La cartolina / 150
E se queste ali a un certo punto sbattessero tutte insieme, con forza.
Chissà.
La città, forse, si solleverebbe.
§
“In sette, come i colli, come i re, come i samurai, come altri magnifici”.
Dice: “Guarda che so’ otto”.
“Ah, scusa”.
§
È nostro, senza dubbio, l’occhio che guarda Maria e figlio.
E anche le persiane riflesse.
Ma non tutto è chiaro.
E i ciuffi sopra il marmetto ricurvo sembrano, a loro volta, ciglia.
§
È come a casa dopo l’acquisto di certi mobili.
I pezzi ci sono: tocca solo montarli.
§
Roma a volte è così: nuda.
E cruda, se si conta anche l’insalata che sbuca dai sampietrini.
§
Due mondi. Come minimo.
§
Senza sapere cosa sta dentro e cosa fuori è più difficile – ne sa qualcosa Alice – decidere se entrare oppure no.
Prevale, in ogni caso, la meraviglia.
§
Entrare, sedersi, assaggiare un altrove non solo geografico.
Può capitare che sia, comunque la si veda, già piccolo miracolo.
§
Al monopattino la sosta è consentita.
Tanto più che, specie a confronto col resto, non starà lì troppo a lungo.
§
I souvenir confermano: è Roma.
Ma forse si capiva anche senza.
§
Si può prelevare la bellezza, lasciandola lì dov’è.
Un caso quasi unico.
Che sempre ha a che fare con gli occhi di chi guarda.
§
Lotta col tempo, la quercia che fece ombra al poeta.
E questa resistenza, supportata dal ferro, risulta a sua volta poesia.
§
Quasi tutto è questione di punti di vista.
Il palazzo in fondo coi cavalli sopra, per dire, non ha il televisore.
§
C’è chi associa Roma e abitanti a una certa indolenza.
Sì, qualche volta è vero.
§
Dare, ricevere. O anche solo immaginarselo.
Una città è sempre fatta dei fili che ci connettono.
§
Il monsignore, per evidenti questioni anagrafiche, non è più tra noi.
Ma è in arrivo il compleanno della targa.
Sarebbe elegante, come regalo, una pulita.
§
Il continente è giusto.
Si potrebbe provare a ragionare sul divieto.
§
Siamo, non c’è dubbio, capitale mondiale di un’importante religione.
Ma è pure vero che eravamo qua prima.
§
E quindi può venire in mente che a forza di leggere si finisca per trascurare la spada.
Poi certo, magari è solo il caso.
§
Passerà.
Anche se sì, sembra una battuta.
§
Non basta avere le ali, per essere angeli.
§
A Roma è un attimo.
Nasci lavoro in corso, e diventi skyline.
§
E va bene, è ancora luglio.
Aspettiamo.
§
Sopra i trenta gradi, certe insegne diventano didascalia.
§
Sarà pure che l’essenziale è invisibile agli occhi.
Ma è difficile che senza sguardo possa esistere bellezza.
§
Lo sport fa bene, e serve a tenere sotto controllo il peso.
Ma la vita non è perfetta lo stesso.
§
Non c’è dubbio che l’arte, in città, stia tra le cose che contano.
§
Figurano senza dubbio, mangiare e bere, tra le colonne della città.
§
E se fosse proprio il passato a dirci che il futuro è possibile?
§
Sarebbe immobile la città, e sola, se non ci fosse qualcuno ad attraversarla.
§
Sarà che c’è il sole, ma il quattro a quattro tra scimmie e divieti appare comunque un buon risultato.
§
C’è grande attesa, e speranza.
Frattanto è chiaro che il cavallo, per il trasporto urbano, non basta più.
Resterebbero, in alternativa, le ali.
§
L’incontro tra natura e storia che produce geometria.
Ogni città, ma soprattutto questa, è da qui che nasce.
§
Certi spazi condominiali, a Roma, sono al tempo stesso collettivi e appartati.
Un po’ bene comune e un po’ città segreta, riescono nel mezzo miracolo di rendere il dentro un luogo aperto.
§
È religione aggiuntiva, a Roma, la bellezza.
Sempre restando, è chiaro, negli occhi di chi guarda.
§
È chiaro a Roma, forse più che altrove, come quella col tempo sia l’unica partita che non si può vincere.
§
Poi dice che per fare le cose a Roma ci vuole tanto.
Uno che lavora, e tre che guardano.
§
Siamo la lotta continua tra ordine e caos.
Teatro della partita è il tempo.
Solo una rimonta potrà portarci ai supplementari.
§
Dell’incontro di natura e architettura è fatta, anzitutto, una città.
Nei casi più fortunati si aggiunge l’arte.
Il rapporto tra nuvole e lacrima, con ogni probabilità, rimane casuale.
§
Qualche volta, specie a Roma, funziona così: tocca sudarsela passo dopo passo.
Illuminati dalla convinzione che a un certo punto si andrà più spediti.
§
Le scale hanno a volte il compito aggiuntivo di offrire una presa di fiato alla città.
Una volta sistemati sedie e tavolini, un caffè o una birra saranno forse quintessenza di gioia pedonale.
Nel frattempo, si fa come al solito.
§
Si può solo salire, oppure scendere.
Per certe vite, come per certe pagine della storia, va così.
Nessuna possibilità di pianura.
§
Spalle al fiume, la panchina potrebbe essere un ottimo posto per ascoltarlo.
§
Riconoscere una città da uno scorcio è materia per esperti.
Ma il frammento di colonna vicino alla tigre è indizio.
E suggerisce che con la lupa sono quasi sorelle.
§
Un po’ torre di controllo, un po’ Medio Evo.
Perfino i fili, per affinità, abbozzano una merlatura.
§
Certi assaggi di città raccontano storie.
Con differente grado di mistero.
Qui, per esempio, è chiaro che c’è sotto qualcosa.
§
Il punto vero, per godersi una città, è non avere fretta.
Solo la sosta, perfino se obbligata, favorisce lo sguardo.
§
Ci sono cose fatte per la gloria di Dio.
E cose fatte per le necessità degli uomini.
Roma le mischia, e le confonde.
§
Si può scherzare sul fatto che di solito c’è tutto il tempo per accorgersene.
Oppure no.
Rimane il fatto che una fermata d’autobus, e ciò che rappresenta, sono uno dei luoghi in cui la città si specchia.
§
Costituiscono pezzo raro, le fontanelle a più bocche, nella potabilità cittadina.
Una cosa di cui vantarsi.
Però poi questi, a guardare bene, sempre nasoni sono.
§
Fa bene qualche volta la vecchia speranza, cara agli umani, che ci sia luce all’uscita del tunnel.
§
Dipende anche dal rapporto che si ha con le feste.
Ma può succedere, in certi periodi, di vedere cartelle della tombola quasi ovunque.
§
Quadrato a chi?
§
Visto il grande successo di San Pietro dal buco della chiave, è normale che si tenda a replicare.
§
Animale che lavora duro: quattro lettere.
La città sembra suggerire, ma non è detto.
§
Stare tra i simboli della città, come il Colosseo e pochi altri, è roba da re.
Dunque è giusto ricambiare facendosi corona.
§
Sta a casa sua il merlo, tanto più se poggiato sui merli.
La confidenza che ha col cielo, da migratore, lo porta all’altezza dei santi.
E tutto dice che romani, a volte, si diventa.
§
Dice: a Roma di parcheggio non ce n’è neanche l’ombra.
E invece.
§
Una grande città è anche il luogo in cui viviamo in tanti, diversi.
Solo non incontrarsi rende l’amore impossibile.
§
Può capitare di essere diversi, anche molto.
E scoprire a un certo punto di avere qualcosa in comune.
Come fosse un’illuminazione.
§
Così come quelli in cartellone all’Opera, anche questi ciuffi che sbucano spettinati sono in fondo “sconfinamenti”.
È il caso, che suona la sua musica.
§
Si può supporre che il nome della strada scompaia a primavera sotto le foglie.
E poi ricompaia in autunno.
E che a guardarlo, di anno in anno, si cresca.
§
Impressiona, quell’acqua che scorre sui muscoli di marmo e li fa sembrare carne.
L’autore dev’essere stato uno bravo.
§
Del letto rifatto – dignità e disciplina che sopravvivono ai rovesci – dovremmo forse parlare, quando parliamo di decoro.
§
Il cielo di Roma, che qualche volta pare dipinto, ci mette del suo.
Ma appare normale, conoscendo la storia del santo, la confidenza degli uccelli.
§
Dici “torre”, e ancora non hai detto niente.
Una viene dal passato. L’altra da Marte, forse. Ma non è detto.
D’altra parte una città è proprio tempo che incontra lo spazio.
§
La soluzione, è chiaro, sta nella sistemazione del cartello, che magari è già avvenuta.
Ma intanto toponomastica chiama enigmistica.
E aggiunge un gioco ai giochi possibili in città.
§
È soprattutto questo, Roma.
Lo spazio di un incontro irripetibile tra gli umani e il tempo.
§
Si mischiano spesso, in qualche punto di Roma, passati diversi.
Nemmeno il pino, che è lì da un pezzo, li conosce tutti.
§
A certe temperature la sosta, oltre che vietata, non è nemmeno consigliabile.
Meglio andare, affidandosi a ogni protezione possibile.
§
Anche nella città del tempo lungo, qualche volta, si ha la sensazione che tutto scorra.
Sarà magari la vicinanza del fiume.
§
È chiaro che non c’entra niente.
Però quell’immobilità, benché dovuta al marmo, fa immaginare che il semaforo sia rosso.
§
Una delle cose interessanti, in una strada, è vedere dove porta.
§
Galleria e arte, d’altra parte, sono fatte per stare insieme.
Perfino senza biglietto.
§
Ci sono ottime possibilità che dietro il tronco d’albero ci sia una finestra.
E molto poche che sia tonda.
Ma solo andare sul posto ce ne darebbe certezza.
§
Può succedere che un ponte dedicato alla musica ricordi uno strumento.
La luna di giorno – un friccico, probabilmente – aiuta le cose a sembrare possibili.
§
L’acqua, di cui i nasoni sono simbolo e veicolo, è all’origine di questa città.
La chiamiamo Tevere, o Tirreno, ma quello è.
Sembra giusta, dunque, un po’ di riconoscenza.
§
Guardarsi allo specchio e vedere come si era da giovani. A pensarsi eterni, può capitare di montarsi la testa.
Foto di Fabio Bedini, testo di Alessandro Mauro
§
È chiaro che i due muri si parlano, anche se non è chiaro cosa si dicano.
Forse che la bellezza, qualunque cosa sia, non è uguale per tutti.
§
Trovare armonia tra pubblico e privato è il sogno di ogni città.
Quando succede, a volte, è una visione che ipnotizza.
§
Il verde delle erbacce si può supporre, il rossiccio dei mattoni disposti ad arco pure.
Del travertino non serve parlare.
Il resto, un po’ Rothko un po’ prova colore, per chi vuole è soprattutto gioco.
§
È passato un sacco di tempo.
La verginità è persa, e non sappiamo bene cosa misurare.
Ma siamo ancora qui.
§
In effetti un po’ d’acqua per cui non serve pagare, specie quando comincia a fare caldo, ha tutta l’aria di una benedizione.
§
Il divieto d’affissione tecnicamente è rispettato.
Rimangono, è chiaro, altri problemi.
§
Quando si è fatti per stare insieme, è inutile fingere di ignorarsi.
§
È un corpo, la città.
Cui ogni tanto succede di mangiare pesante.
§
A chi li guarda con attenzione, può perfino succedere che alcuni angoli di città diano la sensazione
di ricambiare lo sguardo.
§
Si affrontano, scala e muro, rappresentando idee diverse di città.
L’una connette, l’altro nega.
Roma, come è evidente, prosegue. Perciò da qualche parte si deve pur passare.
§
Poesie, graffiti, contatori, brevi testi su Roma.
Si fa presto a dire “lettura”.
§
Benché in relazione piuttosto stretta col divino e la sua luce, siamo comunque città.
Dunque faccenda soprattutto umana.
In certi casi si vede benissimo.
§
In certi avvallamenti, nel ritmo disuguale, nell’andatura stortignaccola, è come se la scala condividesse la fatica che può volerci a percorrerla.
E anche questo le dona.
§
Di umani, geometria e caso è fatta soprattutto una città.
Al menù, guardando bene, mancava giusto un dolce.
§
La sensazione, a distanza, è che Maria sia uscita da uno dei dipinti, e poi dalla chiesa, per riscaldarsi al sole di Roma.
Ma è chiaro che per capire meglio occorrerebbe avvicinarsi.
§
Può perfino succedere che la tutela della bellezza diventi essa stessa bellezza.
L’importante è non pretendere di capire sempre tutto.
§
Il naso a becco, oppure proprio il becco.
Quell’occhio un po’ così.
E la netta sensazione di essersi già visti.
§
Ci sono un sacco di punti in cui Roma sembra finire.
Poi di solito invece ricomincia, che è la sua vera specialità.
§
E poi sì, ogni tanto sembra tutto un tale casino, che viene solo da alzare gli occhi al cielo.
§
Si dice che la vita sia la più grande opera d’arte.
Ma pure allearsi, arte e vita, può dare i suoi frutti.
§
E va bene: qualcosa è andato storto.
Ma non è detto che non si possa ripartire.
Una “A”, in materia di nuovi inizi, può già essere buon segno.
§
Di sicuro non si addice, la sosta, a così tanta possibilità di esplorare.
Un cartello è perciò di divieto.
L’altro, forse, di esortazione.
§
C’è stato un tempo in cui il Circo Massimo era sede di battaglie navali.
Dunque magari siamo di fronte a una ricostruzione storica.
Altro che allagamento.
§
È stare vicino, e restarci, che determina la coppia di fatto.
Non c’è per forza bisogno di somigliarsi.
§
Una luce che arriva da dentro, un riflesso che svela il davanti.
Il mescolarsi di cose diverse definisce una città.
Ed è la somma, come sempre, che fa il totale.
§
Mutano, al mutare dei tempi, anche i tragitti dell’amore.
A lungo ha viaggiato per lettera, e oggi sceglie altre forme.
§
Vogliamo bene alle fontanelle col nasone, che ci dissetano e ci distinguono.
Forse è per questo che qualche volta ci sembrano perfino angeli.
§
Appare più chiaro che altrove, in certi punti, che la città è mosaico.
E tutti quanti siamo tassello.
§
Quando non c’è mercato potrebbe sembrare un posto qualunque, ma è Roma.
Città che mescola il nuovo e l’usato, da secoli.
§
Ai più ispirati può perfino venire in mente l’Impressionismo.
Ma la bellezza sta anche nel fatto che forse le anatre rimediano qualche avanzo.
§
A Roma, per essere onesti, non siamo mai andati fortissimo quanto a skyline.
Ma abbiamo le nostre certezze.
§
Difficile, in assenza di volo, parlare di stormo.
Rimane il dubbio tra caso e costellazione.
§
Ce ne sono un sacco così, specie di una certa età.
Sempre a sfogliare quegli affari di carta.
Mai uno smartphone, un social, niente.
§
A forza di dare retta a feste importate e trascurare la Befana, ci ritroviamo così.
Senza una scopa, né qualcuno che sappia come usarla.
§
Ci sono pezzi di città che parlano della gente anche quando la gente non c’è.
Succede ai sampietrini levigati dal passaggio, ai cestini piazzati come sentinelle del decoro.
Perfino, forse, a una striscia pedonale che qualcuno ha spostato col piede.
§
Chissà se il nastro è lì per proteggere i rami da noi, o noi da loro.
Di certo aiuta a ricordarci che siamo tutti città, nastro compreso.
§
Ha le sue regole, l’estetica, ma fanno i conti con il gusto di ognuno.
Appare tag, rara e magnifica, anche la traccia dell’antica norcineria.
§
Quasi sempre la colleghiamo a un luogo e a un tempo precisi. E finiti.
Poi magari viene fuori che la dolce vita, invece, è un modo di prenderla.
§
Sette colli, più un po’ di posti che hanno “monte” nel nome.
Senza contare che spesso la vita è salita di suo.
Aiuta, di solito, distribuire piccoli premi lungo il percorso.
§
Nemmeno l’eleganza di mattoni disposti come il parquet può eguagliare i sampietrini.
Sarebbe bello se il cane, bianco com’è, si chiamasse Travertino.
§
La luce di ieri nella città di oggi.
Le luci di oggi sul campo di ieri.
Di domani, per adesso, niente certezza.
Come quando le squadre sono ancora sullo zero a zero.
§
È possibile che ci sia un punto in cui l’ordine ribalta il caos, e l’abbandono diventa installazione, la miseria geometria.
Nel mentre condividiamo con la città, passando oltre, santa pazienza.
§
Le cose sono, quasi sempre, gli occhi con cui le guardiamo.
Perciò quelle ali, anche di volo impossibile, vorremmo fossero le nostre.
Per i colonnotti, immobili e disciplinati, il desiderio forse è lo stesso.
§
Imbacuccare le mura, in passato, è stato compito di grandi artisti.
Visti i tempi, proviamo ad arrangiarci da soli.
Per essere certi che il riflesso vero del lampione si rifletta davvero nella vetrina illuminata a prescindere, non c’è che andare sul posto.
Da lì, appresa la verità, la si potrebbe comunicare con una cartolina.
§
§
Capita, a volte, di separarsi.
Ciascuno cercando di raggiungere un sopra.
Rimane in qualche caso il ricordo del sotto da cui siamo partiti.
§
Sarà che siamo abituati al contrario.
Rimane il fatto che stupisce, d’istinto, l’idea di una religione che ci guardi dal basso.
§
Difficile trovare, per la raggiera di pancali, una motivazione pratica.
Dunque si fa strada l’ipotesi che stiano lì, davvero, a imitazione del sole.
§
Sarà che la bellezza è contagiosa.
Sarà che il ferro un po’ ci piace, come dimostra il gazometro.
Così non è escluso che l’imbragatura, che sta alle colonne come l’apparecchio ai denti, piano piano venga voglia di tenercela.
§
Possibile che a spostarlo nel museo giusto, con la luce giusta, il quadro salirebbe di molti gradini.
Possibile che il segno lasciato dalla sua rimozione, nella folla delle vernici intorno, paia esso stesso bellezza.
Valla a capire, l’arte.
§
C’è stato un tempo in cui i piccioni frequentavano in esclusiva le piazze del centro.
Ora stanno in ogni quartiere, periferie comprese.
Anche questo, a pensarci bene, li rende romani.
Timorosi, qualche volta, di scendere ancora.
§
È Roma anche lo specchio, il bianco, la scala a tortiglione.
L’immagine riflessa, soprattutto, lo svela.
Scombinata come dentro un Picasso, magari per lo sfizio di adattarsi al nuovo.
§
C’è qualcosa di circolare nel discorso della città, che ogni volta sembra finito, e invece ricomincia.
Si tratta, in effetti, di capire se e quanto ce ne importa.
§
Una pozzanghera, dopo la pioggia, si può trovare in qualunque città.
Quasi mai però è possibile vederci dentro i sampietrini che ricamano il cielo.
§
La piccola scala domestica è affacciata sulla grande scala di città.
Come volesse, a modo suo, farsene prosecuzione.
Il confronto con i migliori è a volte fonte di ispirazione e sogno.
§
Alla fine, soprattutto, siamo questo.
Clamorosa e in parte casuale bellezza poggiata sulle rovine del tempo.
Oltre che, a conti fatti, una squadra.
§
Appare croce, con tutto il rispetto, anche l’antenna.
Immagine riflessa di un credo abituato alla mondovisione.
In mezzo il pino, comunque la si pensi sul mondo e ogni altrove, è di sicuro simbolo di Roma.
§
“Questa città è una giungla”, qualche volta, può anche essere un complimento.
§
Non si può essere tutti re, o regine.
Anche di pedoni è fatta una città.
Come i “dissuasori”, lì a impedire che qualcuno in macchina si sfranga per le scale.
Ci vuole spirito di squadra, e occhi aperti.
§
Qualche volta proprio il fiume, da cui nasce questa città che chiamiamo eterna, sembra parlare di pace, e di lentezza.
Dev’essere che se uno è eterno non c’è tanto bisogno di avere fretta.
§
Non è nota la destinazione del cammino.
Quello della fede, con ogni evidenza, è già intrapreso.
Tra le ipotesi figura una panchina che basti per tutte.
§
Roma è primatista mondiale di scritte in latino.
E piena di graffiti come mille altre città.
È quasi sempre difficile capire le une e gli altri.
Vantiamo dunque, quasi senza rivali, un’ignoranza che spazia tra i millenni.
§
A pensarci bene, una delle cose migliori che si possono fare in una città, una delle più alte, forse è proprio giocare.
§
Non ha rivali, Maria, in termini di culto cittadino.
Forse perché madre, come la lupa per i gemelli.
Basta farsi un giro.
Quasi ovunque la vediamo assistere muta ai nostri quotidiani sforzi.
§
Le curve di design della spider. Il graffito. I manifesti strappati che fanno pensare a Mimmo Rotella. La scritta in alto, perfino.
“Arte” è una parola che può voler dire tante cose diverse. Come “città”.
§
Giungla, presepe, ghetto, ferro, piuma.
La città è quasi sempre un misto tra quello che ne facciamo e quello che ci sembra di vederci.
§
Abbiamo gabbiani. E poi piccioni, cornacchie, storni, pappagalletti verdi, rondini quando è stagione.
Non c’è traccia di colombe della pace, che invece servirebbero come il pane.
§
Lento ma inarrivabile, il tram è grande esperto della città.
A volte si ha perfino l’impressione che riconosca i posti.
§
A piedi, o in bicicletta, si può vedere cosa succede un po’ più in là: se i due percorsi si incontrano, e come; se questo pezzo di Roma, che sembra ovunque, è veramente Roma.
A sinistra, oltre la vegetazione, dovrebbe esserci un fiume.
Se a prescindere dal colore ci parrà biondo, allora sì.
§
A chi cammina in città tanto per farlo, il percorso può sembrare poetico, di suo.
Accade a volte di ricevere un bonus, come il goccetto regalato dall’oste a fine pasto.
§
Ciascuno fa i conti con le proprie inclinazioni.
Il colonnotto storto e il cartello sul ponteggio ce lo ricordano.
Quasi simmetrici, e almeno in apparenza, meno soli.
§
Roma è anche il luogo che persone nate altrove hanno contribuito a far diventare ciò che è.
Ad alcuni di loro – un patriota piemontese, un calciatore armeno – la città tributa forme diverse di riconoscenza.
Ci si può leggere, sottinteso, un elogio del movimento.
(Foto di Fabio Bedini, testo di Alessandro Mauro)
§
I sampietrini in primo piano, il travertino del parapetto, l’andatura mossa di chi è adagiato sui colli.
Tre indizi fanno una prova.
Se una città ha il suo stile, uno spiraglio a volte basta e avanza.
Mi ha sempre fatto rabbia che Roma non avesse vetrate gotiche come Parigi. Grazie Fabio Bedini e Alessandro Mauro per aver fatto giustizia regalandomi una piccola Sainte- Chapelle
Se di architettura si parla, sono d’accordo:)Il gemellaggio delle vostre visioni Fabio Bedini e Alessandro Mauro già mi suggerisce il contrario. Non sconfino nel mio vissuto:) daje,bravi sempre
Pure Piazza Navona sede di battaglie navali. Spero al passato. Senza selfie a triremi e al canoista premiato …non diamo idee pericolose
Eh già. Come spesso nella vita, i pericoli e le insidie si addensano sulla strada asfaltata, che pare comoda e facile . il sentiero dove c’è da esplorare, perciò, resta sempre il meno battuto .
Per me un nuovo inizio è, di per sé, una buona notizia. Il mio terrore è che le cose restino sempre uguali senza più cambiamenti all’orizzonte. Mi sa che sono minoranza però, anche in questo.
Ecco un’alleanza che mi suona parecchio spericolata. Come forse, tutte le più belle e intense.
Mi raccomando: guardate in alto stando seduti, quando la strada è a così alto rischio di inciampo.
Non si può mai conoscere tutta: è una delle sue bellezze.
Ahahahah. Grazie a voi Fabio Bedini e Alessandro Mauro, scopro affinità elettive che non avrei sospettato mai. Ci vuole occhio, appunto.
La tutela la vedo. Quanto al resto, ormai vi credo sulla parola. Se io fossi Polifemo saprei dove rubare uno stuzzicadenti.
Perché avvicinarsi? Ma non lo vedi? E’ Lei. Alessandro Mauro e Fabio Bedini, se Woody Allen non avesse firmato da tempo Scoop, sarebbe il film che vorrei veder realizzato da voi, autore e paparazzo
Il menu mi pare di sicuro molto umano tanto che saluta con un sorriso: quale dolce migliore?
La condivide e la sostiene: si avvalla accanto al mancorrente. Bello vedere le cose con i vostri occhi Fabio Bedini e Alessandro Mauro.
Vero, gente impegnativa, ma pur sempre umani. A prima vista, uno mi era parso un angelo, ma, visto che imbraccia le tavole della legge…Anche se scritte bene, non sono farina del suo sacco:)
Grazie per questa Roma bella bella e auguri Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Tra gli altri segni scorgo pure un pugno chiuso; ma io, chissà che leggo. C’è gente che diffida dei graffiti perché restano enigmatici. A me, invece, piacciono proprio per questo. Ogni lettura affascinante conserva sempre uno spicchio misterioso.
Insomma Roma, icona della “bella e impossibile”. Perfino il tetto è parecchio inospitale. Fosse un po’ meno spiovente, darebbe la fantasia di sdraiarcisi a raccogliere il primo solicello di stagione.
Chissà a quanti portoni ho rinunciato di bussare sicura che non ricambiassero lo sguardo. Che bella cartolina! Grazie di mostrarmi le stesse cose con altri occhi, Sandro Mauro e Fabio Bedini,
Che bello vedere le stesse cose con altri occhi. Grazie Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Ahahah. Al corpo pesante della città forse non guasterebbe un pizzichino di manutenzione in più.
Io li vedo , schiena contro schiena, pronti al duello finale. Chi l’ha detto che le donne sono più sensibili? Grazie di regalarmi il vostro sguardo gentile sulla città Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Vorrei tanto rispetto verso i problemi, quanto tocca averne verso i divieti. Meno male che ci sono i murales e Fabio Benini e Alessandro Mauro che ce li mostrano.
Acqua protagonista, il primo piano lo merita tutto. Bravi. Sempre nella speranza che non ne arrivi troppa dall’alto. Non tutta in una volta.
Di certo incommensurabile la simpatia dei due fantasmi ansiosi di raccontarsi. Tra rabbia, acqua e cielo.
A me, che son rimasta indietro con il programma, i quadrati fanno pensare a Mondrian. Temo probabile un tentativo, rimasto a metà, di restaurare il travertino. Fabio Bedini e Alessandro Mauro, grazie sempre per metterci in moto l’immaginazione.
Vero, neanche il cancello esclude e, se mi trovassi lì dentro, mi sentirei comunque all’aperto. Grande armonia davvero, Fabio Bedini e Alessandro Mauro.
Sìììì. Si rispondono: questa è già bellezza. Cioè, non muri di gomma. Beh, grazie sempre per i suggerimenti Alessandro Mauro e Fabio Bedini.
Questa vale per chi si sentiva bella da giovane. Spesso, invece, l’autostima è una conquista fatta di strati sovrapposti, come la corteccia di un albero secolare. Roma di Romolo e Remo era davvero più bella di quella di Giulio II e di tanta altra storia che si è sommata?
Fin qui non ho mai desiderato la maternità. Ma vedere una manina che traccia una frase così è l’essenza della felicità.
Ponte della Musica mi viene da immaginarlo sospeso nel vuoto, del resto, la sua apparenza lunare , incoraggia. Soprattutto non avrei sospettato il profilo e la visione che offre dal Ghetto, grazie Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Bello il nascondino delle finestre. Mi piacerebbe un bel po’ se nottetempo si scambiassero di posto. Belli i giochi che inventate, Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Bene così, arte è di tutti. Io, per esempio, amo quel Malcom X con il suo “white is not better” vedo bene o è un mio miraggio?
Ahahah. Di certo Porta nel verde, che si affaccia da ogni dove. Bellissimo scorcio.
Ahahah, a me ricorda vigili appostati , pronti a multare. Rispettati assai di più dei semafori, temo. Bella e inquietante. Ferragostana. Pare di sentire le cicale.
Andare, il senso di marcia diventerà certezza un passo dopo l’altro, stagione dopo stagione. A me il caldo serve a questo: a mettermi in moto. E’ fatica ma é pure adrenalina
Mai dire mai: il Pino ha l’aria del buon ascoltatore con cui, prima o poi, si confidano tutti.
Vero, almeno per gli umani capaci di sensibilità verso la Storia. Mi piace tanto la vostra visione del mondo, Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Grandi inquadrature e definizioni. Grazie per lo sguardo ironico e/o poetico che ci prestate per cavalcare bellezze e inciampi de ‘sta città.
Ognuna fa scacco in un gioco diverso a seconda di chi guarda.
Li definirei i migranti meglio accolti, tanto da risultare ormai piuttosto stanziali. Non mi riferisco ai Santi, che di quelli non se ne incontrano già da un pezzo.
Bravi, Fabio Bedini e Alessandro Mauro. Immagine, parole e letto a baldacchino con gli oggetti tutti in ordine sotto la tettoia, sono una cosa sola. Questo è respirare insieme alla città. Lezione commovente. Per tutti.
Altroché. Risultano perfino un tantinello sexy. Mettono di buon umore, diciamo così:)
Quel che si conta son le primavere. Nuoce alla bellezza interiore, più ancora che all’aspetto, conservare dell’età solo i propri autunni.
Condensato di bellezza. Proprio così. Le cose spettinate sono vita. Arte. Grazie Fabio Bedini &Alessandro Mauro.
Proprio così. Nelle cose spettinate c’è vita. Nei luoghi di frontiera, arte. Condensato di bellezza: grazie Fabio Bedini &Alessandro Mauro.
Ahah, che occhio. Cartolina fulminata, cartolina fortunata: scala la mia personale classifica di preferenze. Bravi Fabio Bedini &Alessandro Mauro. Mai prevedibili.
Grande, coraggiosa, Foglia: non è da tutti amare chi ti presenta il conto e, fin dal primo incontro, puoi leggerne il prezzo.
Ahahahah. Non vi tenta, piuttosto, dare una sbirciata oltre le tendine? Sarà perché io vado a piedi. E poi, la curiosità è femmina, si sa.
Pare decisamente “chiamato” dall’alto questo merlo e, con quell’atteggiamento attento, più capace di risposte di un sacco di umani. Romano alato, benvenuto a te.
Ammiro la rubrica, e vi assegno lo scettro. Ma, da lettrice non imparziale, mi viene da dire: da Regina. So come si chiama l’edificio, ma non ne vediamo che una facciata
Come no. La città parla chiaro e si schiera, dico io.
Spiare da una serratura ha qualcosa di intrigante e sexy. Le sbarre non mi fanno lo stesso effetto. Magari son gusti…
Ahahah. E che bella. Fatta di onde…A proposito. Al posto di “Navigatori”, nel riflesso, io che ho le traveggole, leggo popolo di “Tramatori”. Chissà che ne pensa l’Eterna Città
Ahahahah, la tombola, fantastica, Alessandro Mauro e Fabio Bedini. Non mi sarebbe mai venuta in mente, infatti ” dipende dal rapporto che hai con le feste”
Qui è quel che appare. In genere, per lasciarsi abbagliare da un barlume all’uscita, ci vuole parecchia, ma parecchia immaginazione.
Non so se è il naso adunco, ma certo non hanno facce che incoraggino ad avvicinarsi…pensare che per bere devi quasi baciarli: perché disegnarli così?
Quasi lo specchio di un camerino, pronti per entrare in scena nella città. Altra bella cartolina, Fabio Bedini e Alessandro Mauro.
Alla perfezione manca la gloriosa fabbrica della Birra Peroni, quella tradizionale…Ma si sa, è difficile trovare tutto ciò che ci piace riunito in un unico angolo di mondo
Fortuna che la cartolina si contempla da fermi. A me qua colpisce l’incrocio dei pali della luce a forma d’arco, o archetto per strumenti musicali…
Fa anche un po’ Medio Oriente e muezzin, ma in una città al centro del mondo deve trovare spazio per tutti e tutto.
Luci su ciò che fa spettacolo mentre nelle strade per tornare a casa si fatica a scansare le buche.
Infatti non riconosco. E resto intrigata invece dai tanti enigmi : l’ombra incappucciata, il disegno di un capro/satiro…Immagine sibillina, più esoterica che famigliare. Forse, come dicono, è tutto negli occhi di chi guarda.
Il raccoglimento e l’allegria del sole. Cosa volere di più? Grazie di offrirci i vostri “cantucci” Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Uscendo di casa, con tutta probabilità, chiunque incontri sarà più in alto o più in basso di te. Ah, ce ne stanno davvero poche di vite capaci di sfilarsi da questa brutta vecchia storia.
Di che umore sarà al ritorno, in cima alla scalinata? Si sentirà soddisfatto di sé e fisicatissimo? Lo meriterebbe.
Sarà casuale che la lacrima sia caduta sotto quella finestra? Chissà!
Battutaccia esistenziale: se un rigore assegnasse la vittoria al Caos, giuro, esulterei. Ma, visto che si parla di spazzatura e bellezza, che resti pulito e ordinato, senza rimpalli.
Al colpo d’occhio in prima pagina ho provato gran simpatia per la gru, nel suo quasi inchino obbligato. Una volta “dentro” la cartolina, il testo mi ha spiegato il perché del mio colpo di fulmine. E’ una sorella quella, altro che. Grandi e divertentissimi. L’ironia è la più intelligente delle intelligenze.
Meglio puntare sull’eternità; vedo solerti fraticelli pronti per il viatico, all’occorrenza. Del resto questa Città Eterna si chiama e tra poco compirà gli anni.
Ti resta negli occhi. Iridescente e inafferrabile com’è sempre e, in modo speciale, quando è vibrazione e riflesso…
Senza sapere che l’inquadratura appartiene alla Città Eterna, non stenterei a credere che l’aggregazione delle case tutt’attorno sia partita a spirale proprio da quel centro, da quel cortile della Rocca, da quell’ombelico tondo e cordiale.
Geometria? A colpo d’occhio quello per me è abbraccio intenso. Sarà che io vivo una città più negli incontri che nei panorami.
Ali? Droni targati Atac per il trasporto pubblico ? Entreranno in funzione prima della Metro C…
Applausi a testo e immagine di oggi. Scarso entusiasmo, invece, per il divieto di svolta a sinistra, dalla parte di quella libertà sospesa a un filo e di affacci segnati con dei cuori
Che bello quest’ometto che cammina a mezz’aria. Forse è scelta meno spericolata che attraversare sulle strisce. Scherzo. Però dacci una mano, città…sennò di questo passo resti sola.
Che il Cielo ascolti la vostra bella lettura. Abituata ai grandi strumenti a percussione del samba, a me quel primo piano ha ricordato invece “Tamburo di latta”. Di certo il futuro sarà dei piccioni che fin d’ora mangiano in testa al trionfatore.
De resto a Roma, come le colonne, cucina e cantina hanno tanta Storia da raccontare
Arte ubiqua e bi-oraria, si direbbe
No, non è perfetta. L’ombra ha una gran voglia di chiacchierare, si direbbe.
E se poi, come qui, chi guarda ha dimestichezza con l’invisibile, la bellezza trova, chissà, valore aggiunto.
Insegna spenta. Meno male, non c’è forno acceso e gente che ci lavora. Almeno a quest’ora. Gli edicolanti, invece, chiusi in certi gabbiotti con tetti di lamiera…
Ecco un desiderio impaziente che sarà esaudito a una data certa. Lieta eccezione. Daje a chi aspetta
Ahahah. Torreggerà eterno, pure lui.
Spiazza e commuove. Splendida cartolina.
Passerà, certo non da queste parti e non in bici. Roma non passa perché è eterna, noi no.
Ahahah. Oppure la spada era di cioccolata e se l’è divorata insieme al libro.
Dici? Prima del Creato ? La so abbastanza lunga per continuare.
Definitiva. Siete da applauso Fabio Bedini e Alessandro Mauro.
L’Eterna non si smentisce: qua anche la spazzatura è per sempre.
A distanze sempre maggiori. Ma la distanza dalla casa della nonna e dal quel sapore di buono è ormai troppa per i fili della città. Altri fili più sottili e amorosi magari ce la fanno a raggiungerla. La vostra immaginazione è tra questi.
Panchina al sole. L’ho appena lasciato a tenermi il posto. E’ il mio degno compare.
Forse perché là dentro non fanno fatica a riprendere sonno?
Che fatica tenersi dritti! Come la capisco, mi sento un po’ così anche io. Che mi sia trasformando in opera d’arte? Il vostro sguardo accende speranza, Fabio Bedini e Alessandro Mauro
Il fiore che non colsi…
La bellezza di Piazza Navona non lascia dubbi. Di fronte a tanti pinocchietti tra i souvenir ,invece qualche domanda…:)
Noi pedoni dureremo ancor meno a lungo, visto che continuano a sfrecciare sui marciapiedi. Non desidero un destino da colonna ma manco da birillo.
In giorni solenni come oggi, due, è appuntamento possibile con quelle care presenze che altrove ci hanno traslocato.
L’eroe pare abbracciato da una teca di cristallo come Biancaneve…eviterei di coglierlo alle spalle. In questi tempi guerrafondai e violenti avviciniamoci in punta di piedi, sempre. Se non invitata, io resto fuori.
Evviva l’ emisfero in cui non tutto è gelo.
Nuda e cruda ma per tenersi su non rinuncia a un ornamento e a una stampella di sostegno.
Sarà che tendo alla “decostruzione” ma è la Repubblica che vedo là in terra, tutta da rimettere insieme…Splendida ed emblematica piazza.
Uh che bella visione …la direi sacra famiglia affondata nel mare, come appare a un sub o a Nettuno, se non fosse proprio per quei ciuffetti, deterrenti per piccioni, visibili ormai su gran parte di tetti e terrazzi d’attico.
Tra i magnifici ci stanno pure i compagnetti di Biancaneve…magari, uno dei sette si è unito al viaggio organizzato in cerca di lei. Oppure è scappato dalla fiaba dove lo chiamano con un brutto nome e va in cerca di un Paese dove body shaming non si fa.
Eh già, e che bello se tutte quelle stelle che vedo abbandonate qua e là si riaccendessero, a cominciare dal vessillo dell’Europa.