Preside in piazza contro i suoi studenti che occupano
Singolare iniziativa della dirigente scolastica del liceo Virgilio a Roma: per protestare contro l’occupazione del proprio istituto da parte di una “esigua minoranza” porta a manifestare davanti alla Prefettura una ventina tra insegnanti, genitori e studenti. Il plauso di Valditara.
Quattordici insegnanti sul foglio presenze su cui in piazza si raccolgono le firme, 3 studentesse e, ci dicono, 3-4 genitori. La “manifestazione silenziosa” convocata dalla preside del liceo Virgilio, Isabella Palagi, in Piazza Santi Apostoli, davanti alla Prefettura di Roma, per rispondere all’occupazione del suo istituto, non è un successo. Un comunicato sottoscritto da 243 genitori già la sera prima definiva l’iniziativa “impropria”, perché “manifestare in una piazza abbandonando di fatto il luogo deputato in cui va esercitato il dialogo e cioè la scuola, non incontra la volontà e la disponibilità espressa, più volte e in diverse sedi, dai genitori di attivare un confronto costruttivo tra tutte le parti che costituiscono la comunità del Virgilio”. Inoltre, scrivono, “Non riteniamo che un sit-in organizzato con queste modalità e tempistiche rappresenti un reale strumento di dialogo e contribuisca dunque a generare valore”.
Una situazione paradossale, visto che una delle accuse mosse dalla preside agli studenti è di essere “un’esigua minoranza” che blocca l’attività didattica dell’intera scuola. Secondo il Collettivo del Virgilio, però, gli occupanti sono 400 e alla discussione che ha portato all’occupazione hanno partecipato circa 300 studenti: solo 2-3 si sono detti contrari, “uno dei quali però partecipa all’occupazione”.
Per la preside “la manifestazione non è stata convocata con l’idea di contarsi”, ma tra i presenti c’è chi ammette che una partecipazione così scarsa “è un problema” e chi, pur rivendicando l’iniziativa, ammette che alla fine il risultato è “fare pubblicità all’occupazione, di cui altrimenti non si sarebbe accorto nessuno”.
Già l’anno scorso il Virgilio era stato occupato e 548 studenti (su 1.043 dichiarati sul sito dell’Istituto) avevano rivendicato l’occupazione con un testo scritto. Di questi 286 “recidivi” avevano ricevuto un “atto di incolpazione” contenente tra l’altro un minuzioso elenco dei danni attribuiti loro (circa 11.000 euro, inclusi 7 euro per un “cavo hdmi rotto in aula video” e 5 per otto multiprese elettriche scomparse); oltre a una convocazione in un consiglio di disciplina in cui, dividendo i tempi per il numero dei convocati, ogni studente, insieme ai genitori, aveva in media 5 minuti per rispondere alle contestazioni.
Tra i pochi docenti presenti a Santi Apostoli c’è chi dichiara di essere lì “perché convocato dalla preside”, chi perché si tratta di una decisione presa dal collegio docenti (con una maggioranza “non larghissima”) e chi invece è convinto della bontà dell’iniziativa. Alcuni condividono le ragioni degli studenti, tra cui, oltre alla protesta contro il Decreto sicurezza, ci sono le condizioni di abbandono dell’edificio (nel 2017 ha ceduto un solaio) e il cantiere che da anni sottrae spazio alla scuola. Ma non sono d’accordo sul metodo e si sentono vittime dell’occupazione, che li costringe a “stare fuori dalla scuola al freddo”. Per altri le occupazioni ormai sono un rito e le motivazioni si ripetono uguali ogni anno. Qualche insegnante chiama in causa anche i genitori che difendono i figli e criticano la scuola, suscitando la reazione di uno dei pochi presenti, un padre che rivendica il diritto di critica se ritiene che la scuola sbagli. Mentre una rappresentante del Comitato Genitori Democratici, fondato nel 1976 dalla partigiana Marisa Musu e dallo scrittore Gianni Rodari, è venuta a esprimere dubbi sulla “contromanifestazione”.
Se la preside Palagi in piazza assicura di essere sempre stata aperta al dialogo, di aver sempre permesso agli studenti e al collettivo la possibilità di riunirsi nei locali scolastici (“l’ultima volta pochi giorni fa”) e di essersi resa disponibile per un periodo di “autogestione” su richiesta dagli studenti, questi ultimi ribattono che la “cogestione” avrebbe dovuto iniziare il 30 ottobre, ma è stata rimandata dalla preside a data da destinarsi. In un comunicato i ragazzi definiscono “infondata” la “retorica secondo cui gli occupanti si barricherebbero all’interno della scuola senza lasciar entrare il resto del personale”, rivendicando la “spontanea reazione di non cercare il dialogo con lei dal momento che dopo anni ogni tentativo di dialogo viene strumentalizzato per punire chi lo porta avanti”. “Non è possibile che gli studenti di una scuola abbiano timore di parlare con la propria dirigente” concludono. Un “clima di repressione” dentro le scuole di cui per gli occupanti il decreto sicurezza del governo Meloni è il corrispettivo all’esterno.
Rispetto ai docenti, scrivono nel comunicato, li invitano a partecipare all’assemblea convocata nel pomeriggio, spiegando che se non li hanno coinvolti prima è perché gli insegnanti “sembrano profondamente legati alla figura della Dirigente Scolastica”.
D’altra parte a chi chiede se è vero che qualche docente ha mandato un messaggio whatsapp ai suoi studenti per invitarli alla “manifestazione silenziosa” una professoressa risponde che “qualora fosse avvenuto” è una normale prassi comunicare via chat con gli allievi per attività scolastiche come le gite. Ma anche invitare gli studenti a manifestare contro altri studenti, soprattutto se a farlo è chi a fine anno decide se promuoverti, è “normale attività scolastica”?
Per il Collettivo la scelta, effettivamente singolare, di manifestare davanti alla Prefettura, è un atto della preside per “fare pressione per ottenere uno sgombero della nostra occupazione”. Isabella Palagi in piazza nega e spiega che avrebbe voluto manifestare davanti all’istituto, ma la Prefettura ha negato l’autorizzazione e dato indicazione di venire a manifestare sotto le proprie finestre (che sarebbe ancor più singolare).
La politica, infine, non poteva perdere l’occasione di portare un contributo costruttivo. “Il segnale che arriva dal liceo Virgilio, dove studenti, docenti e genitori hanno detto no ad azioni che privano la maggioranza degli alunni del diritto costituzionale allo studio, è di grande importanza civile ed educativa” ha scritto sulla sua pagina Fb il ministro dell’Istruzione Valditara (il giudizio dell’opposizione al momento non è pervenuto). La maggioranza di studenti, docenti e genitori in realtà stava da un’altra parte. Ma evidentemente nella scuola italiana le “esigue minoranze” non sono tutte uguali: ci sono “esigue minoranze”, che magari tanto esigue non sono, ma scandalizzano presidi e ministri, ed “esigue minoranze”, che si autocertificano come tali facendosi contare in favor di telecamere, che al contrario hanno il plauso del ministro.