Il programma per Roma? È Photoshop!
C’era una volta a Roma un tombino otturato, in zona Boccea. O forse non c’era? C’era una volta in Campidoglio un consigliere che annunciò la pulitura di quel tombino. O forse nemmeno? C’era subito dopo, in rete, una valanga d’ironia su questa piccola storia, in parte vera, in parte falsa.
A qualcuno di voi sarà capitato di seguire, in questi giorni, la curiosa e un po’ grottesca vicenda del tombino romano ripulito con Photoshop. Per chi ancora non la conoscesse, ne offro una rapida sintesi.
Alcuni giorni fa, sui social, viene pubblicata la foto di un tombino ostruito in zona Boccea, con annessa lamentazione contro il Comune di Roma, ritenuto inadempiente nella pulitura delle caditoie.
Sempre sui social, a brevissima distanza di tempo, il consigliere di maggioranza Paolo Ferrara, del Movimento 5 Stelle, in risposta, pubblica la foto di quello stesso tombino finalmente libero da ogni ostruzione, dimostrando così che il Comune è vigile e capace d’intervenire prontamente.
Peccato che, sempre su quei maledetti social in cui si è spostato quasi tutto il dibattito cittadino in tempi di pandemia, qualcuno, ingrandendo la foto pubblicata dal consigliere Ferrara, scopre che il tombino ripulito è in realtà solo un fotoritocco, fatto anche in modo un po’ approssimativo, probabilmente con Photoshop o con qualche altro programma di grafica, intervenendo sulla foto precedente.
È a quel punto che il consigliere, che nel frattempo ha rimosso la foto – ma non con sufficiente tempestività da non farla rilanciare su altri profili dai numerosi screenshot dei suoi detrattori – si giustifica dicendo che il suo era solo un commento ironico, senza alcuna volontà di fornire una falsa informazione.
Intanto la storia si tinge anche un po’ di giallo, perché qualcuno arriva a dire che persino la foto di partenza, cioè quella del tombino ostruito, è in realtà un fake e che quel tombino non esiste o, se esiste, non è a Roma.
Ovviamente, come sempre avviene in casi simili, la rete viene inondata da meme, post sarcastici, ulteriori fotomontaggi, che ironizzano sui lavori della giunta capitolina, ritenuti esclusivamente virtuali. Appare anche un falso bando pubblico del Comune di Roma: “Cercasi dieci grafici, esperti fotoritocco, per pulitura caditoie”.
Questi, in sintesi, i fatti di una piccola vicenda che, come accennato poc’anzi, è nata, è proseguita e – prima o poi – finirà per spegnersi, tutta in quel mondo virtuale, fatto di social, di immagini fotografiche, di ritocchi grafici, di cloud, di pixel, di algoritmi.
È questo l’aspetto veramente interessante della storia, quello che va oltre la vicenda in sé e che perciò merita una piccola riflessione. Al di là della facile ironia e della figura non proprio brillante fatta dai protagonisti, la pulitura dei tombini fatta con Photoshop, getta infatti uno squarcio di luce sulle potenzialità manipolatrici della politica e della comunicazione, in un’epoca in cui anche i piccoli problemi del quotidiano, come quello dei tombini ostruiti, si affrontano in rete.
È sempre più semplice manipolare la realtà in modo credibile e con sistemi ben più sofisticati di un fotoritocco, in questo caso fatto anche in modo maldestro. Ci sono programmi che permettono finzioni verosimili ben più fuorvianti: si possono elaborare le immagini di un avversario politico e fargli dire cose mai dette, oppure trasportarlo in luoghi in cui non è mai stato.
Qualche tempo fa, ad esempio, girava in rete un video in cui tutti i principali politici italiani cantavano in coro una nota hit che alcuni anni or sono spopolava in discoteca. Una cosetta innocua, fatta solo per ridere e per divertire. Però possiamo escludere che prima o poi qualcuno usi gli stessi strumenti con intenzioni meno innocue?
Per non parlare dei programmi che possono modificare l’ambiente circostante, trasportare le immagini – reali – di qualunque persona in un contesto totalmente inventato, stravolgendone il senso.
Sapendo che l’imminente battaglia per il Campidoglio sarà in gran parte giocata in rete, facciamo perciò attenzione alle finzioni e alle manipolazioni che sul web possono essere realizzate con facilità. E non solo a quelle un po’ cialtronesche di fotoritocchi fatti male, che proprio per questo risultano alla fin fine innocue, perché facilmente smascherabili. Paradossalmente tenderei a fidarmi di più di un ipotetico Paolo Ferrara che pulisce i tombini con Photoshop, anziché di chi sa usare gli stessi mezzi in modo più raffinato.
Perciò cerchiamo sempre di controllare di persona, dal vivo, le reali condizioni non solo di un tombino, ma di una strada, di un palazzo, di un parco, di un bus, senza fidarci troppo di immagini e di post. È evidente che, oggi, in pochi tendono a preoccuparsi di verificare come stiano le cose nella realtà. Facciamo in modo che quei pochi siano sempre di più. Solo così, a Roma, il programma che adotterà il prossimo sindaco per migliorare la città, potrà, forse, non essere Photoshop.