Ammazzate oh!
È sicuramente un’espressione molto usata a Roma e che ha diverse varianti. C’è la più semplice: Ammazza! Oppure: Ammazzete! O anche: Ammazza oh! O: Ammazzelo! Oppure ancora: Ammazzetelo! O per finire: Ammazzate oh!
Quest’ultima espressione divenne particolarmente nota in tutta Italia nel 1973, quando il cantautore Luciano Rossi ne fece il titolo di una sua fortunata canzone: “Nun te smove ‘na cannonata, hai detto basta e te ne sei annata… Ammazzate oh”.
L’interiezione esprime sorpresa per una situazione esagerata o inattesa. Non è tuttavia chiaro quali possano esserne le origini semantiche, l’etimologia. Chi ammazza chi? In che senso? E perché?
Intuitivamente verrebbe da pensare che la cosa sia così esagerata o inattesa che, dopo di essa, ci si può solo attendere la fine del mondo, ci si può dunque anche ammazzare, è finita, non c’è altro da fare.
C’è chi dice che l’espressione abbia un’origine militare, una sorta di ordine: Ammazza! Cioè un esplicito incitamento ad uccidere, a reagire in maniera decisa, incitamento che nel tempo è diventata un’interiezione dal senso ironico.
Senso ironico che c’è anche in un’altra espressione simile, usata dal Belli nel suo sonetto “Er cardinale bbono” e anch’essa entrata nel lessico popolare: “Ammazz’ammazza so tutt’una razza”, dove però ammazz’ammazza sta per stringi stringi.
A confermare la derivazione da una vera esortazione ad uccidere, sono gli esempi più antichi, nei quali l’espressione è riferita sempre a persone di cui si disapprova il comportamento, tanto che può essere letta come sviluppo di un invito ad ammazzarle sul serio.
Ben presto, però, l’espressione è passata a esprimere meraviglia e anche ammirazione e il termine ha smesso di essere un verbo, divenendo un’esclamazione.
In questo senso, cioè con l’uso che ha tutt’ora, si trova per la prima volta in forma scritta nel racconto “Un mortorio a Roma”, del 1884, dove il protagonista dice: “Ammazzelo si pesa!” riferendosi a un cadavere, che quindi ovviamente non può essere ammazzato.
A dare il definitivo successo all’interiezione ci penserà poi Pier Paolo Pasolini, che la utilizzerà spesso nei suoi romanzi, a partire da “Ragazzi di vita”: “Ammazza quanto so’ gajardi”.