Se Virginia Raggi ci riprova
Se Virginia Raggi avesse realmente deciso di candidarsi di nuovo a sindaca di Roma nel 2021, dopo aver detto il contrario in passato, non sarebbe così strano.
Le cronache recenti sono piene di annunci di personalità politiche che assicuravano il ritiro dalle scene per poi cambiare rapidamente avviso. Solo i cretini non cambiano mai idea, si risponde di solito a chi invoca coerenza (o se non altro meno fretta nel fare certi annunci).
Il punto è che Raggi sa perfettamente di non poter vincere le elezioni del 2021. Un sondaggio citato dal quotidiano “La Repubblica” dà alla sindaca poco più del 20% dei consensi, ma è abbastanza evidente che l’insoddisfazione per come sia stata governata – o non governata – la Capitale in questi anni pesi parecchio.
Non è strano: di solito, il tasso di insoddisfazione degli elettori è proporzionale all’entusiasmo precedente, e servono azioni concrete – o simboliche, ma forti – per conservare il consenso.
Quindi, la candidatura di Raggi può avere diversi significati, che non per forza si escludono a vicenda. Prima di tutto, può essere una spia del caos che regna nel Movimento Cinque Stelle dopo il calo di consensi alle varie elezioni regionali, che hanno spinto anche Luigi Di Maio, sull’onda delle critiche interne, a lasciare per il momento la leadership.
Ovviamente bisogna capire che cosa pensa il M5s della situazione, se ritiene di avere ancora qualche chance di vincere a Roma, e quindi potrebbero spuntare altri candidati (Alessandro Di Battista, di cui si è parlato spesso). E anche capire se l’alleanza di governo con il centrosinistra durerà un altro anno, cosa che a molti sembra difficile. Ma che non è neanche impossibile.
Se il governo giallorosso durasse, la scelta di Raggi potrebbe essere una sorta di onore delle armi. La sindaca uscente si presenta, ma arriva terza dopo centrodestra e centrosinistra, e a quel punto lascia il passo al candidato del Partito Democratico (o qualcosa di simile), pur di fermare l’uomo o la donna di Matteo Salvini.
Ovviamente è importante anche sapere quale sarà il profilo del candidato (o della candidata) di centrosinistra. Se fosse per esempio Carlo Calenda, che vede il M5s come il fumo negli occhi, un accordo o anche solo il sostegno al ballottaggio sarebbe complicato. Ma esistono potenziali candidati “di sinistra”, anche nel Pd, in grado di raccogliere consensi.
Ovviamente, il centrosinistra e la sinistra possono farsi male da soli. Più aumentano liste e candidati sindaci, più c’è il rischio di non arrivare al ballottaggio. Ma anche candidare tutti insieme un personaggio che non entusiasma molto l’elettorato, magari dal mondo delle imprese o istituzionale, al solo scopo dichiarato di fermare Salvini, non sarebbe una grande idea, in una città che ha già eletto sindaco Gianni Alemanno.
Lo scenario, però, potrebbe restare frammentato. A parte Calenda, che intende presentarsi ma senza passare per le primarie (cosa che richiederebbe un accordo certo tra i partiti sul suo nome), potrebbe scendere in campo un candidato di Italia Viva (Luciano Nobili?). Il Pd potrebbe decidere invece di puntare su Roberto Morassut, già assessore a Roma, deputato e oggi sottosegretario al ministero dell’Ambiente. O chissà, su Nicola Zingaretti, che è segretario del partito e presidente della Regione Lazio (fino al 2023). Narrano i retroscenisti che Zingaretti sia troppo timoroso e che non si candidò a Roma nel 2013 per paura di non farcela. Ma altre considerazioni potrebbero convincerlo oggi a fare una scelta diversa.
A sinistra bisogna capire le intenzioni di Stefano Fassina, che ufficialmente è deputato di Liberi e Uguali e consigliere comunale a Roma, ma che ha dato vita da qualche tempo a un movimento di sinistra nazionalista che si chiama “Patria e Costituzione”. Poi, ci sono i vari partitini e gruppi, da Potere al Popolo ai comunisti di Marco Rizzo, che hanno un peso minimissimo, ma che comunque possono sottrarre voti, anche al secondo turno.
E c’è sempre un possibile candidato rossoverde, o piuttosto rossogiallo: l’ex ministro dell’Istruzione (per pochi mesi) Lorenzo Fioramonti, che viene da Tor Bella Monaca e che è passato al M5s dopo aver militato da giovane nell’estrema sinistra. Oggi, uscito dal governo e dal Movimento, ma non dalla maggioranza di governo, è guardato con interesse da un’area a sinistra del Pd, che fa riferimento in particolare alla consigliera regionale Marta Bonafoni. Ha dalla sua di sicuro almeno una cosa: avere annunciato le dimissioni dal governo se il bilancio del ministero non fosse aumentato, dandole poi davvero.
A Roma il candidato del centrodestra non sarà leghista, hanno detto qualche giorno fa Fratelli d’Italia e Forza Italia (che ha da poco perso Davide Bordoni, una figura ormai storica nonostante l’età, passato a Salvini). Esclusa magari Giorgia Meloni, che potrebbe essere troppo divisiva a Roma (e che nel 2016 si è già presentata contro Raggi), ed escluso anche il patron della Lazio, Claudio Lotito – la squadra potrebbe vincere lo scudetto, ma anche il suo nome divide molto – uno dei nomi che circolano è quello di Fabio Rampelli, deputato Fdi e vice presidente della Camera, una vita nell’Msi e poi in An.
Più difficile, apparentemente, una scelta femminile: sia Giulia Bongiorno che Barbara Saltamartini – la prima più nota, la seconda più dentro la politica romana e con un passato a destra – sono infatti in quota Lega.
Nei sondaggi, il centrosinistra e il centrodestra finora sono vicini, il Pd resta comunque il primo partito, ma i candidati sindaci possono fare la differenza, anche perché c’è il voto disgiunto. Le questioni che i romani vogliono vedere risolte però, sempre dai sondaggi, sembrano chiare: i rifiuti, la manutenzione della città, i trasporti pubblici.
Meloni batterebbe Raggi, ma Calenda batterebbe Meloni, dicono ancora le rilevazioni. Parliamo però di nomi in circolazione da tempo. Mentre è adesso, quando manca ancora un anno al voto, che forse inizieranno i giochi veri, e non è neanche detto.
[La foto del titolo è stata diffusa dall’Ambasciata del Regno Unito in Italia su Flickr.com con licenza creative commons]