Arriva il “Carbonara Day”!

Per le buone forchette, l’appuntamento di martedì 6 aprile è davvero imperdibile: si festeggia il “Carbonara Day”, un’intera giornata dedicata a quello che, probabilmente, è il primo piatto italiano più amato e più conosciuto nel mondo. Dunque, dopo i bagordi di Pasqua, chi ama la buona cucina ha il dovere di lasciare un piccolo spazio nello stomaco anche per quella gustosissima ricetta a base di uova, nonostante le possibili abbuffate di abbacchio alla scottadito, carciofi alla giudia, corallina e pizze pasquali – come da tradizione romana – fatte nei giorni precedenti.

La carbonara è il primo piatto che non manca mai dalla tavola di ogni romano che si rispetti. Ne esistono persino versioni per i vegani, oltre a quella kosher per i buongustai di religione ebraica. Certo, sono varianti che fanno storcere un po’ il naso ai sempre più numerosi “puristi”, per i quali giammai si deve sostituire il guanciale con la pancetta, o il pecorino con il parmigiano, né – orrore! – si può aggiungere della panna al condimento.

D’altronde, essendo un antico piatto romano, a Roma, per secoli, hanno pascolato in città greggi di pecore, mentre era ben raro vedere una mucca. Ecco spiegato dunque il perché del pecorino anziché il parmigiano, formaggio ignoto in città fino agli anni cinquanta. Il palato capitolino era poi avvezzo al guanciale, immancabile anche nell’amatriciana, non di certo alla pancetta e men che mai all’anglosassone bacon. E poi quel nome, “carbonara”, che parrebbe provenire dai carbonai trasteverini, che ne erano ghiotti, in quanto piatto povero ma sostanzioso, o, qualcuno dice, addirittura dalla carboneria, la setta segreta di epoca risorgimentale.

E se la carbonara non fosse romana?

Ecco però che, da bravo giornalista, prima di proseguire nella scrittura, sento il dovere di andare a verificare le fonti, per capire meglio quando e come sia nata questa pasta così gustosa. Qui arriva la prima sorpresa. Perché in nessuno dei numerosi ricettari italiani precedenti la seconda guerra mondiale, si fa menzione della pasta alla carbonara, né di qualcosa che possa vagamente somigliarle. Ne parlammo anche tempo addietro, in un nostro precedente articolo: la prima menzione della carbonara è infatti relativamente recente, datata 1950, sulle pagine della Stampa di Torino.

Un anno dopo, nel 1951, la carbonara fa anche la sua comparsa al cinema. Per merito di chi, se non di quell’Aldo Fabrizi, quintessenza della romanità e della buona tavola, nonché fratello della titolare della più famosa trattoria di Roma, la mitica Sora Lella? È lui che per primo parla di carbonara sul grande schermo, in una scena di “Cameriera bella presenza offresi”, film forse non notissimo, nonostante un cast stellare, di cui fanno parte, oltre a Fabrizi, anche Alberto Sordi, Gino Cervi, Giulietta Masina, Vittorio De Sica e la famiglia De Filippo al gran completo: Edoardo, Peppino e Titina.

In una scena di questa pellicola, Fabrizi accoglie in casa sua un’aspirante cameriera, interpretata da Elsa Merlini. Prima di assumerla, le fa alcune domande di cucina: “Lei sa fare gli spaghetti alla carbonara?” Questa frase è in assoluto l’esordio cinematografico del primo più famoso del mondo. Il volto sconsolato di Elsa Merlini la dice però lunga su come, a quell’epoca, la carbonara fosse ancora un piatto semi sconosciuto, quasi esotico, che lei, difatti, non è in grado di preparare. Eppure è una brava cuoca, tra l’altro espertissima nell’amatriciana, tanto da passare con successo l’esame di Aldo Fabrizi.

Questo accade perché nel 1951 la carbonara, in realtà, ha solo sette anni di vita. Altro che antico piatto della tradizione! L’invenzione è forse dovuta a un cuoco bolognese, Renato Gualandi, ingaggiato nel 1944 a Riccione per preparare un pranzo, in occasione dell’incontro tra l’Ottava Armata inglese e la Quinta Armata americana. Nelle dispense degli eserciti alleati, Gualandi trovò del bacon, della crema di latte, del formaggio e delle uova. Mise tutto insieme e servì questa pasta agli ufficiali e alle truppe, non sapendo ancora di avere appena inventato una ricetta destinata a un successo straordinario.

È proprio questa la storia che ha ispirato un recente, lunghissimo ed emozionante spot della Barilla, in cui la parte del leggendario cuoco è interpretata dal romano Claudio Santamaria e la vicenda è trasportata a Roma, dopo la liberazione alleata. D’altronde, anche se la realtà, come forse avvenuto in questo caso, spesso supera la fantasia, rappresentare una carbonara nata fuori dalle mura capitoline, inventata sulle assolate spiagge della riviera adriatica, è qualcosa che riesce difficile per chiunque.

La panna e la pancetta

Per i puristi e gli amanti della tradizione, le sorprese, però, non sono certamente finite. È infatti solo nel 1955 che la carbonara appare per la prima volta ufficialmente in un ricettario italiano. Si tratta di “La signora in cucina” di Felix Dessì, che indica come ingredienti da usare, ovviamente le uova, il pepe, il parmigiano e la pancetta. Sì, avete letto bene: il parmigiano e la pancetta e non il pecorino e il guanciale. Il guanciale appare solo nel 1960, nel ricettario di Luigi Carnacina “La grande cucina”, nel quale (non svenite!) si consiglia anche l’abbondante uso di panna. Lo stesso farà lo chef Gualtiero Marchesi, che, per quattro persone, suggerisce di usarne addirittura un quarto di litro.

Chissà che faccia avrebbe fatto Vincenzo Salemme nell’ascoltare questa notizia e nel leggere i consigli di Marchesi, uno dei più grandi esperti di cucina della storia d’Italia. Salemme, infatti, nel film del 2016 “Prima di lunedì”, fa un memorabile discorso sull’italianità, partendo proprio dalla ricetta della carbonara, ritenendo – erroneamente, anche se in buona fede – l’uso della panna un imperdonabile affronto fatto dai barbari d’oltralpe, che ignorano le regole della buona cucina nazionale e hanno in spregio la nostra cultura.

Qualcosa di simile, oltre che al cinema, è avvenuto anche nella realtà, all’inizio del 2020, quando il cuoco britannico Gordon Ramsay – forse lo chef televisivo più noto al mondo, protagonista di trasmissioni come “Hell’s kitchen” – ha realizzato un video per mostrare a tutti la sua ricetta della carbonara. Apriti cielo! I suoi profili social sono stati presi d’assalto da centinaia d’italiani arrabbiatissimi: “Ma che carbonara! Quello è uno zabaione con il bacon!” si poteva leggere in uno fra i più educati dei commenti.

Il video di Ramsay è comunque il segno che la pasta alla carbonara è oggi uno dei piatti più noti al mondo, simbolo stesso di romanità e d’italianità. Ed è un successo che dura ormai da mezzo secolo, circa. La prima prova inconfutabile della notorietà ormai planetaria della carbonara, si ha a inizio anni ottanta. Sono gli anni in cui nella musica pop internazionale godono di un certo successo alcune canzoni in tedesco. Gli anni dei Kraftwerk, di Falco con “Der Kommissar”, di “Da Da Da”, di Nina Hagen e anche di Nena con “99 Luftballons”. Nel 1982 appare poi il brano di un gruppo che mette in musica l’immagine dell’Italia vista da occhi germanici. Come s’intitola quel brano? Ovviamente “Carbonara”. Il gruppo è quello degli Spliff, che così, in uno stentatissimo italiano, descrivono il Belpaese: “Sentimento grandioso per Italia, baciato da sole caldo, borsellino è vuoto totale, perciò mangio sempre solo spaghetti carbonara e una Coca Cola!”

Carbonara: una libidine, una rivoluzione!

Grazie al cinema, l’immagine della pasta alla carbonara è stata più volte anche associata a un piacere intensissimo, libidinoso, paragonabile a quello sessuale.

Nel 2000 il regista romano Luigi Magni, firmando il suo ultimo film, lo intitola proprio “La carbonara”. La pellicola, ennesima conferma di un grande amore di Magni per la Roma ottocentesca, interpretata da Lucrezia Lante della Rovere – che è la proprietaria di una trattoria, il cui piatto forte è la pasta alla carbonara e che, al tempo stesso, è amica dei rivoluzionari carbonari, nonché donna di facili costumi – è un continuo rimando ai vari significati che il termine “carbonara” può assumere.

Peccato che, come abbiamo visto prima, immaginare una trattoria dell’ottocento che serva pasta alla carbonara, sia un falso storico. Resta il fatto che il gusto della pasta, paragonato all’intensità dei sentimenti e all’eccitazione del sesso, fa da leitmotiv durante tutto il film. Come, ad esempio, nella scena in cui Valerio Mastandrea assiste ad un amplesso, proprio mentre mangia un piatto di pasta, quasi a sottolineare l’analogia fra i due piaceri.

Questo è anche il gioco di doppi sensi che è alla base della scena forse più famosa che il cinema abbia dedicato alla pasta alla carbonara. Protagonista è Bombolo. Il film è “Una vacanza del cactus” del 1981. L’attore romano è in trasferta in Grecia dove, nelle cucine di un ristorante, incontra una bella cameriera, alla quale fa subito delle avances. Tutto sembra far credere che lui voglia portarsela a letto. Invece il fine, anziché sessuale, è in realtà culinario: Bombolo corrompe la cameriera solo per preparare un’enorme porzione di spaghetti alla carbonara.

Insomma, un bel piatto di carbonara è molto meglio del sesso, sembrano dirci le scene di questi film.
E allora, a questo punto, puristi o no che si sia, col guanciale o con la pancetta, col pecorino o col parmigiano, con o senza panna, è il caso di mettersi ai fornelli, augurando a tutti buon appetito e buon “Carbonara Day”!

 

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