L’importanza di “Essere Nanni Moretti”
Per un certo periodo a Roma era difficile concludere una conversazione o uno scambio di battute senza che qualcuno non si lanciasse andare ad almeno una citazione da uno qualsiasi dei primi film di Verdone. La cosa si ripeteva in maniera così puntuale e automatica che, per stare al gioco, non serviva nemmeno rivedere troppo spesso Un sacco bello o Borotalco.
Con Nanni Moretti forse non è accaduto esattamente lo stesso. Un paio di tormentoni di Ecce Bombo e Aprile però hanno preso inaspettatamente il largo e ancora oggi in città, capita di sentirli storpiare e stravolgere anche nei momenti e le situazioni più ostili e avverse.
In un mondo dove gli scrittori da classifica che sono ospiti da Fazio vivono come rockstar e con compensi da calciatori, le manovalanze dell’editoria languiscono con stipendi da fame e in balia di un mercato sempre più povero di compensi e di idee. Se in Tutti giù per terra Culicchia è stato uno dei primi a scrivere di disagio e precariato, quando ancora non esistevano i contratti Co.co.co, in Essere Nanni Moretti racconta spietatamente e con grande autoironia di tutti i traduttori che ancora oggi non vengono mai pagati e di quegli scrittori che alla soglia dei cinquant’anni pur non avendo ancora ottenuto qualsiasi forma di riconoscimento continuano a farsi sfruttare senza pietà.
Il libro oltre a sembrare fatto a posta per una trasposizione cinematografica arriva a conclusioni che quasi sfiorano più o meno involontariamente le teorie più estreme del filosofo francese Guy Debord (tra i fondatori dell’Internazionale Lettrista, l’Internazionale Situazionista e autore del profetico La Société du Spectacle). I profili di twitter ed Instagram dei nuovi scrittori del resto li stanno avviando più ad un ruolo contemplativo che creativo. Il gioco dei media che richiedono continuamente agli uomini di cultura una critica allo Spettacolo alimenta morbosamente un’attenzione incessante per i suoi meccanismi distogliendoli dai momenti di creazione pura. O dallo birdwatching, come nel caso di Franzen.
Proprio Verdone, tempo fa si lamentava di come fosse per lui difficile mettersi al lavoro su nuove idee, con i giornalisti che gli chiedono ininterrottamente un parere sulle sconfitte della Magica.
Anche Moretti però, che ha costruito più o meno gelosamente la sua privacy si trova a fare i conti con una Società dello spettacolo fagocitante, che tra fiere, premi, tour promozionali più che alla prospettiva del cambiamento ti fa impantanare nella routine.
Ne sa qualcosa Bruno Bruni, che da illustre sconosciuto non riesce a dedicarsi al suo grande romanzo italiano, perso tra le mille traduzioni non pagate e i tweet che indicano la via di Gianluigi Ricuperati. Presa l’identità del regista di Bianca tra cene e viaggi pagati in tutto il mondo sarà anche peggio e non riuscirà a dire nemmeno una cosa di sinistra.
L’idea di partenza è ottima, ma, aldilà dello scambio di persone, il risultato poteva essere ancora più coraggioso, visto che si era presa la strada di dissacrare i nomi veri dell’editoria italiana. Ci auguriamo che se il libro di Culicchia arriverà al cinema ci sia sempre la Caprioli nella scena più importante. Come in Tutti giù per terra. Continuiamo così facciamoci del male.