Regionali: dagli amici mi guardi Iddio

Mentre le elezioni nel Lazio si avvicinano, la campagna di Francesco Rocca, il candidato di Fdi, Forza Italia e Lega dato per vincente nei sondaggi, sembra avvitarsi attorno alla vicenda del suo rapporto con la droga, quand’era ventenne, e soprattutto della ruggine familiare.

È una strana campagna elettorale, quella del Lazio. Più che di programmi politici, si parla infatti soprattutto degli antichi trascorsi giudiziari e delle relazioni familiari di un candidato, Francesco Rocca, l’ex presidente della Croce Rossa scelto da Fratelli d’Italia come frontman della coalizione di destracentro. Che nei sondaggi, comunque, rimane saldamente in testa, come indica anche una rilevazione commissionata dall’agenzia di stampa Dire in questi giorni.

Che Rocca – 57 anni, cresciuto a Ostia, dal liceo attivista del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile dell’Msi – fosse stato arrestato e condannato per droga quando aveva una ventina d’anni, era cosa nota. Ma la ricostruzione che il candidato ha fatto di quel periodo non è piaciuta al fratello minore Alessandro, anche lui vicino alla destra, che ne ha scritto su Facebook e poi ne ha parlato in un’intervista a Luca Telese. Mentre Francesco Rocca dice di aver spacciato stupefacenti quando era tossicodipendente, in un momento di difficoltà per la malattia terminale della madre; Alessandro dice che invece il fratello non si drogava affatto, e che decise di spacciare per “debolezza e avidità”. E aggiunge: “Se ti candidi a governare la cosa pubblica devi essere onesto, prima di tutto con te stesso”.

Quali erano fin qui i rapporti tra i due fratelli? Non lo sappiamo. Però questa vicenda, a prescindere da quale sia la verità, sembra perlomeno aver riportato alla luce una serie di tensioni familiari.

In un altro Paese magari la questione assumerebbe una rilevanza politica, perché dire una bugia sul proprio passato – ammesso che sia il caso di Rocca, ovviamente – è considerato un fatto grave, per un candidato o un amministratore. Da noi, invece, è difficile che accada qualcosa. Un po’ perché è una storia di quasi quarant’anni fa, un po’ perché siamo spesso disposti a chiudere un occhio, soprattutto quando si parla di famiglia, e anche a essere più comprensivi coi nostri candidati rispetto ai candidati degli altri.
Indubbiamente, poi, il percorso successivo di Rocca racconta una storia di riscatto personale: studia tra carcere e arresti domiciliari, si laurea, rappresenta immigrati e lavora per la Caritas, difende pentiti di mafia, etc, fino ad arrivare agli incarichi in Croce Rossa. 

Ma in assenza di un confronto politico e sui programmi, come dicevamo, se la campagna elettorale si trasforma in una puntata di “C’è posta per te”, il problema principale per la candidatura di Rocca può diventare proprio la questione delle sue relazioni, familiari e non. Ora, per esempio, è spuntata anche la vicenda di Stefano Bandecchi, patron dell’Università Unicusano e della Ternana Calcio (e anche, per la cronaca, coordinatore del partitino di Angelino Alfano, Alternativa Popolare), che secondo i media è accusato di dichiarazione fiscale infedele in una inchiesta sulla gestione dell’ateneo. Bandecchi – che rigetta le accuse – dice di aver finanziato Rocca con 60.000 euro di fondi personali. E aggiunge anche – ma non fa nomi – di aver dato soldi a esponenti politici dell’opposizione, e in particolare parla del M5s.

Alle elezioni mancano ormai poche settimane. Difficile dunque che Francesco Rocca riesca nell’impresa di dilapidare tutto il vantaggio che la destracentro ha sul centrosinistra (nel Lazio, negli ultimi anni, i due schieramenti sono stati alla pari). Però, nel suo caso, forse vale la pena di citare il proverbio “Dagli amici mi guardi Iddio, dai nemici mi guardo io”.

[La foto del titolo è stata diffusa con licenza creative commons su Flickr.com dal Meeting di Rimini]

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