L’Eurovision sbarca a Roma?
Appena un istante dopo la proclamazione dei Maneskin quali vincitori dell’Eurovision Song Contest 2021, è partita di gran carriera la gara fra le principali città dello stivale, vogliose di organizzare la prossima edizione del Festival della musica europea, che, come da regolamento, nel 2022 verrà ospitato dalla nazione vincitrice, cioè l’Italia.
Virginia Raggi, approfittando della romanità della band trionfatrice, ha cercato di battere tutti sul tempo, lanciando fin da sabato notte un tweet, che aveva tutta l’aria di una candidatura ufficiale per la Capitale: “Quella dei Maneskin è stata una vittoria fantastica – ha scritto la sindaca – Roma orgogliosa dei suoi ragazzi. L’anno prossimo l’Italia ospiterà Eurovision Song Contest 2022. Roma è il palcoscenico perfetto per rilanciare la sfida”.
I tempi in cui Virginia disdegnava i grandi eventi e diceva no alle Olimpiadi sembrano lontani. Anche perché l’Eurovision Song Contest ha dei costi e un impatto sulla città decisamente più limitato, rispetto a un’Olimpiade, quindi può essere alla portata anche delle magre casse del Campidoglio.
Già, ma quanto costa effettivamente organizzare il Festival? E che vantaggi può portare? E, soprattutto, di quali strutture è necessario dotarsi per poterlo ospitare? Vediamolo insieme.
I costi
Ovviamente non esiste un costo fisso e certo per l’organizzazione dell’Eurovision Song Contest. Per comprendere quali investimenti possano essere necessari, si può però fare un’analisi di quanto speso dalle nazioni che lo hanno organizzato in precedenza, durante questi ultimi anni.
Partiamo dall’Olanda, nazione organizzatrice dell’edizione 2021. In base a quanto dichiarato dagli organizzatori, Rotterdam, la città ospitante di questa edizione, ha investito una cifra complessiva di poco inferiore ai 27 milioni di euro. A questo importo bisogna però aggiungere il costo di circa 7 milioni già investito nel 2020 per realizzare un’edizione dell’Eurofestival poi cancellata a causa della pandemia. Il totale dei costi, dunque, è stato di circa 34 milioni di euro.
L’edizione in assoluto più costosa dell’Eurofestival, fu quella del 2012, organizzata in Azerbaigian. Nella città di Baku furono spesi circa 60 milioni di euro per l’organizzazione della gara canora e gli eventi di contorno, a cui vanno aggiunti ben 100 milioni di euro per la realizzazione ex novo della Baku Cristal Hall, il palazzetto che ospitò la manifestazione.
Fa però da contraltare la Svezia, la più parsimoniosa fra le nazioni ospitanti del nuovo millennio, che limitò i costi a 15 milioni di euro complessivi.
Facendo una media fra le varie edizioni realizzate negli ultimi anni, è dunque ipotizzabile – senza eccessi in un senso o in un altro – un costo che può aggirarsi entro una forbice che va dai 20 ai 30 milioni. Per avere un raffronto, l’organizzazione del Festival di Sanremo di quest’anno è costata circa 18 milioni, quindi una cifra inferiore, ma non troppo distante.
I ricavi e gli utili
Le entrate dirette della manifestazione sono derivanti da sponsor, diritti televisivi, spot pubblicitari, a cui vanno aggiunte le entrate indirette per la città ospitante, grazie al flusso turistico che si avrebbe durante i giorni della kermesse canora.
Per avere un’idea delle dimensioni, partiamo, anche in questo caso, dal confronto con il Festival di Sanremo. L’edizione sanremese del 2021 ha portato ricavi per oltre 38 milioni di euro, con un saldo attivo finale – detratti i costi già prima indicati – di oltre 20 milioni.
Ora, c’è da considerare che il Festival di Sanremo ha avuto, quest’anno, un’audience di 8 milioni e mezzo di telespettatori. Per l’Eurofestival, parliamo invece di un audience che, a livello continentale e mondiale, si attesta, mediamente oltre il tetto dei 200 milioni. Cioè circa 25 volte tanto.
Non è ipotizzabile che i ricavi potenziali possano essere proporzionali all’audience e cioè di 25 volte superiori a quelli di Sanremo, ma anche ipotizzandoli semplicemente doppi, parleremmo di quasi 80 milioni di euro e il saldo finale risulterebbe, già così, fortemente in attivo.
C’è inoltre da considerare il contributo aggiuntivo che viene versato alle città ospitanti dall’European Broadcasting Union, che si aggira fra i 4 e i 6 milioni di euro. Ecco la ragione per cui Roma e altre città, mordono il freno per vedersi assegnare la manifestazione.
Cosa occorre per organizzare il Festival
Partiamo subito da quelli che sono i requisiti fondamentali richiesti dall’EBU (la già citata European Broadcasting Union) per poter candidare una città:
- la manifestazione deve potersi svolgere in un’arena o in un’altra area chiusa (sono dunque escluse da regolamento le strutture prive di copertura), con una capienza di almeno 10.000 posti e un’altezza di almeno 18 metri;
- la città ospitante deve potere avere dei buoni collegamenti con uno o più aeroporti internazionali:
- la città ospitante deve poter garantire una capacità ricettiva adeguata ad accogliere decine di migliaia di persone, tra turisti, giornalisti e delegazioni.
Roma è una delle pochissime città italiane che risponde perfettamente a tutte queste esigenze. La presenza a Fiumicino del più grande aeroporto italiano e l’abitudine plurisecolare ad accogliere grandi flussi turistici, fanno sì che, dal punto di vista dell’offerta ricettiva e dei collegamenti internazionali, la Capitale parta in pole position.
Per quanto riguarda lo spazio coperto da 10 mila posti che dovrà ospitare la kermesse, il PalaLottomatica è, al momento, l’unica struttura romana che risponda a queste caratteristiche, sebbene l’arena non sia ottimale dal punto di vista dell’acustica.
Per ragioni di capienza è invece da escludere l’Auditorium Parco della Musica e, per l’assenza di copertura, non sono ipotizzabili soluzioni alternative come lo Stadio Olimpico, o il suggestivo Circo Massimo. Resta comunque in piedi anche l’ipotesi della Fiera di Roma.
Le città concorrenti
La concorrenza però è agguerrita. Una delle ipotesi più chiacchierate è quella di Torino, città che si era già proposta alcuni anni fa, quando i bookmaker davano Francesco Gabbani per favorito all’Eurofestival e l’Italia aveva già cominciato a ragionare su dove ospitare l’eventuale edizione successiva.
Quello che oggi è noto come PalaAlpitour, è la più recente fra le grandi strutture coperte italiane, costruita in occasione delle Olimpiadi invernali torinesi del 2006. Forse è proprio questo il principale punto di forza della candidatura di Torino. Il punto debole, rispetto a Roma, è invece l’aeroporto di Caselle, non certo paragonabile, a livello internazionale, con Fiumicino, oltre a una capacità ricettiva di certo importante, ma inferiore a quella romana.
Da questo punto di vista, appare più insidiosa la concorrenza di Milano, che può vantare, nei dintorni, ben tre aeroporti internazionali – Linate, Malpensa e Orio al Serio – oltre a un’esperienza di altissimo livello nell’accoglienza di manifestazioni internazionali e la presenza di una struttura coperta da 12 mila posti, come il Forum di Assago.
Più velleitaria pare invece la candidatura di Bologna, nonostante l’Unipol Arena di Casalecchio sul Reno possa vantare oltre 18 mila posti al coperto. L’aeroporto Marconi di Bologna, infatti, non è certo paragonabile a Fiumicino o Malpensa e la capacità ricettiva della città felsinea è meno di un quinto di quella romana.
C’è poi una città oudsider, la cui candidatura è stata avanzata dal suo sindaco Matteo Ricci. Parliamo di Pesaro, che sfoggia una bella struttura da oltre 10 mila posti, come l’Adriatic Arena, ma che non vanta aeroporti internazionali nelle vicinanze e che, per poter ospitare i flussi turistici previsti, dovrà forse chiedere aiuto alle vicine città della riviera adriatica, come Riccione o Cattolica.
Risultano invece da escludere alcune ipotesi affascinanti, come quella di Verona, con la sua splendida Arena, non potendo l’anfiteatro veronese, da regolamento, ospitare il Festival, in quanto privo di copertura.
Col passare delle ore, si aggiungono però altre ipotesi, più o meno improbabili. Alcune sembrano avere poche probabilità di riuscita, come la candidatura avanzata dal sindaco di Reggio Emilia e quella di Rimini.
C’è poi Sanremo, che pare abbia tirato fuori, da un cassetto dimenticato, un vecchio accordo di fine novecento, stipulato con la Rai, che prevederebbe, in caso di vittoria italiana all’Eurovision Song Contest, la designazione della città dei fiori quale sede ospitante.
Infine, si sono fatte avanti anche Firenze e Napoli, ma sembrano candidature poco convinte, avanzate più che altro per onore di firma.
Vedremo a breve cosa accadrà. I tempi sono infatti piuttosto stretti e, molto probabilmente, entro la fine dell’estate, verrà realizzato un apposito bando per designare formalmente la sede dell’Eurovision Song Contest 2022.
Quello che è certo è che Roma è comunque in campo. A questo punto, incrociamo le dita e, come si dice in questi casi, in segno benaugurante: Daje!