Tanaquilla, la regina segreta
Ci sono nomi che tutti conoscono a memoria, come quelli dei sette re di Roma, nomi che c’insegnano già a scuola. Ce ne sono altri, forse ancora più importanti, che invece non ottengono altrettanta fortuna, come è il caso di Tanaquilla, regina ed eminenza grigia di Roma per lunghi decenni, tra il settimo e il sesto secolo avanti Cristo.
D’altronde, la cultura romana, come anche quella greca, attribuiva alle donne un ruolo secondario, dimesso, escluso dalla vita pubblica e, perciò, ammettere l’importanza di una donna nelle vicende politiche della città, in un momento determinante per i futuri successi dell’Urbe, era qualcosa che ai romani non faceva certo piacere.
Se questo spiega perché il nome di Tanaquilla venne presto dimenticato, le sue origini etrusche spiegano invece perché lei sia potuta essere così importante, visto che nel mondo etrusco vigeva un regime di parità fra uomini e donne, caso davvero unico nel mondo antico. Tra gli etruschi le donne potevano guidare i cocchi, assistere agli spettacoli, partecipare ai banchetti, bere vino, e contribuire alla vita politica, tutte cose vietate alle loro omologhe romane o greche.
Tanaquil e Lucumone
Nel settimo secolo avanti Cristo, nella città etrusca di Tarquinia, viveva un ricco mercante di origini greche. Era nato a Corinto e si chiamava Demarato. Suo figlio Lucumone, si era innamorato di una ragazza colta e intelligente, chiamata Tanaquil – nome che sarà poi romanizzato in Tanaquilla – una donna molto esperta nella divinazione del futuro.
Alla morte di Demarato, Lucumone ereditò il suo ingentissimo patrimonio e tutto lasciava presupporre che sarebbe diventato un uomo assai importante a Tarquinia. Gli etruschi, però, non lo vedevano di buon occhio, considerandolo uno straniero, per le sue origini greche. Come ci racconta Tito Livio nella sua storia “Ab Urbe Condita”, Tanaquilla consigliò allora al suo uomo di andare a cercare fortuna fuori dai confini dell’Etruria.
I due scesero verso sud e, superato il lago di Bolsena, arrivarono a Roma, città guidata in quel momento dal re Anco Marzio. Fuori le porte della città, nei pressi del Gianicolo, un’aquila rubò il copricapo di Lucumone. Poi, dopo aver fatto vari giri nel cielo, riposò il cappello sulla testa dell’uomo. Tanaquilla, che sapeva leggere il volo degli uccelli, capì che quello era il segno di un destino glorioso che li attendeva nell’Urbe.
Lucumone diventa Tarquinio Prisco
Quando la coppia giunse a Roma, Lucumone fu ben presto ribattezzato da tutti Tarquinio, data la sua provenienza. Successivamente alla sua morte, a quel nome sarebbe stato aggiunto anche l’appellativo di Prisco, cioè il primo, per distinguerlo dal successivo Tarquinio il Superbo.
In città, Tarquinio e Tanaquilla si fecero notare per le loro qualità e la loro generosità, tanto che Anco Marzio volle conoscerli e, una volta divenuto loro amico, prima nominò Tarquinio tra i suoi consiglieri, poi decise di dare loro un onore ancora maggiore, adottando Tarquinio e affidando alla coppia il compito di proteggere i propri figli.
È alla morte di quel re che Tanaquilla ebbe il suo primo colpo di genio, determinante per la scalata al potere, organizzando un efficace stratagemma che avrebbe cambiato il destino di Roma. Furono organizzati dei giochi fuori città e una battuta di caccia, alla quale vennero inviati tutti i figli di Anco Marzio. A quel punto, coi principali concorrenti lontani da Roma, Tarquinio ebbe gioco facile e riuscì a farsi eleggere re dal popolo romano, in quanto unico figlio di Anco Marzio presente in città.
Se formalmente il re era Tarquinio, nei fatti, però, la vera guida di Roma era affidata proprio a lei, a Tanaquilla, alle cui arti divinatorie il marito credeva ciecamente. Era lei, ogni volta, a decidere se dichiarare o non dichiarare una guerra, a decidere come indirizzare la politica e l’economia della città, in base a quanto suggerito dai segni divini, col marito nelle vesti di disciplinato esecutore dei suoi suggerimenti.
L’adozione di Servio Tullio
Il regno di Tarquinio fu prospero e durò oltre trent’anni, dal 616 al 579 a.C. Durante questo periodo la coppia regale adottò un ragazzo, Tullio, un ex servitore – da cui l’appellativo di Servio – probabilmente figlio della schiava Ocresia. Tullio sposò anche una delle figlie di Tanaquilla e Tarquinio, rafforzando così il loro legame familiare.
La leggenda vuole che, quando Tullio era ancora infante, i suoi capelli presero fuoco. I servitori corsero a salvarlo, ma Tanaquilla li fermò, dicendo che quel fuoco si sarebbe spento da solo, dimostrando in tal modo il fulgido destino che avrebbe avuto quel bambino. Così avvenne, fra lo stupore generale.
Intanto, anche se erano passati degli anni, i figli di Anco Marzio non avevano ancora dimenticato e men che mai perdonato l’affronto subito da parte di Tarquinio e Tanaquilla, quello stratagemma con il quale erano stati estromessi dal potere. Per questo, nel 579 avanti Cristo, organizzarono una congiura che portò all’omicidio di Tarquinio.
Servio Tullio diventa re
Ancora una volta Tanaquilla ebbe un colpo di genio, che avrebbe permesso a lei e alla sua famiglia di restare al potere. Informò il popolo romano dell’accaduto, ma nascondendo la morte del re, dicendo invece che egli era rimasto solo ferito e che nel frattempo Servio Tullio ne sarebbe stato il reggente.
Tanaquilla diede quindi modo al suo figlio adottivo di presentarsi come il successore spontaneamente designato da Tarquinio e solo diversi giorni dopo, una volta visto che i romani accettavano di buon grado Servio Tullio come loro re, venne comunicata la morte del vecchio sovrano.
“Alla morte di Tarquinio Prisco, grazie agli sforzi della regina – scrisse Tito Livio – Servio fu posto sul trono al posto del re, come se fosse una misura non definitiva, ma conservò il regno conquistato con l’inganno con tanta abilità, che sembrava lo avesse ottenuto in modo legittimo”.
Tanaquilla, l’eminenza grigia
Servio Tullio, presentato inizialmente ai romani come semplice reggente provvisorio, resterà alla guida di Roma per oltre quarant’anni, fino al 535 a.C. Con il proprio figlio adottivo al potere, Tanaquilla mantenne così, fino alla propria morte, quel ruolo di eminenza grigia, di consigliera segreta, che già aveva avuto durante gli anni di regno del marito.
Fu un ruolo che, come detto, le porterà in seguito una forte disapprovazione nella memoria dei romani. Così come le donne etrusche, per via della loro parità di diritti, saranno spesso equiparate a delle prostitute nelle cronache romane e greche, così Tanaquilla verrà definita da Giovenale una “strega” fredda e cospiratrice.
Verità? Leggenda? Quanto c’è di reale nei racconti e quanto di mitico? E fu davvero una sorta di Rasputin, come disse Giovenale, o fu solo un’abile politica? Pur dovendo fare la tara per gran parte di ciò che viene raccontato su di lei, resta l’impressione che Tanaquilla fu la donna che più di ogni altra ebbe un forte peso politico, come mai più sarebbe accaduto nella storia plurimillenaria di Roma.