“Tagli alle scuole, soldi alla guerra”
Voci dai cortei studenteschi a Roma, tra preoccupazioni per i problemi quotidiani (a partire dalle scuole che cadono a pezzi), rabbia per il ddl sicurezza e le ombre inquietanti di Gaza.
A Roma il 15 novembre, Giornata Internazionale dello Studente, hanno sfilato due cortei, uno organizzato dai principali sindacati studenteschi, l’altro dai collettivi autonomi di alcuni dei principali licei della Capitale. Cortei in cui peraltro slogan e rivendicazioni degli studenti sembrano suppergiù gli stessi, a partire dai tagli dei fondi per la scuola, mentre gli istituti cadono a pezzi e i rari lavori di manutenzione procedono con imperdonabile lentezza.
Al Talete, raccontano, “Siamo stati un mese senza palestra e c’è un passaggio che collega due ali della scuola che se ci stiamo in più di dieci rischia di crollare, senza contare i problemi di riscaldamento: in aula ci sono 12-13 gradi”. Sam Finardi, responsabile per la comunicazione della Rete della Conoscenza, conferma: “Succede in tutta Italia. In teoria le regole prevedono che al di sotto dei 18 gradi le lezioni vengano sospese, ma nessuno le applica”.
“Non abbiamo neanche un’aula dove organizzare un’assemblea tutti insieme, perché c’è il rischio che crolli il pavimento”, urla al megafono uno studente del Keplero e aggiunge che i problemi di agibilità e sicurezza mettono in forse anche la realizzazione dei progetti educativi di punta della sua scuola. Al Plinio, invece, “pochi giorni fa è caduto un mattone, per fortuna senza conseguenze”. Racconti che confermano quanto a settembre ha rivelato il rapporto di Cittadinanzattiva sullo stato delle scuole italiane ovvero che il Lazio è tra le regioni più disgraziate: 81,3% senza agibilità, 64,7% senza collaudo statico e 77,2% senza prevenzione antincendi.
Al liceo Teresa Gullace, scientifico e scienze umane, al Quadraro, periferia est di Roma, il tema della sicurezza assume contorni anche più inquietanti. Prima i lavori di adeguamento antisismico nella sede centrale, iniziati a giugno, che hanno costretto gli studenti a far lezione in mezzo alle polveri e al rumore: “Alcuni si sono sentiti male a causa delle polveri che respiravamo”. Poi il trasferimento in succursale con orari rivoluzionati e lezioni fino al tardo pomeriggio, perché gli spazi sono insufficienti per ospitare tutti. D’altra parte, osserva un gruppo di studentesse, i presidi ormai prendono tutte le iscrizioni possibili perché nell’attuale logica gli istituti sono in concorrenza tra loro e avere più alunni vuol dire anche avere più risorse a disposizione.
A metà ottobre, gli studenti decidono di occupare la scuola in segno di protesta, ma dopo pochi giorni abbandonano l’occupazione perché il servizio d’ordine non riesce impedire l’accesso di una trentina di “esterni” che entrano con la forza, e danneggiano la scuola. Vengono avvisate le forze dell’ordine, ma, denunciava il comunicato sulla pagina IG del Collettivo Gullace, nessuno interviene e così i danneggiamenti vanno avanti e le aule vengono addirittura date alle fiamme due volte in pochi giorni. Risultato: danni per due milioni, aule inagibili, 1.400 studenti in DAD, didattica a distanza, a tempo indeterminato. “Inizialmente ci hanno detto tre settimane, ma ora non sappiamo esattamente fino a quando durerà e noi”, raccontano alcune studentesse, “quest’anno abbiamo la maturità e siamo preoccupate per le conseguenze sulla nostra preparazione”. C’è chi punta il dito sugli occupanti, accusati di essersi fatti sfuggire la situazione di mano, ma più che a loro pare proprio la situazione sia sfuggita a chi avrebbe dovuto assicurare che i lavori non interferissero con le lezioni.
Se gli studenti “di base” sembrano più preoccupati dai problemi quotidiani, slogan e interventi al megafono sono più politici: “Siamo tutti antifascisti!”, il ddl Sicurezza, più citato del nuovo 5 in condotta, l’indignazione per il genocidio a Gaza, gli sfottò contro la polizia. “A differenza degli altri cortei noi collettivi autonomi oggi scendiamo in piazza in particolare contro il disegno di legge sicurezza”, spiega uno studente del collettivo del Virgilio, “perché è una minaccia al nostro diritto di manifestare e al dissenso ed è in totale opposizione ai diritti sanciti dalla Costituzione. Speriamo che serva a svegliare un po’ la gente, perché ce n’è molto bisogno”.
Il tema della guerra affiora soprattutto a proposito di Gaza e nella contraddizione tra le scuole che cadono a pezzi e “i soldi che per fabbricare carri armati e aerei da guerra si trovano sempre”. E la militarizzazione? Gli studenti mandati in alternanza scuola-lavoro in caserme e basi NATO? L’episodio denunciato da una studentessa genovese – agenti di polizia che insegnano ai suoi compagni di classe a usare il manganello contro un manichino di gomma – non vi spaventano? Non avete paura di essere indottrinati per essere pronti a combattere?
“Mi hanno colpito gli attacchi delle forze armate israeliane all’Unifil in Libano, dove c’erano anche dei soldati italiani e ho pensato che un giorno potrei esserci anch’io” risponde uno studente del Keplero. “Noi non percepiamo un’opera di indottrinamento da parte dei nostri insegnanti”, racconta un gruppo di studentesse del Plinio, “ma il problema è che a scuola non si parla abbastanza del mondo d’oggi”. “Io penso che oggi ci siano tutti gli strumenti per risolvere ogni controversia con la diplomazia, non con le guerre”, osserva una, “Vorrei votare per contare qualcosa, ma se potessi non saprei chi votare, perché non mi identifico con nessun partito”.
“Come sindacati studenteschi siamo preoccupati per il crescente utilizzo dei PCTO come strumento di militarizzazione della scuola, ma anche per i programmi di didattica che vedono la collaborazione tra scuole e aziende del settore militare, in particolare Leonardo”, aggiunge Sam Finardi. Fondazione Leonardo e Treccani Scuola di recente hanno lanciato Outreach, un progetto di supporto alle materie scientifiche. C’è una piattaforma su cui gli insegnanti possono trovare materiale didattico, ma la pagina IG della Fondazione (“Esploriamo il mondo STEM. Contenuti accattivanti, formativi e gratuiti per e nuove generazioni”) ai contenuti divulgativi per studenti (“Parliamo di matematica”) unisce anche interventi della Società Italiana di Intelligence e di altri centri di studi strategici su argomenti che con la scienza hanno poco a che fare (“l’importanza di controllare i fondali marini dove corrono i cavi per le telecomunicazioni”).
La stagione delle occupazioni potrebbe fornire a un numero di studenti più elevato di quelli in piazza venerdì l’occasione per confrontarsi più a fondo con questi temi. Resta il fatto che, come ci hanno detto alcuni studenti, l’attualità dovrebbe essere oggetto di dibattito nelle aule anche nel corso dell’ordinaria attività scolastica. Forse questo ai loro occhi renderebbe anche meno necessario occupare la propria scuola.