Se mi sbaglio mi corigerete!
“Annuntio vobis gaudium magnum, habemus papam!” Il cardinale protodiacono Pericle Felici si è appena affacciato alla finestra per pronunciare le parole di rito, dopo la fumata bianca che ha già fatto capire a tutti che c’è un nuovo papa. È il 16 ottobre 1978. È sera. Roma e il mondo sono ancora scossi per la fulminea morte di Albino Luciani, quel papa amatissimo rimasto in carica solo pochi giorni. L’attesa e la curiosità per capire chi lo sostituirà, è davvero molto alta.
Dopo pochi istanti, il protodiacono riprende a parlare: “Eminentissimum ac reverendissimum dominum… Dominum Carolum… Sanctae romanae ecclesiae cardinalem…”. È a questo punto che arriva una delle pause più dense della storia plurimillenaria della chiesa. Il protocollo imporrebbe ora a Pericle Felici di annunciare il cognome del futuro pontefice. La folla è in trepidazione. Quel mezzo secondo di attesa sembra un’eternità: “…cardinalem… Woitiua!” Lo pronuncia proprio così: “Woitiua”.
In piazza San Pietro è il gelo. Che nome è Woitiua? Chi è? Nessun vaticanista aveva indicato, nei giorni precedenti, questo nome fra i papabili. E quell’iua finale fa pensare proprio a un africano. A qualcuno corre un brivido lungo la schiena. Che sia il famigerato “papa nero” della profezia di Malachia? Quello che annuncia la fine della chiesa e la fine del mondo?
“No, no, è polacco! È polacco!” grida un prelato un po’ più informato, mescolato fra la folla della piazza e ripreso dalle telecamere, nel difficile tentativo di rassicurare tutti. “È polacco?!” C’è diffidenza e incredulità. La Polonia è un paese sconosciuto, periferico, disperso nelle nebbie, al di là della cortina di ferro. E poi se proprio avessero voluto scegliere un polacco, avrebbero eletto il potente cardinale Wyszynski, mica questo sconosciuto dal nome africano.
Passano minuti interminabili. La piazza è col fiato sospeso. Quando ecco che, finalmente, esce fuori alla finestra un uomo vestito di bianco, con al collo una stola porpora e oro. È relativamente giovane, rispetto a chi lo ha preceduto nel ruolo. È di carnagione bianca, ha i capelli che sembrano biondi, anche se fortemente venati di grigio. Molti tirano un sospiro di sollievo: la profezia di Malachia può attendere ancora un po’.
“Sia lodato Gesù Cristo!” Esordisce così quell’uomo, con queste esatte parole nella nostra lingua madre. A quel punto, anche per molti altri fedeli presenti, la tensione si allenta: sa parlare italiano! E lo parla anche relativamente bene per essere straniero: “Carissimi fratelli e sorelle – prosegue – siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro amatissimo papa Giovanni Paolo. Ed ecco che gli eminentissimi cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un paese lontano…”
Per Karol Wojtyla – questa la vera grafia del suo cognome – è iniziata già quella “operazione simpatia” nei confronti dei fedeli di Roma, che lo avrebbe portato anni dopo a dichiarare: “Semo romani! Damose da fa!”. Ed è iniziata con una carica umana e un’efficacia comunicativa di livello altissimo, che sarà poi il segno distintivo di tutto il suo lungo pontificato.
Poi ecco che arriva la vera chicca del suo primo discorso ai fedeli: prima una correzione molto opportuna, poi un inciampo involontario, oggi divenuto leggendario e proverbiale, all’epoca del tutto fortuito, casuale, ma che un bravo sceneggiatore avrebbe sicuramente messo nel copione, se avesse deciso di rendere ancora più simpatico questo straniero, agli occhi dei romani diffidenti.
Il nuovo papa sta proseguendo a parlare: “Non so se posso bene spiegarmi nella vostra… – fa una breve pausa, poi trova subito la geniale idea per modificare efficacemente la frase – …la nostra lingua italiana!” Sarebbe già così un trionfo. Quel “nostra”, voluto e rimarcato, scatena un grande applauso spontaneo e liberatorio di tutta la piazza. Ma il papa prosegue, per mettere a segno il colpo finale e decisivo: “E se mi sbaglio… se mi sbaglio mi corigerete!” È l’apoteosi.
Nasce così, in un discorso di pochi minuti, fatto in una sera di ottobre, non solo la storia di uno dei pontificati più importanti degli ultimi secoli, ma anche la leggenda di quel papa polacco capace di smuovere folle oceaniche, di risollevare la chiesa, di ridarle centralità, dopo anni di declino e di crisi. La leggenda di un papa “Santo subito!”.