Er giro de Peppe
Tutti i romani sanno bene che chi fa un “giro de Peppe”, percorre un itinerario lungo e inutilmente arzigogolato, che avrebbe potuto benissimo essere accorciato e reso più agevole. Ma perché si dice così? E perché l’espressione completa parla anche di un “giro de Peppe appresso alla reale”?
È una frase che messa così, fuori contesto, sembra non significare proprio niente. E però il contesto originariamente c’era eccome e coinvolgeva personaggi storici di primissimo livello.
Infatti, il Peppe di quel lungo e inutile giro è nientemeno che Giuseppe Garibaldi, mentre “la reale” è il corteo funebre per la morte di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d’Italia.
Il 9 Gennaio del 1878 il re era deceduto. Le sue spoglie dovevano essere portate all’interno del Pantheon, il luogo in cui, da quel momento, si era deciso di seppellire i sovrani italiani. Dunque, il giorno delle esequie, il corteo funebre arrivò a Piazza della Rotonda.
Prima di entrare nel Pantheon, si decise di far fare alla bara un paio di giri della piazza, per dar modo ai cittadini di vedere da vicino e di salutare la salma.
Giuseppe Garibaldi, che era intervenuto ai funerali, probabilmente ignaro di ciò che prevedeva il cerimoniale, fece anche lui il giro della piazza dietro al corteo, quando invece avrebbe potuto serenamente attendere insieme alle altre autorità, che restarono di fronte all’entrata.
Quindi Peppe, alias Giuseppe, alias l’eroe dei due mondi, fece quei giri della piazza “appresso alla reale”, senza una reale necessità e, data anche la caratura del personaggio, tutti notarono il suo bizzarro comportamento, coniando così il famoso detto, che ha resistito fino a oggi.