Roma razzista e violenta. E pure distratta
Sinceramente dubito che i romani stiano seguendo il dibattito “primarie di partito o primarie di coalizione”. Così come sono abbastanza certo che non stiano neanche valutando Giachetti o aspettando che Marino decida cosa vuole fare da grande. Non so, in effetti, dove stanno guardando i romani. Quello che è certo, però, è che gli scivola addosso l’idea che lì fuori, tra la folla, c’è gente che organizza spedizioni punitive e va a pestare gli stranieri. Preferibilmente i bengalesi.
Si tratta di campioncini dell’ultradestra romana che pare si intrattengano propagandando tesi “negazioniste dell’olocausto” e della “superiorità della razza bianca”. Questo è quello che almeno hanno rilevato gli inquirenti nel corso delle indagini che da anni vanno avanti.
Il gioco preferito è quello del “banglatour”. Si intercetta la vittima, possibilmente debole, e si pesta. Un metodo sperimentato perché questi signori credono sì nella superiorità della razza bianca, ma i neri da pestare se li scelgono gracili e deboli. Chiaro, no?
La violenza ha il suo codice ma l’ignoranza no. E a questi livelli sono inutili anche le domande. Perché i protagonisti di questa storia non picchiano solo i diversi, ma si sventrano anche tra di loro: basta un grado sulla bussola bacata che hanno in testa per tracciare distanze enormi, tali da poter essere colmate solo con lo scontro, tentando la sopraffazione.
Le forze dell’ordine li braccano, qualcuno lo afferrano. Ma poi? C’è qualcosa che servirà mai quanto il disprezzo collettivo per costoro? Ma i romani stanno pensando ad altro, (a cosa?). E forse è meglio, perché finirebbero per dividersi anche su questo.