La stretta sui monopattini
Mentre in altri Comuni l’estate ha portato a raffiche di multe, il Parlamento punta a introdurre obbligo di casco e anche patentino per i minorenni e il ministero delle Infrastrutture ha aperto un tavolo per modifiche specifiche al codice stradale, anche a Roma la stretta sui monopattini elettrici sembra iniziata. Magari più lentamente che altrove, anche perché il Campidoglio lamenta problemi di organico di Vigili Urbani per effettuare i controlli.
Appena finito il lockdown, sembrava che i monopattini potessero essere – quasi più delle biciclette – una risposta alla necessità di mobilità in sicurezza, causa Covid. E dunque, anche nella Capitale la sperimentazione – in realtà l’immissione di un numero massiccio di mezzi – era partita rapidamente. Ma le intemperanze degli utenti, le proteste di alcune categorie e una serie di incidenti ha convinto l’amministrazione a rallentare.
Intanto, il numero massimo di monopattini è calato da 16.000 a 14.500, dopo che è stata revocata l’autorizzazione a due operatori. Il Comune ha introdotto aree di divieto assoluto di stazionamento dei mezzi in una serie di zone del Centro Storico (Piazza del Popolo, Piazza di Spagna, Via del Corso, Teatro Marcello, Piazza Venezia, Colosseo, Ara Pacis, Trastevere, San Pietro, ecc.) utilizzando una piattaforma telematica. In teoria, in caso di infrazione, gli operatori vengono “invitati” rimuovere il mezzo entro sei ore dalla segnalazione.
Non mancano le difficoltà: pochi vigili, rischio di ricorsi
Ma le sanzioni per quello che riguardano illeciti nella guida e nel parcheggio spettano alla polizia municipale, e qui cominciano i problemi. Perché, secondo una fonte del Campidoglio, ci sono pochi vigili per multare quelli che vanno in due, chi scorrazza contromano o sui marciapiedi; e ovviamente è complicato anche individuare i minori di 14 anni (che non possono usare il monopattino), se non con il pattugliamento costante delle strade. Poi, nel caso dei parcheggi vietati, c’è il rischio di ricorsi, perché i monopattini si possono spostare facilmente (e dunque si può sostenere che non sia stato l’utente a parcheggiare male, ma qualche vandalo a spostarlo dopo) e non sono inseriti in un registro pubblico.
Quindi, almeno per il momento, la strada sembra essere quella di coinvolgere gli operatori in un’opera di moral suasion verso gli utenti. Funzionerà?