Amor vincit omnia
Che noi romani qualche problemino iniziale col gentil sesso dobbiamo avercelo avuto, mi pare abbastanza evidente, visto che all’inizio della storia, i nostri avi, non trovarono un sistema migliore, per rimorchiare, che andarsene a fare una gita fuori porta, puntare il coltello alla gola a un po’ di ragazze, rapirle e convincerle a concedersi con metodi non proprio cavallereschi.
Certo, dai tempi del Ratto delle Sabine, siamo decisamente migliorati. Dopo quello stupro di gruppo, abbiamo raffinato le nostre armi seduttive, scritto meravigliose poesie amorose come ai tempi di Ovidio, dato i natali a favolosi latin lover e a storie d’amore rimaste nella leggenda. Però una qualche tara di fondo dev’esserci rimasta, visto che quasi tutte quelle storie romantiche sono andate a finire malissimo.
Ecco ora un breve elenco delle più famose.
Marcantonio e Cleopatra
Studi recenti dicono che Cleopatra non fosse poi così bella. Pare abbiano ricostruito il viso con sofisticatissime tecniche innovative e non sia venuto fuori niente di che. Mah, sarà. Magari aveva solo una quinta coppa C. Fatto sta che ai romani Cleopatra piaceva e piaceva eccome!
Prima Giulio Cesare, che non si limitò mica a portarsela a letto, ma ci fece pure un figlio. Poi Marcantonio, che di lei s’invaghì a tal punto da scappare da Roma e muovere guerra contro i suoi ex concittadini, guidati da Ottaviano.
Una guerra che finì malissimo, portando Marcantonio alla morte. Fu così che Cleopatra, forte dell’antico motto “non c’è due senza tre”, pensò bene di provarci per un attimo anche con Ottaviano, che però non cedette alle sue lusinghe.
A quel punto non restava altro che un bel finalone tragico, degno di un’opera di Shakespeare, con il suicidio assistito della regina d’Egitto, che si fece mordere dai serpenti. Insomma, un inizio davvero col botto per le vicende romantiche della Città Eterna.
Adriano e Antinoo
L’imperatore Adriano è forse il più gay friendly dell’intera storia dell’Urbe. Ed è anche un vecchio porcellone. Era già un bell’imperatorone attempato e coi capelli grigi, quando conobbe quel gran bel pezzo di gnocco di Antinoo, uno dei ragazzi più belli dell’impero, di trentasei anni più giovane di lui.
Adriano s’innamorò all’istante di quel diciottenne e, perciò, cominciò a portarselo dietro in ogni dove, durante viaggi privati e visite di stato, incurante delle critiche che intanto, immancabili, gli piovevano addosso da dentro e fuori la corte imperiale.
Alla fine di ottobre dell’anno 130, mentre si trovava a bordo di una flottiglia che percorreva il Nilo, il non ancora ventenne Antinoo morì, cadendo in acqua in circostanze misteriose. Varie ipotesi sono state avanzate a proposito: annegamento accidentale? Suicidio? Assassinio per gelosia? Sacrificio umano?
Fatto sta che Adriano, per soffocare il dolore, decise di fare di Antinoo, all’istante, una divinità dell’Olimpo, facendo erigere statue e templi in tutto l’impero. Già che c’era, fondò anche in suo onore la città di Antinopoli e organizzò dei giochi sul modello delle Olimpiadi: le Antiniadi. Sfizi che uno si può prendere solo quando di mestiere fa l’imperatore di Roma.
Raffaello e la Fornarina
Lui è uno dei più grandi artisti del Rinascimento, conosciuto in tutto il mondo, allievo del Perugino, amico del Pinturicchio, arrivato a Roma con in tasca un bel contratto di lavoro, ottenuto dal papa in persona. Insomma, quello che si dice un Vip.
Lei è Margherita Luti, l’equivalente di una Cenerentola, donna di umili origini, figlia di un fornaio di Trastevere – da cui il soprannome Fornarina – piuttosto bonazza. Talmente bonazza che Raffaello pensa bene di usare l’arma segreta: le offre di entrare nello “star system” come modella. All’inizio avrebbe posato nuda per lui, poi si sa, da cosa nasce cosa, qualche scusa per conoscere altra gente importante l’avrebbero trovata e lei poteva fare carriera.
Detta così, più che una storia romantica, sembra una vicenda in stile bunga bunga, roba un po’ alla sesso e potere. E, d’altronde, di Raffaello e Margherita Luti ben poco si sa e quel poco potrebbe far supporre che andò proprio in questo modo. Ma, per fortuna, poi arrivò l’Ottocento, col suo Romanticismo e sulla Fornarina fioccarono miti e leggende.
E allora s’immaginò un grande amore, tenero e travolgente, che unì il pittore e la pizzicagnola tra i vicoli di Roma. Un amore che poteva dar vita a un’unione lunga e felice. Però, si sa come finiscono queste cose: lei si ammalò e morì giovane, gettando in ambasce l’artista urbinate. Insomma, pure quando s’inventano a posteriori le storie d’amore, a Roma, vanno comunque a finire male. E te pareva…
Alberto Moravia ed Elsa Morante
Lui è già uno scrittore famoso, lei una ragazza di belle speranze, dal raffinato intelletto e dalle indubbie capacità letterarie. Sembrano davvero fatti l’uno per l’altra. Si conoscono, s’innamorano, si sposano. E insieme si nascondono, durante la guerra, dato che entrambi sono per metà ebrei.
Poi il fascismo finisce e la guerra pure. Lui e lei possono tornare a scrivere, a fare vita mondana, a vincere i premi Strega, a creare circoli letterari, a fungere da punti di riferimento per tutti gli intellettuali dell’epoca. Tutto bello, preciso, romanticamente perfetto, politicamente corretto e culturalmente di spessore.
Se non fosse per l’immancabile crisi di mezza età che prende molti uomini, non solo quando si è scrittori famosi, anche se da scrittore famoso ti è più facile incontrare una giovane e bella Dacia Maraini e innamorartene perdutamente, anche se ha trent’anni meno di te. Così accadde a Moravia.
Lei, in compenso, s’innamora di un pittore americano, Bill Morrow, che però muore suicida. Poi s’invaghisce di Luchino Visconti e alla fine pure di Pier Paolo Pasolini. Due scelte intellettualmente perfette, ma decisamente con un difetto di fondo a livello di eros, viste le tendenze sessuali dei due registi.
Insomma, inevitabilmente, pure fra Elsa ed Alberto il grande amore finisce e va a finire male. La coppia decide di separarsi. Ad ogni modo, rispetto alla storie d’amore precedenti, un mezzo passo avanti: perlomeno nessuno dei due ci lascia le penne.
Totti e Ilary
È storia dei nostri tempi. Prima la canotta con scritto “6 unica”. Poi il matrimonio. I figli. La casa all’Eur. Il tam tam mediatico. Er cucchiaio. Spalletti. Il Grande Fratello. Speravo de morì prima. Qualche candeggio sbagliato. La separazione.
C’è poco da fare: se sei nato o comunque abiti a Roma, se sei famoso e t’innamori, non importa chi sei, non importa in che epoca vivi, l’unica cosa certa è che per te vale e varrà sempre la legge di Murphy: se qualcosa potrà andare storta, di sicuro ci andrà.