Roma brucia
Del fatto che Nerone quasi certamente non sia responsabile dell’incendio di Roma e che, anzi, si prodigò per spegnerlo, gli storici sono concordi da ormai quasi cinquecento anni. Eppure, l’immagine di Nerone piromane sanguinario che bruciò Roma, continua imperterrita a venire tramandata, di generazione in generazione.
La vicenda di Nerone e dell’incendio, è forse uno die più fulgidi esempi di come una “fake news” possa avere una forza tale da rimanere scolpita nell’immaginario collettivo, anche dopo secoli di smentite, magari pure suffragate da documenti inoppugnabili.
L’idea di un Nerone piromane è tanto inossidabile quanto antichissima. Tra i primi a parlare di lui come dell’autore del grande incendio che distrusse Roma nel 64 dopo Cristo, fu infatti Svetonio, lo storico romano che, nel libro sesto delle sue “Vite dei Cesari”, lo accusò apertamente del misfatto.
Il motivo, a suo dire, nasceva dal patologico estetismo dell’imperatore. Nerone non considerava Roma all’altezza dei suoi canoni di bellezza e per lui era necessario intervenire drasticamente, effettuando un cambiamento urbanistico, dopo aver spazzato via tutto il vecchio.
Peccato però che Svetonio fosse nato nel 69 dopo Cristo, cioè cinque anni dopo i fatti che egli narrava. Peccato anche che il suo libro sia stato scritto intorno al 120 dopo Cristo, cioè oltre cinquant’anni dopo l’incendio e con l’obiettivo d’ingraziarsi il Senato di Roma, che di Nerone era stato fiero oppositore.
Un po’ più credibile, perciò, risulta essere la cronaca di Tacito, che perlomeno all’epoca dell’incendio era già nato, per quanto anche Tacito abbia redatto le sue “Historiae” solo intorno al 110 dopo Cristo, quindi decenni dopo gli avvenimenti.
Nonostante Tacito fosse un acerrimo nemico della politica neroniana, del fatto che Nerone abbia bruciato Roma, egli non parla. Segno che forse davvero l’imperatore era innocente rispetto alle accuse che qualcuno gli aveva già mosso.
Ma chi è che aveva avuto interesse a mettere in giro quelle accuse, quelle voci false e negative sul suo conto? Innanzi tutto i senatori romani. Nerone aveva inaugurato una politica che, usando concetti di oggi, potremmo definire “di sinistra”, visto che aveva avviato un tentativo di eliminare via via tutti i privilegi di senatori e patrizi.
Una politica di Nerone che potremmo definire anche molto “populista”, in cui lui, nelle vesti di “Lider Maximo” si rivolgeva direttamente al popolo, azzerando tutti i livelli intermedi, come quello, per l’appunto, del Senato, o quello delle famiglie patrizie della città.
Ovvio, dunque, che patrizi e senatori abbiano tentato fin da subito di screditarlo in ogni modo per bloccare i suoi progetti politici. Queste due categorie trovarono poi anche un alleato inatteso: i cristiani, malvisti dalla maggioranza dei romani, quindi perseguitati da Nerone e perciò desiderosi di una rivincita su di lui.
Fu così che, soprattutto dal momento in cui i cristiani smisero di essere perseguitati – e rapidamente diventarono la religione ufficiale dell’impero – ogni notizia che potesse far fare una brutta figura a quel “cattivo” persecutore di Nerone, venne amplificata a dismisura. A partire dall’immagine di un Nerone col cerino in mano.
Per millecinquecento anni, dunque, la bufala di un Nerone piromane fu ripetuta in ogni dove. Finché, solo nel 1560, in pieno Rinascimento, lo scrittore e storico Gerolamo Cardano, non pubblicò il suo “Elogio di Nerone”, che ne cominciò a dimostrare l’assoluta innocenza.
Da allora, tutti gli storici concordano nel dire che Nerone sia stato totalmente estraneo ai fatti. Tanto più che, nel momento in cui l’incendio scoppiò, egli era ad Anzio e che, venuto a conoscenza della cosa, si precipitò nella capitale per prestare aiuto, aprendo anche la sua casa privata per dare ricovero agli sfollati.
Ma anziché riabilitare la figura dell’imperatore, la sua immagine popolare si è solo trasformata in quella di una sorta di ridicolo pazzoide, che comunque bruciò la città. Dalla leggenda nera di un feroce persecutore, Nerone si è straformato in una sorta di macchietta, interpretata da comici come Ettore Petrolini o Alberto Sordi.
Spesso, insomma, le bufale, una volta mandate in giro, sono così resistenti da non crollare mai, neanche di fronte all’autorevolezza di storici e studiosi. Per Nerone è andata così e, ormai, occorre farcene una ragione.