In farmacia ai tempi del Covid-19
Salvatore Milioto, siciliano di Racalmuto, la città di Leonardo Sciascia, è un farmacista di 42 anni. Da anni lavora a Roma, in una grande farmacia di Colli Aniene. Gli chiedo com’è fare il suo mestiere nella Capitale in questo momento.
Immagino sia dura, in qualche modo voi sostenete le prime richieste dei pazienti.
Un po’ sì, soprattutto perché in questo periodo i medici di base sono quasi totalmente spariti.
Perché? (Mentre lo interrompo mi viene in mente l’ultimo colloquio avuto con la segretaria del mio medico di base che mi spiegava che da allora avrei dovuto fare riferimento a una email)
I medici hanno timore di visitare. Dopo mille accortezze, obbligano le persone ad arrivare con mascherine e guanti. Non tutti sono in grado di procurarsi questi dispositivi che, come sa, sono ormai introvabili. Quindi si limitano a mandare dei codici delle ricette tramite mail o whatsapp in farmacia. Questo è quello che fanno i più bravi. In altri casi i pazienti sono costretti a venire direttamente qui e noi ci dobbiamo di fatto sostituire ai medici.
La zona dove si trova la farmacia, a Roma Est, è piuttosto popolosa e popolare.
Be’, popolosa sicuramente. Normalmente facciamo 1.000 ingressi al giorno, ora ne facciamo 600. Sono meno vendite, ma il lavoro è più difficile.
Quali precauzioni prendete?
Il titolare ha fatto mettere quasi subito una barriera di plexiglass che ci separa dai pazienti. Poi ovviamente indossiamo guanti e mascherina. Di mascherine a dire il vero ne abbiamo pochine e le teniamo finché non fanno i peletti e diventano un tutt’uno con la barba… Il locale è molto grande, la farmacia ha un’area vendite di circa 500 metri quadri, quindi è relativamente facile mantenere il distanziamento di un metro. Abbiamo l’elimina code, la maggior parte delle persone prende il numeretto e aspetta fuori. Noi ci siamo accorti quasi subito dell’emergenza perché ci sono arrivate disposizioni.
Le mascherine, il gel: quali sono le cose che vi chiedono di più?
Le mascherine ce le chiedono tutti, sempre. Chiunque entri, anche per comprare tutt’altro chiede. Poi ci chiedono il gel che vendiamo in abbondanza ed infine l’alcool, che ora è diventato introvabile. Altra richiesta, i guanti. Poi ci sono i farmaci anti Covid-19.
Farmaci di cui i clienti hanno letto sui social o comunque su internet?
Il virologo Roberto Burioni ha detto l’altro giorno (nella trasmissione tv di Fabio Fazio n.d.r.), che c’è un farmaco che ha una funzione preventiva.
L’antimalarico?
Che poi non è un antimalarico. Cioè, nasce come tale ma viene usato contro l’artrite reumatoide e contro il lupus. Malattie autoimmuni. Quindi ora chi ha realmente quelle patologie non riesce a curarsi, perché i farmaci sono andati a ruba in modo del tutto inopportuno. Si tratta dell’Idrossiclorochina, commercialmente il Plaquenil, che costa 4,50 euro ed è quindi alla portata di tutti, ma non si trova più. Poi alcuni medici di base hanno fatto certe cose… Per esempio uno della nostra zona se ne è venuto a comprare 25 scatole, e ieri ci diceva che se le stava prendendo lui come terapia preventiva.
Ma questa storia che le farmacie speculano sulla crisi?
Ci saranno anche farmacie che speculano. Guarda, io ho delle responsabilità, mi occupo degli ordini. Domenica mi hanno offerto una fornitura di mascherine di carta a 99 centesimi l’una più IVA, noi dovremmo rivenderle con un ricarico di almeno il 50% per un prodotto che obiettivamente vale 10 centesimi. Abbiamo avuto i guanti, il titolare li ha voluti prendere e li abbiamo rivenduti quasi al prezzo di costo, che comunque era elevato. Insomma, il problema è a monte. Oggi, 31 marzo, non abbiamo mascherine.
Sai di clienti della farmacia che si sono ammalati?
Positivi. Sì, certo. A quel punto sono attenzionati dai medici. Comunque sembra che questo Plaquenil funzioni e che, associato con alcuni antibiotici, nei casi meno gravi risolva.
Hai mai paura di contagiarti?
Più si esce di casa più possibilità ci sono di contagiarsi. Più persone incontri più sei a rischio, a maggior ragione chi come noi vende salute. Poi ci sono anche quelli che vengono solo perché sanno che è permesso. Magari comprano lo shampoo, il mascara. Più che paura per me, ho avuto paura di portare qualcosa a casa. Quando arrivo a casa mi tolgo le scarpe, mi lavo viso e mani ancora prima di salutare mia moglie. Poi mi cambio. Noi abbiamo il camice, i guanti e usiamo comunque il gel.
Quando avete avuto la percezione della crisi?
Le disposizioni sono arrivate subito. L’associazione di categoria ci ha subito raccomandato il plexiglass e ci ha dato la possibilità di lavorare a battenti chiusi. Vedo che c’è più consapevolezza ora tra la gente, che si attiene di più alle regole, prende la vicenda più seriamente. Comunque secondo me le cose non torneranno più come prima e forse è anche un bene. Saremo forse più attenti a quello che ci circonda.
Durante l’intervista non me lo dice ma prima, quando lo contatto per proporgliela e gli chiedo come va, mi spiega di essere consapevole del rischio e di sentirsi però utile. Che alla fine è il motivo per cui la mattina ci alziamo e usciamo di casa, quando si può.
[La foto del titolo è di Twentymindsomething ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]