussa che arbitrariamente imito per toccare le corde della mia compagna e rasserenarla sul ritorno a casa.
Ma il bello deve ancora venire, perché un anziano autista romano dell’ATAC si ferma col bus vuoto e vedendoci con lo zainetto ci accoglie aprendoci le porte con “d’annate?“. Incerto spiego che volevo tornare a Roma ma il percorso del bus mi è ignoto. Lui mi propone varie soluzioni “pe’ arivà all’Eur” ma il suo parlare romanesco, così affabile e cordiale, mi fa venire in mente che Trilussa ha eredi contemporanei. Io mi stupisco e rilancio le sue battute, è il momento giusto, visto che ormai siamo abituati a autisti con cuffie e telefonino sempre attivo. Mi racconta che “sta pe’ annà in pensione pé anzianità” e “che sto labbirinto lo conosco così bene che potrei guidà a occhi chiusi”. Anzi a certo punto mi informa che si ferma un attimo “tanto stamo in anticipo” e scende “pe’ dì ‘na cosa a un amico ar bar”. Bus acceso e pausa di 30 secondi. Un incanto di umanità.
Sale una signora che cerca un misterioso teatro parrocchiale, lui sa dov’è, familiarizzano perché abitano vicini a Tor San Lorenzo. Lei si rincuora ma la fermata è 100 metri oltre la meta: la fa scendere prima proprio di fronte alla chiesa per agevolarla. Sono incredulo e affascinato da tale cordialità. Gli do corda e lui mi racconta di San Giovanni dove è nato e dei fratelli e sorelle “ma nun semo più sei” . Capolinea, è ora di scendere, chissà quanto aveva ancora da raccontarmi, quasi un rammarico. Quasi quasi faccio un altro giro..
Non so, ma penso che Trilussa m’abbia accompagnato fino alla fine….
[Le foto sono di Carlo Coronati]