La creatività romantica di Daniela Gambino

Una recensione veloce e affettiva di “Due Fuori Luogo”, il nuovo romanzo della scrittrice palermitana pubblicato da Jack Edizioni. Due personaggi che restano in testa, anche nella loro difficoltà, nella loro paura, nel sostenere un sentimento.

 

La premessa, è che non sono imparziale. Conosco Daniela Gambino da oltre 20 anni, la considero un’amica, anche se ci siamo visti davvero poco, da quando è tornata a vivere a Palermo. Non soltanto. Ho letto quasi tutti i suoi libri. E ho avuto un ruolo, minimissimo, nel suo ultimo romanzo, “Due fuori luogo” (Jack Edizioni), quando non aveva ancora questo titolo, ma si chiamava “Trilogia del paradiso. Storie di terroni a Milano” e non aveva neanche un editore: ho letto le prime versioni e ho collaborato a scrivere un soggetto, perché secondo Daniela, e anche secondo me, si prestava a essere un film. Lo “vedevo” tutto il tempo in testa, mentre lo leggevo (e non è un caso che in una recensione uscita giorni fa si parli di “una narrazione cinematografica”). Poi il soggetto si è perso da qualche parte, ma sono convinto che l’idea di una trasposizione cinematografica resti valida.

In questi anni, Daniela ha scritto di tutto, dai comunicati stampa ai saggi passando per articoli di giornale e sul web, guide, racconti, romanzi, podcast (e Dio sa cos’altro). Vive per la scrittura, e di quello in sostanza campa. 

Mi sorprendo, ogni tanto, che non sia più nota, ma è vero che in un mondo editoriale così frastagliato, con così tanti titoli e sempre troppo pochi lettori, dove conta necessariamente parecchio la capacità promozionale (come del resto ovunque), è complicato. 

Anche se spesso si dice che è in giovane età che si fanno (e si scrivono) le cose migliori, più importanti, più originali, etc, gli anni hanno avuto su Daniela e la sua scrittura un influsso estremamente positivo. Sui temi trattati, sui personaggi, sullo stile. Ed è così per “Due fuori luogo”, i cui personaggi sono assolutamente vivi.

Nadia, palermitana, di mestiere è una creativa, lavora a Milano, in una agenzia di comunicazione, per sviluppare le sue campagne pubblicitarie. Sente che sta invecchiando e soffre la competizione. lavora per Nando perché ha perso una socia e amica (si è fatta una storia con il marito). Si fa di psicofarmaci scientemente, smezzando pilloline e pasticche. Giuseppe, catanese, è uno dei capoccia di una web company milanese, è un programmatore, conta una sfilza di master in Italia e all’estero, ex nerd, ex hacker, mette a punto algoritmi predittivi e lancia start up, usa la cocaina da decenni ma non si riconosce nella definizione di tossico. Forse soffre di un disturbo dello spettro autistico, non lo sappiamo e lui non vuole saperlo. L’incontro tra i due è casuale, ma la storia si trascina per anni, tra prendi e lascia, ed è contrastata, complicata, soprattutto per la difficoltà di entrambi a capire se sono in grado di sostenere un sentimento. Perché è difficile, non soltanto per loro due, ma anche per tutti noi. Ci vuole sempre un certo fegato, soprattutto per fermarsi a pensare a quello che si vive.

Insomma, quello di Daniela Gambino è un libro da leggere, anche se magari è più difficile trovarlo, perché è pubblicato da una giovane casa editrice e l’edizione Kindle è disponibile soltanto per l’abbonamento unlimited di Amazon. 

[Una foto recente di Daniela Gambino, dalla sua pagina Facebook]

 

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