La sindaca a fumetti è imbarazzante

Nelle settimane scorse Marione – al secolo Mario Improta, 47enne fumettista e vignettista romano noto soprattutto per la passata militanza nel Movimento Cinque Stelle – è finito al centro delle polemiche per una vignetta che ritraeva il premier britannico Boris Jackson come un ragazzino esultante che usciva dall’Unione Europea, raffigurata come il campo di concentramento di Auschwitz.

Quel disegno – che per quanto di cattivo gusto per noi resta comunque satira, e dunque gode della stessa immunità di alcune pessime vignette di Charlie Hebdo – è costato a Marione la collaborazione (gratuita) con il Comune di Roma, dopo che la sindaca Virginia Raggi ne ha preso pubblicamente le distanze.

Peccato che lo stesso Improta – uno dal carattere non facile, per usare un eufemismo: piuttosto rissoso nei modi e spesso poco incline ad accettare critiche – abbia firmato anche una serie di disegni che per un autore di satira, che di per sé è critica, dovrebbero essere una macchia peggiore: quelli che raffigurano Raggi come un’eroina impegnata a compiere azioni mirabolanti per difendere Roma e i suoi cittadini.

Marione – che si definisce “artista digitale con la passione per la politica sovranista NoEuro NoUnioneEuropea” e che è membro del direttivo nazionale di Vox Italia, un’organizzazione sovranista che fa riferimento a Diego Fusaro –  ha rappresentato graficamente Raggi come una specie di sorella di Lupin III, con un tratto che ricorda abbastanza i manga.

Prendersela con Marione, però, sarebbe troppo facile, anche se uno così si presta facilmente a rappresentare un certo mix di luoghi comuni populisti (anzi, gentisti).
Il problema non è neanche quello di rappresentare la sindaca eletta nel 2016 a furor di popolo – ma divenuta subito protagonista di una lunga serie di gaffe errori, dichiarazioni arroganti, impegni disattesi etc – come fosse un personaggio coi superpoteri, in una città piena di problemi non risolti anche per colpa della stessa amministrazione in carica.

Pure l’indimenticato Superciuk di Max Bunker aveva poteri speciali (nello specifico il fiato puzzolente dell’avvinazzato), ma nessuno lo spacciava per un personaggio positivo.

No, la vera questione è come una figura istituzionale, la sindaca Raggi, che guida la Capitale e la città più popolata d’Italia, possa accettare tranquillamente di farsi raffigurare come fosse un fumetto, senza provare neanche un po’ di imbarazzo. E anzi mostrando pubblicamente di apprezzare la cosa, come se l’auto-celebrazione da regime fosse una cosa normalissima, per un Movimento che insiste(va) sullo slogan “uno vale uno” e che si ostina a chiamare i suoi parlamentari “cittadini”.

Intendiamoci, non è una questione di forma, di fare i parrucconi, i conservatori. Da tempo è evidente che i politici non temono di darsi allo spettacolo pur di raccogliere consensi. Potremmo citare Silvio Berlusconi, certo, ma anche Massimo D’Alema che accetta di farsi fotografare col Gabibbo (probabilmente per dare un’immagine di sé rassicurante agli spettatori di Mediaset), o Gerry Scotti (quello del Riso Scotti…) eletto parlamentare socialista.

Non è neanche il caso del politico che incontra il proprio imitatore (come nel caso di Matteo Salvini che incontra Dario Ballantini: è successo qualche mese fa a Striscia La Notizia).

Qui parliamo di una politica che ha un incarico istituzionale di enorme rilievo e che accetta di farsi ritrarre come un personaggio dei fumetti da un “artista digitale” che ha (aveva) un rapporto di collaborazione ufficiale con il Comune. Una specie di artista di corte, insomma. Con il committente che si fa ritrarre accanto ai Santi o alla Sacra Famiglia in tante opere della nostra storia storia dell’arte. Una cosa che suona soprattutto come ridicola.

Ma evidentemente gli spin doctor della sindaca hanno visto questa come un’opportunità di fornire un’immagine simpatica alla sindaca, soprattutto per i più giovani, a cui è indirizzata la campagna di comunicazione comunale sull’educazione civica e la convivenza civile.

Magari hanno ragione loro, e Raggi salirà nella classifica del gradimento (a inizio novembre, secondo un sondaggio Dire-Tecné, 8 romani su 10 bocciavano l’operato della giunta). Del resto abbiamo già avuto anche, quest’anno, il ministro-dj. Per cui, perché non immaginare prossimamente il sindaco-giullare, l’assessore-cabarettista? Al re nudo, ormai, manca poco.

 

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