Perché Roma in bici non è un’utopia
Roma, secondo i tanti detti popolari, non è mai stata una città ciclabile. I motivi che spingono, ora e sempre, a questa perentoria affermazione perentoria sono vari: le salite – tante, molte più dei Sette Colli -, il caos veicolare, l’assenza di piste ciclabili, i possibili furti (ma quelli ci sono ovunque) .
Al massimo, la Capitale era considerata una città molto parzialmente ciclabile solo la domenica, lungo la riva destra del Tevere nei 30 km che uniscono Saxa Rubra (Raccordo Anulare nord) a Mezzocammino (Raccordo Anulare sud). Una ciclabile storica che attraversa tutto il centro di Roma lungo l’argine del Tevere (salvo i periodi sempre più rari delle piene) e che ormai ha circa 25 anni. Altri brevi tronconi in quegli anni si ricordano a Via Cicerone, e Viale Angelico.
Questa vocazione domenicale è sempre molto praticata. A Ponte Milvio la domenica sembra essere alla partenza del giro d’Italia, una situazione caciarona e vivace, ottimo luogo di incontro per ciclisti anche per i numerosi bistrot e bar che giustificano una sosta. L’ampliamento di questi ultimi anni della rete ciclabile ha aperto un varco nelle opzioni dei normali fruitori cominciando a creare un movimento virtuoso di ciclisti che utilizzano la bici non solo nel week end ma tutti i giorni, anche per lavoro. Non sono venute meno alcune delle ragioni ostative iniziali, ma diciamo che qualcosa è cambiato sia grazie alla tecnologia, sia grazie ad una minore inerzia delle amministrazioni cittadine che hanno cominciato a progettare una rete ciclabile ancora molto discutibile ma sicuramente decisiva per un cambio di indirizzo.
Riguardo alla tecnologia, lo scatto in avanti è stato quello delle bici assistite (e qui non entro nei dettagli tecnici). Il poter finalmente affrontare una città collinare come Roma con minor fatica ma comunque pedalando, dove quasi ogni trasferimento è segnato da una salita anche ripida, è stato nell’ultimo decennio un balzo notevole verso una fruibilità maggiore della bicicletta da parte di tutti. Roma è pianeggiante in pochi posti (salvo in parte del centro storico, dove si vedono tante belle signore eleganti che fanno shopping) ma è impensabile in altri casi arrivare al lavoro sudati e col fiatone.
Molti comunque non si convertono alla bici assistita, ed è ben giusto che lo facciano, affidandosi alle loro capacità atletiche e alla capacità di smanettare col cambio (con le cosiddette bici muscolari); ritengo che ognuno sia libero di scegliere l’opzione giusta magari fra due bici in garage a seconda del percorso da fare e forse anche dell’età…
La ciclabilità attuale
Riguardo alla diversa attenzione della municipalità nei confronti della bici negli ultimi anni, forse complice anche la pandemia – almeno a Roma – vi è stato un fiorire di piste ciclabili per tutti i gusti e per tutte le critiche (già prevedibili, forse giuste, ma a volte forse anche preconcette) con una rete ciclabile di circa 330 km, inclusi i tratti di verde e sterrati nei parchi non ufficialmente classificabili come ciclabili. Il recentissimo libro di Josè Carcione “Roma in Bici” – un museo all’aperto – per le Edizioni “Il Lupo” le passa in rassegna tutte o quasi, creando connessioni fra tratti brevi e tratti lunghi con una grande attenzione anche alla storia di Roma ma soprattutto alle curiosità “minori” che offrono un nuovo modo di fruire della bici.
Non solo lavoro, non solo pedalata distratta e veloce, ma pedalata “assistita” dal piacere di soffermarsi scoprendo qualcosa che a Roma non finisce mai di sbalordire (da qui la seconda parte del titolo).
Parlavamo della rete ciclabile attuale che ha fatto un balzo enorme negli ultimi tre anni, creando connessioni intelligenti e “astute” per chi è curioso e sa accorgersi di questa nuova potenzialità, ma anche “sconnessioni” discutibili su tratti incompleti o “disegnati” senza alcuna manutenzione.
Un tasto dolente purtroppo che ogni amministrazione si trova ad affrontare (magari!) perché realizzare e tagliare il nastro con l’assessore e il sindaco vale visibilità e consenso – ma con le ciclabili non è mai detto -mentre conservare e curare è solo fatica e soldi che in termini elettorali pagano meno. La cura dell’esistente è la vera rivoluzione copernicana di una Capitale gentile e in questo caso lo sarebbe con i ciclisti; ma questo discorso vale per tutto quello che attiene alle nostre città.
Esistono dunque ciclabili protette e ben pensate e altre ciclabili disegnate e verniciate tra il marciapiede e le auto in sosta. Sicuramente le seconde, se non rinfrescate col pennello, tendono a scomparire e ad essere un alibi per alcuni automobilisti che “non vedono” le ciclabili e ci parcheggiano sopra o le vivono come un ostacolo alla viabilità (riduzione di carreggiata). Tali ciclabili oltre che “rinfrescate” andrebbero protette con cordoli (anche quelli purtroppo si distruggono causa automobilisti “distratti”). Un caso fra tutti? Tolleranza di controllori distratti o amichevole appoggio verso la ben nota attività commerciale? Si parla del primo tratto di un’importante via di Talenti, di fronte al celebrato negozio di alimentari e bar, perennemente invaso da auto a pettine di frequentatori “distratti”.
I nuovi progetti
L’amministrazione attuale ha in progetto 54 nuovi km di ciclabili, ma soprattutto punta su un evento “storico” della massima “visibilità politica e giubilare”: portare una ciclabile a San Pietro sfruttando una vecchia ferrovia abbandonata, nell’ultimo tratto pedalabile, nei pressi di Monte Ciocci, dove oggi il percorso si interrompe provenendo dal Santa Maria della Pietà (zona Trionfale). Una delle più belle ciclopedonali pensate a realizzate a Roma. Anche qui il comitato del parco è in agitazione perché propone un percorso alternativo alle prime ripide curve in discesa. Ma, secondo le parole dell’Assessore alla Mobilità Eugenio Patané, altre ciclabili criticabili (Gregorio VII, Via Pineta Sacchetti, primo tratto della Tuscolana, Viale Jonio, Prenestina….) possono essere migliorate e riqualificate per la loro caratterizzazione di ciclabili spesso interrotte, scolorite, e alla fine trascurate dagli stessi ciclisti.
In realtà, ciclisti ce ne passano e le percorrono ma spesso tali percorsi, nemmeno si vedono e forse nemmeno si conoscono finendo per alimentare il dubbio che i ciclisti a Roma o sono eroici o pochi e quindi non vale la pena impegnarsi più di tanto. Naturalmente stiamo trattando un argomento massimamente divisivo tra automobilisti e ciclisti come se gli uni non fossero a volte gli altri e viceversa.
Forse il vero problema è conoscere le ciclabili già esistenti, e credo che gli stessi ciclisti a volte le ignorino o non sappiano riconvertire il loro percorso giornaliero con un po’ di creatività e vivace connessione. Sicuramente è vero che altre bretelle sono assenti e andrebbero suggerite non come un fatto privato di necessità personale ma per una logica rete ciclabile.
Vi sono strade recentissimamente riqualificate con una carreggiata da 50 metri come Via Tiburtina, che non prevede una ciclovia che invece si connetterebbe benissimo all’ottima ciclabile sulla Via Palmiro Togliatti, consentendo un asse di penetrazione importante verso il centro.
O strade con marciapiedi ampissimi che potrebbero essere utilizzati con duplice scopo come Via dei Colli Portuensi per connettersi a Villa Pamphilj. Per non parlare di un collegamento fra Basilica San Paolo e Ostiense, dove vi sono tratti marciapiede su Lungotevere San Paolo di 10 metri di larghezza dove si vede un pedone ogni 15 minuti. Solo per fare tre esempi, ma ce ne sarebbero tanti altri non per il gusto di fare, tanto per fare, ma per il piacere di vedere delle connessioni logiche per una sempre migliore città ripensata per questo tipo di mobilità.
Su questo tema molte associazioni storiche sono molto attive nei “tavoli di confronto” con l’amministrazione anche e soprattutto sul tema della sicurezza e delle proposte ragionate per una rete ciclabile sempre più articolata.
Nuova mobilità
Si sta parlando quindi di una città ciclabile con una visione tutta tesa non alla ludicità domenicale ma a una diversa concezione dello spazio attivo quotidiano. Spesso questo è un patrimonio soltanto di quei neo immigrati con le sacche della new economy mangereccia che trasportano tristemente e faticosamente di giorno ma soprattutto al buio, senza luci o giubbetti fosforescenti (colpevolmente), cibi riscaldati e ben agitati ai richiedenti serali e seriali.
Ma la bici è per sua natura non solo impegni quotidiani o spostamenti di lavoro ma anche divertimento, verde, parchi, natura, silenzi. E qui ci viene in aiuto una città straordinaria, la più verde d’Europa che da anni sta progettando il GRAB, il Grande Raccordo Anulare delle Bici, un progetto partecipato per la realizzazione di un anello di circa 50 km che unisce ciclovie esistenti e parchi cittadini. Una grande fatica realizzativa dovuta alla burocrazia, agli ostacoli e interrogativi posti da associazioni a tutela del verde e dell’ambiente, dove tutto non si riesce a consacrare in un progetto definitivo, ma vive perfettamente nel sommerso; ogni ciclista con una certa padronanza di bici e conoscenza della città lo pratica senza quell’ufficializzazione doverosa per renderlo più conosciuto e frequentato anche ai neofiti delle due ruote.
Così la bicicletta diventerebbe anche viaggio, conoscenza, scoperta del territorio, una pedalata nella bellezza e nella fantasia come lo è oggi la Regina Ciclarum (con 10 km di sterrato che unisce la parte sud della ciclabile da Mezzocammino a Fiumicino riannodandosi alla ciclabile da Parco Leonardo in poi. Per non parlare della assente, per ora, connessione con Ostia e la sua bellissima ciclovia sul lungomare fino al trenino Roma – Ostia capolinea Cristoforo Colombo. Volete una cifra? 80 km quasi tutti ciclabili dalla Flaminia (Saxa Rubra) a Ostia. Ognuno può sceglierne un pezzo e sfruttare i trenini di collegamento: Roma – Parco Leonardo e Roma – Ostia e perfino le metro. Basta saperlo ed avere determinate accortezze nelle ore di punta (con qualche limitazione in alcune stazioni metro). Se è vero che le metro sono molto affollate e salire con la bici non risulta sempre agevole e gradito agli altri occupanti, non dimentichiamo i vari trenini che intersecano la città quasi sempre poco affollati e poco conosciuti (vedi mio precedente articolo).
Insomma si tratta di pedalare, quando si può, perché si dice che “i ciclisti non sono mai tristi”, (vedi “La felicità in bicicletta” di Stefano Pivato, Il Mulino) con gioia, accortezza ed etica e forse di questo parleremo in una prossima occasione dove altre forme di mobilità cittadine emergono ed ognuno ha regole da rispettare per la serena, allegra, piacevole e sicura convivenza.
[Le foto sono di Carlo Coronati]