Una bella notizia che è diventata brutta
Per qualche giorno, uscendo dal portone del palazzo, sono stato colto da una sensazione di sorpresa. Non ho capito subito di cosa si trattasse. Giorno dopo giorno la sensazione si è ripetuta, e finalmente ho capito cosa c’era di nuovo. Marciapiedi, aiuole e panchine erano improvvisamente pulite: zero o comunque pochissima cartaccia, erano spariti i mozziconi di sigaretta, gli odiatissimi volantini scappati dalle cassette condominiali.
Una buona notizia, insomma: finalmente un po’ di pulizia in un quartiere (non servirà specificare esattamente quale) che da anni è sempre più sporco e abbandonato a sé stesso. Ne ho subito parlato con amici e conoscenti, per condividere questa buona impressione, per sottolineare che le polemiche di palazzo nulla potevano togliere al fatto che, almeno, si era fatto qualche passo nella direzione della decenza e dell’igiene pubblico. E quindi sinceri complimenti a Virginia Raggi, perché prima di lei solo sporcizia e degrado.
Poi, qualche pomeriggio fa l’amara sorpresa. Passeggiando ho notato un uomo in tuta blu che rastrellava un’aiuola, erano abbondantemente passate le 18.00 e il sole era tramontato da un pezzo. Qui si esagera, ho pensato sorridendo, addirittura il servizio giardini in notturna: dove vogliamo arrivare, alla Svizzera verde? Lieto e soddisfatto ho continuato la mia passeggiata finché mi sono imbattuto in un cartello di cartone che mi ha spiegato cosa mi stava capitando intorno.
L’uomo in tuta blu non era, purtroppo, un operaio del servizio giardini, ma un signore senza altro lavoro che ha ben pensato di offrire spontaneamente la sua opera occupandosi della pulizia dei marciapiedi e dei giardinetti, in cambio dei pochi euro elargiti dai commercianti della zona. Ho messo anche io la mia moneta nel barattolo affianco al cartello, perché di certo sono riconoscente a questa persona che – nell’inerzia generale – riporta un po’ di decenza dove passa. Però, che gran brutta notizia: niente è cambiato. Falso allarme, siamo ancora brutalmente abbandonati all’incuria.