Concerti al Circo Massimo? Anche no
Ci accaniamo in discussioni su tenere o meno i sampietrini e dimentichiamo l’uso che viene fatto di un sito di grande valore storico e archeologico, come il Circo Massimo, che per giorni è rimasto occupato per il concerto di Vasco Rossi.
Le attrezzature imponenti, i mezzi di trasporto, e tutto quello che serve arrivano prima dell’evento e per smontare il tutto continuare ad occupare lo spazio. Ancora oggi (15 giugno), dopo i concerti dell’11 e 12 giugno, l’area sembra un cantiere in costruzione. Il Circo Massimo, non da oggi, è diventato il luogo di concerti, altri 3 ne sono previsti per luglio e a settembre sono ben 6 quelli di Renato Zero. Bisogna poi aggiungere manifestazioni di vario tipo che si intervallano senza sosta durante l’anno. Tutto normale? Direi di no.
La questione non è quella di impedire i concerti e nemmeno di avere pregiudizi nei confronti di artisti popolari, in nome di un’arte colta o migliore. Si tratta invece di valorizzare il patrimonio pubblico, in questo caso dal valore archeologico, e trasmetterlo alle future generazioni
Intervistato in proposito dalla “Repubblica”, Andrea Carandini, il più grande studioso vivente dell’area archeologica (Palatino e Circo Massimo), legata alla nascita di Roma, dice: “…io una cosa proprio non capisco. Ma per quale ragione si continua ad utilizzare un luogo principe per l’archeologia come il Circo Massimo con il suo grande fascino per fare dei concerti rock? Mi sembra inverosimile, con tutti gli spazi adatti per la musica che ci sono a Roma, ospitare centinaia di migliaia di spettatori proprio lì. Il Circo Massimo andrebbe valorizzato come monumento, bisognerebbe pedonalizzare finalmente via dei Cerchi, che lo unisce al Palatino, e nell’edificio proprio di via dei Cerchi ospitare un grande museo della Città, come ora si vuole fare”.
Tra l’altro molti cittadini hanno protestato, comprensibilmente, per il volume dei due concerti. In totale 140.000 spettatori, 1500 corpi illuminati e una potenza audio di 750.000 watt ogni serata. L’eco, il rumore, i suoni, erano ascoltabili a chilometri di distanza. In una città che soffre di inquinamento acustico, perché aggiungerne altro? Non sarebbe meglio abbassare il volume? E in ogni caso confinarlo in luoghi adatti. L’Agenzia europea dell’Ambiente, citando dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità, ricorda che l’esposizione a lungo termine al rumore ambientale causi 12.000 morti premature e contribuisca ogni anno a 48.000 nuovi casi di cardiopatie ischemiche in tutta Europa. Si stima inoltre che 22 milioni di persone soffrano di forte fastidio cronico e 6,5 milioni di forti disturbi cronici del sonno.
La questione non è quella di impedire i concerti e nemmeno di avere pregiudizi nei confronti di artisti popolari, in nome di un’arte colta o migliore. Niente di tutto questo. Si tratta invece di valorizzare il patrimonio pubblico, in questo caso dal valore archeologico, e trasmetterlo alle future generazioni. Non è necessario impedire qualsiasi utilizzo che non sia quello delle visite al sito. Iniziative culturali che tengano conto del luogo e che lo rispettino, entrando in relazione con chi ci ha preceduto, sono le benvenute. Insomma, si tratta di dare maggiore valore e non di sfruttare il Circo Massimo per altri scopi, all’interno di una logica consumistica.
La stessa, per certi versi, che vediamo in atto nei confronti della natura: lo sfruttamento a fini produttivi. Anche per questa ragione sono ambigui, anche da parte delle istituzioni, gli slogan che fanno passare la “ripartenza” di Roma attraverso questi eventi.
[Le foto sono relative al concerto dei Rolling Stones al Circo Massimo, nel 2014, diffuse da GothEric su Flickr.com con licenza creative commons]