La scopata della Farnesina
La villa Farnesina, a via della Lungara, è indubbiamente una delle meraviglie di Roma. Certamente meno nota della cappella Sistina, ma con un impatto sullo spettatore quasi paragonabile, grazie agli splendidi affreschi rinascimentali che la decorano.
Ad accogliere subito il visitatore è la loggia di Amore e Psiche, situata nel piano terreno e illuminata da cinque ampie vetrate. La decorazione della loggia fu commissionata a Raffaello e alla sua bottega dal ricco banchiere e mercante Agostino Chigi, il proprietario della villa.
I lavori furono iniziati intorno al 1518. Si narra che fu proprio per il fatto di recarsi a lavorare nella villa di via della Lungara che Raffaello ebbe occasione di conoscere la famosa Fornarina – la figlia di un fornaio di Trastevere – e d’innamorarsi di lei.
Raffaello decide di dedicare la loggia raffigurando episodi ispirati all’Asino d’oro di Apuleio, soprattutto alla favola di Amore e Psiche, molto amata nel Rinascimento e usata spesso per immagini di argomento nuziale.
La loggia serviva da palcoscenico per le feste e le rappresentazioni teatrali organizzate dal proprietario. Per dare un carattere festoso e spettacolare all’ambiente, Raffaello scelse di trasformare la volta della Loggia d’ingresso in una pergola, come se i pergolati e i padiglioni del giardino si fossero prolungati all’interno della Villa in ricchi festoni.
Una volta disegnato il progetto di massima, Raffaello affidò l’esecuzione degli affreschi agli allievi della sua bottega, tra cui Giovan Francesco Penni, Giulio Romano e Giovanni da Udine, autore, in particolare, dell’esuberante trionfo dei festoni di fiori e frutta.
Ed è proprio a quest’ultimo che si deve un curioso particolare quasi nascosto fra quei festoni: tra mele, pere, pesche, grappoli d’uva, funghi, cetrioli e melograni, compare una zucca di notevoli dimensioni che penetra un fico.
È un dettaglio che si trova sopra la figura di Mercurio che, secondo il racconto di Apuleio, era stato inviato sulla terra da Venere a cercare Psiche, la donna amata dal figlio Eros. La mano del messaggero degli Dei sembra quasi indicarlo.
La forma dell’ortaggio è esplicitamente fallica e il fico penetrato è esplicitamente un organo sessuale femminile. L’insieme non può che ricordare l’atto sessuale. Se ne accorse anche Giorgio Vasari, che nel 1568, parlando di Giovanni da Udine, sottolinea questo dettaglio:
“Sopra la figura d’un Mercurio che vola ha finto per Priapo una zucca, attraversata da vilucchi, che ha per testicoli due petroniani, e vicino al fiore di quella ha finto una ciocca di fichi brogiotti grossi dentro a uno dei quali, aperto e troppo fatto, entra la punta della zucca col fiore; il quale capriccio è espresso con tanta grazia, che non si può alcuno imaginare”.
Già per Vasari, dunque, non vi erano dubbi: la zucca era Priapo, la divinità pagana, spesso rappresentata con un enorme fallo. Un simbolo perfetto sia per una loggia – poiché Priapo, divinità della fertilità, poteva essere associato all’abbondanza e alla rigogliosità dei giardini – sia come omaggio per la paternità del proprietario Agostino Chigi, da poco verificatasi.
È probabile che proprio la celebrazione della fertilità e del matrimonio fosse il tema portante della decorazione, Se dalla prima moglie, morta nel 1508, Agostino Chigi non aveva avuto figli, Francesca Odescalchi gli aveva invece dato il primogenito maschio Lorenzo Leone, battezzato nel 1518esattamente l’anno in cui partirono i lavori di decorazione della loggia.
Dunque, letta in questa ottica, questa esplicita allusione sessuale all’interno della decorazione della Farnesina, poteva risultare tutt’altro che fuori luogo. Questo dettaglio erotico, burlesco e colto allo stesso tempo, oltra a rappresentare un simbolo del piacere in tutte le sue forme, diveniva, contemporaneamente, un importante auspicio di prosperità per la famiglia Chigi.