Via Merulana, risolto il pasticciaccio
Negli ultimi 13 anni è stato poco più di un muro quasi in mezzo alla strada, che costringeva i passanti a passare sul marciapiede opposto o, più spesso, a lanciarsi in mezzo tra le auto e i motorini. Ancora prima, per decenni, era una specie di grossa maceria che incombeva su via Merulana, all’angolo con via Labicana. Ora però il restauro del Dente Cariato, come i residenti dell’Esquilino chiamano affettuosamente l’ex ufficio d’Igiene, è finalmente terminato, una settantina d’anni dopo il crollo di una vasta ala.
E, secondo i programmi, oltre agli uffici, nel nuovo edificio progettato dall’architetto Claudio Lococo andranno decine di opere d’arte della Fondazione Claudio ed Elena Cerasi.
E dire che già nel 1957 (col sindaco Umberto Tupini) il Consiglio comunale aveva deciso di demolire l’edificio e ricostruirlo. Poi nel 1961 si era dovuto abbatterne una parte per evitare pericolosi crolli, e tutto era finito lì, per un bel po’.
Nel 2004 (sindaco Walter Veltroni) la Sac, cioè la Società Appalti Costruzioni della famiglia Cerasi, che ha lavorato anche al Maxxi, vinse il bando per il recupero del palazzo con la formula del project financing (i privati mettono i soldi ed ottengono dal Comune, che resta proprietario, l’affitto per alcuni decenni: in questo caso, per 90 anni). Ma si è dovuto aspettare fino a settembre 2014 (sindaco Ignazio Marino: ma già con Alemanno era ripresa almeno la procedura per far partire il cantiere) per l’avvio dei lavori, che in teoria sarebbero dovuti terminare a fine 2016.
Il fatto che siano praticamente finiti ora (sindaca Virginia Raggi), con qualche mese di ritardo, è un dettaglio assolutamente infimo.
L’ex Ufficio d’Igiene in realtà si è sdoppiato: da una parte andranno uffici (un cartello recita affittasi, indicando che gli spazi non sono ancora riempiti), dall’altra la Fondazione, che ospiterà una galleria di opere italiane del Novecento (soprattutto dagli anni Venti ai Quaranta) e un ristorante.
È di certo una buona notizia non solo per l’Esquilino, ma anche per Roma, in assoluta controtendenza con i segnali del crescente stato di abbandono della Capitale. Certo, un palazzo non fa primavera (e qualcuno ha contestato anche la scelta di rifare l’edificio sul modello originale). Ma aprire una galleria in un quartiere geograficamente centrale ma che è anche un po’ il simbolo della decadenza romana è comunque una scommessa.
Ora ovviamente in tanti si attribuiranno il successo. Ma si potrebbe quasi dire che tutto questo sia avvenuto nonostante le varie amministrazioni capitoline.