55 anni fa, quattro baronetti a Roma
Appena due settimane prima del loro arrivo ufficiale in Italia, alla fine di giugno del 1965, la Rai, con il programma “Linea Diretta”, aveva dedicato ai Beatles un servizio che la diceva lunga sullo scetticismo generale, soprattutto fra gli operatori del settore, che il quartetto di Liverpool avrebbe suscitato una volta varcati i nostri confini. Il giornalista di turno, che pronunciò Lemon il cognome di John Lennon, non riusciva a spiegarsi cosa ci facessero di fronte al botteghino dell’Adriano tutti quei giovani che da lì a pochi giorni, urlanti avrebbero applaudito i quattro “con la zazzera” sul palco del celebre cinema-teatro romano.
I Beatles, portati in Italia dall’impresario Leo Wachter, erano reduci dai concerti di circa mezz’ora l’uno, due pomeridiani e altrettanti serali, tenuti a Milano il 24 giugno e Genova il 26 giugno. Forti del successo di nove 45 giri, quattro album (Please please me, With the Beatles, A Hard Day’s Night e Beatles For Sale) e del film A Hard Day’s Night (Tutti per uno, il titolo in Italia) erano giunti nel nostro Paese per promuovere le canzoni che ancora stentavano a raggiungere le vette delle classifiche nazionali.
Al Velodromo Vigorelli di Milano si erano esibiti di fronte a 26.000 persone in tutto; anche al Palasport di Genova le cose non erano andate benissimo: solo 20.000 gli spettatori paganti. A peggiorare la situazione a Roma, la location non sufficientemente ampia (appena 3.000 posti) e dall’acustica discutibile, che comportò l’aumento del costo dei biglietti fissato in base alle poltrone tra le 2.000 e le 7.000 lire, negli anni in cui un caffè costava circa 60 lire.
I concerti previsti furono quattro (pomeriggio e sera) suddivisi in due giorni, il 27 e 28 giugno. I Beatles arrivarono a Fiumicino acclamati dai fan la mattina di domenica 27 giugno in una calda estate. John e Paul McCartney furono condotti all’Hotel Parco dei Principi sull’auto del giovane rampollo Paolo del Pennino, mentre Gianni Minà fece accomodare sulla sua Fiat 600 Ringo Starr e George Harrison: “La divisione era dovuta al fatto che le ragazze le portavo io”, rivelò in seguito il giornalista. “Le ragazze” erano la presentatrice Rossella Como e la modella-ballerina Marina Marfoglia.
La sera stessa dopo il concerto, Minà condusse i quattro al Piper, il locale che aveva aperto da pochi mesi e che già era diventato già tempio della vita notturna romana. Ma l’eccessiva ressa li fece desistere, e così finirono per accomodarsi al al Club 84 di via Veneto, dove cantava Fred Bongusto.
L’arrivo dei Beatles a Roma fu accolto da commenti piuttosto scettici. Il regista Giorgio Strehler affermò: “Non mi convincono molto, anche se deve esserci una ragione, se vanno così forte”. Pier Paolo Pasolini li stroncò: “Non mi so proprio spiegare il loro successo. Sono quattro giovanotti completamente privi di fascino che suonano una musica bellina. Niente di più”. Lo stesso direttore generale Rai, Ettore Bernabei, uno dei “padri” illustri della tv pubblica in Italia, si espresse con termini poco lusinghieri, definendo la musica dei quattro “disarmonica” e “destinata a tramontare nel giro di pochi giorni”. Little Tony si mostrò invece più ottimista: “Hanno dato a moltissimi giovani il pretesto per scatenarsi, rompendo pregiudizi e veti di costume”.
Quelli che incontrarono Paul, John, George e Ringo, furono affascinati dai modi molto alla mano e dalla simpatia: “Notai in loro grande umiltà, i Beatles erano già grandi”, raccontò Franco Califano.
Prima di ogni concerto Piazza Cavour, di fronte all’Adriano, era gremita di giovani, alcuni senza biglietto, speranzosi di vedere i propri beniamini anche solo per un attimo. Moltissime le ragazze, che una volta dentro il teatro si lasciavano andare a vere e proprie scene d’isterismo.
Dopo le performance di Peppino di Capri con i Rockers, Fausto Leali e i Novelty, Maurizio Arcieri e i New Dada, Pino Donaggio e i Giovani Giovani, e diversi altri, annunciati da Rossella Como – “Signori e signore i Bitlessss!” – i quattro arrivavano sul palco vestiti di nero: giacche abbottonate in alto, pantaloni stretti, camicia bianca e cravatta nera. John indossava un cappello con visiera che uno spettatore, come ritrae un noto scatto, cercò di sottrargli.
Nel caldo soffocante del teatro a ogni canzone risuonava il “Grazie molto!” di Lennon, le urla e i cori da stadio: “Beatles! Beatles!”. La scaletta in genere era sempre la stessa: Twist and Shout, I’m A Loser, I Feel Fine, Baby Is In Black, I Wanna Be Your Man, A Hard Day’s Night, She Is A woman, Long Tall Sally, Can’t Buy Me Love. Fra il pubblico, i volti noti di Catherine Spaak e Anna Magnani, quest’ultima con il figlio. Della folla faceva parte anche un giovanissimo Carlo Verdone.
Dopo la prima data i giornali non mancarono di evidenziare i numerosi posti rimasti vuoti: l’organizzazione corse ai ripari abbassando il prezzo dei biglietti della seconda, molti dei quali erano stati messi a disposizione dal giornale musicale “Ciao Amici”, che qualche anno dopo si sarebbe chiamato “Ciao 2001”. I Beatles non tornarono più in Italia: chi si trovava all’Adriano, anni dopo si rese conto di essere stato testimone di un pezzo di storia.