Saldo primarie
Chiusa la parentesi delle primarie di centrosinistra – con la prevista vittoria di Roberto Gualtieri – cosa rimane di questa festa della democrazia che ha attraversato Roma domenica 20 giugno? Inizialmente restano, a mezzo social e a mezzo quotidiani, alcune prevedibili scie polemiche, montate da varie voci critiche.
Una sorta di inevitabile riflesso automatico, che scatta spesso in queste situazioni. Serve anche a sfogare giorni di tensioni e d’impegni, al limite delle forze umane, che trasformano ogni candidato e i suoi comitati di appoggio, in tante trottole, costrette per settimane ad arringare le folle, sorridere, stringere mani e viaggiare da una parte all’altra della città alla velocità della luce.
Perciò non sorprende che l’ex sindaco Ignazio Marino – grande sponsor di Giovanni Caudo, cioè il principale competitor di Gualtieri nel computo dei voti – abbia sollevato dubbi sul numero ufficiale di votanti, ipotizzando che possa essere stato un po’ gonfiato, mentre lo stesso Caudo stigmatizzava i troppi stranieri sospetti in fila in alcuni gazebo.
Né stupiscono i battibecchi fra il coordinatore romano del PD, Riccardo Corbucci, e Carlo Calenda, quest’ultimo accusato di essere intervenuto impropriamente nella lotta – pur avendo scelto di non partecipare alle primarie – invitando a votare Caudo per indebolire Gualtieri.
Qualcuno si è poi spinto a ventilare che in alcuni dei 200 gazebo sparsi nella città, si siano verificate delle inesattezze nel conteggio delle schede e nelle procedure di voto.
Insomma, è la normale amministrazione dei postumi di qualunque competizione elettorale, in cui si fatica a smaltire le ruggini accumulate nei giorni precedenti. Ma c’è da dire che, stavolta, la vittoria di Gualtieri – 60% di consensi a fronte del 15% del secondo classificato Giovanni Caudo – è stata così schiacciante, da non lasciare spazio a troppe dietrologie e da non poter che essere accolta e accettata da tutti. Una vittoria che resterebbe tale anche al netto di ipotetici e – conti alla mano – piuttosto ininfluenti aiuti, ingerenze, o inesattezze.
Di queste polemiche a caldo, dunque, è probabile che fra pochi giorni non rimarrà traccia.
C’è però qualcosa che di certo resterà, anche in futuro. Si tratta di un lascito importante, concreto e tangibile, rimasto dal voto del 20 giugno. Ci riferiamo ai due euro che ciascuno dei cittadini recatisi ai gazebo ha consegnato ai volontari domenica scorsa.
Considerando i 48.624 votanti ufficializzati, parliamo infatti di una cifra complessiva molto sostanziosa, superiore ai 97 mila euro. Cifra che, con ogni probabilità, sfonda, di fatto, anche quota 100 mila euro, visto che molti cittadini hanno lasciato volontariamente ai gazebo importi superiori ai due euro indicati come quota minima da versare.
Tutti questi fondi, nella notte del 20 giugno, sono stati consegnati dai responsabili che erano presenti nei diversi seggi, alla sede PD di via Lorenzo Ghiberti, a Testaccio. Dunque, ora il Partito Democratico dispone di un bel gruzzolo con cui finanziare le proprie attività politiche e con cui coprire i costi sostenuti per l’organizzazione delle primarie.
I costi della politica
Già, perché realizzare le primarie, è corretto saperlo, ha un costo, anche piuttosto sostanzioso. La cosa va tenuta bene in considerazione.
Sebbene le migliaia di volontari presenti ai gazebo – tra presidenti, scrutatori, rappresentanti di lista – abbiano prestato la propria opera a titolo completamente gratuito, c’è infatti da considerare il costo d’acquisto dei gazebo stessi. Un costo che, facendo una rapida ricerca di mercato, può essere compreso in una forbice che va dai 30 ai 200 euro cadauno, a seconda della tipologia, della marca e della qualità. Ci sono poi i costi di stampa dei materiali: manifesti, volantini, schede elettorali, quaderni dei verbali, ecc.
Facendo un calcolo a spanne, un po’ grossolano, è ipotizzabile, dunque, una spesa media generale di circa 250 euro per gazebo allestito. Visto che, in tutta Roma, i gazebo montati il 20 giugno erano circa 200, parliamo dunque di circa 50 mila euro totali usciti dalle casse del centrosinistra. Senza considerare i costi per manifesti e pubblicità varie dei concorrenti in lizza, costi non inseriti in questo conteggio, poiché ciascun candidato lo ha sostenuto per proprio conto.
Quando sentite parlare di “costi della politica”, dunque, tenete conto che spesso i costi si riferiscono a questo tipo di operazioni, del tutto limpide e lecite, non a chissà quali oscuri e torbidi giri di mazzette illecite. Ne risulta quindi evidente che finanziare la politica non sia affatto una cosa brutta e vergognosa, ma una necessità senza la quale sarebbe impossibile dare vita a qualunque processo democratico.
Tornando ai conteggi post 20 giugno – molto approssimativi e ipotetici, è bene sottolinearlo – il “saldo primarie” parrebbe dunque in forte attivo per il PD.
Ora, dunque, i soldi versati ai gazebo, potranno tornare utilissimi a quel partito per finanziare l’imminente campagna elettorale per la poltrona di sindaco.
Non è ben chiaro se per finanziare solo quella del Partito Democratico, o anche quella della altre forze minori della coalizione di centrosinistra, che hanno collaborato all’organizzazione delle primarie e a cui, dunque – per chi osserva le cose dall’esterno – potrebbe sembrare corretto stornate quote proporzionali degli importi raccolti nei gazebo.
Comunque sia, queste primarie, oltre che una “festa della democrazia” – come i suoi organizzatori le hanno un po’ pomposamente definite – si rivelano, dunque, anche un ottimo modo per finanziare l’attività politica. Un metodo non solo efficace, ma anche pulito e democratico, poiché realizzato attraverso una sorta di “azionariato popolare”, fatto di micro contributi di migliaia di simpatizzanti.
Un sistema che, forse, anche le altre forze politiche, non appartenenti al centrosinistra, non è escluso finiranno, prima o poi, per studiare con attenzione e per prendere da esempio per il futuro.
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