Sex in the Urbe – 1
Alle prostitute romane sono legate, da secoli, numerose leggende. Si dice che siano state proprio loro a salvare Roma durante la calata dei Lanzichenecchi, offrendosi in cambio della fine dei saccheggi. Sempre loro ebbero un ruolo di primo piano nei giorni drammatici della Repubblica Romana, che difendettero strenuamente mentre i francesi cannoneggiavano la città.
Tra le tante leggende sulle prostitute di Roma, c’è da annoverare anche quella che vuole che il termine popolare “mignotta” derivi da “matris ignota”, la dicitura apposta sui registri anagrafici nei riguardi dei neonati abbandonati, una scritta spesso abbreviata in “m.ignota”.
Alcuni studi recenti dicono che forse non andò così e che la parola “mignotta” abbia radici molto più nobili. Pare che derivi dall’antico termine franco provenzale “mignotte”, inteso come ragazze gradevoli, giovani predilette. A testimoniare, dunque, un rapporto positivo fra Roma e le sue prostitute. Un rapporto positivo spesso confermato dalla storia.
La prostituzione nell’antica Roma
L’attività della prostituzione nella Roma antica era considerata legale, codificata e sottoposta a regolare tassazione. Le prostitute dovevano registrarsi presso un apposito ufficio, dando il proprio nome, l’età, il luogo di nascita e lo pseudonimo sotto il quale intendevano esercitare.
L’attività si svolgeva poi sia nelle case private che nei bordelli, i cosiddetti “lupanari”, chiamati così dal soprannome di “lupa” che veniva spesso affibbiato alle prostitute. Altro soprannome comune era quello di “rufa”, cioè dai capelli rossi – per via delle parrucche rosse spesso indossate dalle meretrici – da cui è poi derivato il termine “ruffiano”.
I “magnaccia” – attività svolta sia da uomini che da donne – erano anche definiti “lenoni”, dal nome della leggendaria Lena, una famosa tenutaria di lupanare, nome poi passato a indicare l’intera categoria. Anche l’attività di “protettore e protettrice” era considerata legittima, dunque sottoposta anch’essa a precise norme e a una regolare tassazione.
Spesso anche i negozi, le taverne e i thermopolia, cioè i bar dell’epoca, avevano stanze in cui era possibile avere incontri erotici a pagamento, soprattutto quelli di zone popolari come la Suburra. Altri luoghi d’incontro, erano poi gli archi esterni dei circhi, chiamati tecnicamente “fornici”, parola da cui deriva il nostro verbo “fornicare”, cioè avere un rapporto sessuale.
Esattamente come avviene oggi, la prostituzione dell’antica Roma era sia maschile che femminile, sebbene in prevalenza femminile e sia “low cost” che di “alto bordo”. Se è vero che molte prostitute erano schiave o ex schiave – le cosiddette “liberte” – è altresì vero che, né più né meno come oggi, la professione potesse essere svolta anche da donne di un più alto rango sociale.
Così come non era rara, soprattutto per quelle prostitute che frequentavano un giro di uomini benestanti, la possibilità di arricchirsi rapidamente e poter così fare una rapida scalata sociale. Si dice, ad esempio, che la fortuna economica e politica di Silla, sia stata dovuta proprio alla cospicua eredità lasciatagli da una prostituta sua amica.