Il listone della spesa
“Führer, ho riunito stamani i capi di Stato Maggiore dell’Esercito, della Marina, dell’Aviazione, presenti il ministro Ciano e quello delle Comunicazioni, ed ecco il minimo che occorre alle Forze Armate italiane per sostenere una guerra…”
Inizia così la lettera che Benito Mussolini invia il 26 agosto 1939 al suo collega tedesco Adolf Hitler, una lettera che passerà alla storia come il “listone della spesa” o la “lista del molibdeno”. Inizia così anche un farsesco e disperato tentativo di sfilare l’Italia da quel “Patto d’acciaio” siglato con la Germania appena tre mesi prima, il 22 maggio di quell’anno, evitando l’entrata in guerra.
È una storia squisitamente italiana quella del “listone della spesa”. Una vicenda che pare quasi inventata, tanto risulta grottesca e ridicola, come se fosse uscita dalla sceneggiatura di un film di Steno, di Monicelli, o dei fratelli Vanzina. Una vicenda capace di dare l’unico tocco d’involontaria comicità a un’immane tragedia come quella della seconda guerra mondiale.
Mussolini alla scrivania di Palazzo Venezia
L’idea di trovare un escamotage per aggirare gli impegni del recente patto italo-tedesco, salvando però la faccia ai fascisti, comincia a balenare a Galeazzo Ciano pochi giorni prima. È la metà di agosto. In qualità di ministro degli esteri, Ciano è in visita a Salisburgo. Lì è presente anche il suo omologo tedesco Von Ribbentrop, che gli confida in gran segreto la decisione nazista d’invadere la Polonia entro fine mese.
A Ciano prende quasi un colpo. Sa bene che l’esercito e l’economia italiana sono allo stremo, spremuti dalle recenti guerre sostenute in Spagna e in Etiopia. Sono guerre che hanno lasciato il paese al lumicino, al limite delle forze militari e finanziarie. Sa però anche di avere firmato egli stesso e da pochissimo tempo, un trattato di alleanza con la Germania, che obbliga l’Italia a intervenire al fianco di Hitler, in caso di guerra.
Rientrato in Italia, Ciano presenta la situazione a Mussolini. Cominciano così alcuni giorni d’intensa fibrillazione per trovare un sistema per uscire dal cul de sac in cui l’Italia si veniva a trovare. Si potrebbe platealmente stracciare il Patto d’acciaio, portando l’Italia a ribaltare le alleanze come già aveva fatto nel 1914? Si potrebbe. Ma che figura ci farebbe il paese? E che fine farebbe tutta la propaganda bellicista del fascismo?
Galeazzo Ciano con il ministro degli esteri tedesco Joachim Von Ribbentrop
Ecco allora che, lenta e inesorabile, nelle alte sfere del governo fascista, si fa spazio l’idea di provvedere a sfilarsi dal patto, attraverso la più italica delle furbate: un no decisivo, che però risulti in apparenza un sì convinto, facendo così ricadere la responsabilità della decisione su Hitler stesso. È con questo obiettivo che comincia a spuntare l’idea del “listone”.
D’altronde, confidare all’alleato germanico che le recenti guerre italiane hanno prosciugato le finanze e le energie, quello si può, non è un segreto per nessuno e non farebbe fare brutta figura al paese. Dunque, visto che la guerra è la Germania a scatenarla, l’Italia ha il diritto di chiedere ai tedeschi un piccolo aiuto industriale ed economico per entrare in armi al suo fianco.
A quel punto, però, basterebbe solo esagerare un po’, calcare leggermente la mano, chiedere qualcosa in più di ciò che la Germania avrebbe davvero la possibilità di dare all’Italia e il gioco è fatto: Hitler si troverebbe costretto ad accettare l’evidenza, volente o nolente, a dire di no. L’Italia resterebbe fuori dalla guerra e, ufficialmente, non per propria scelta, ma per responsabilità tedesca.
Mussolini, Hitler e Ciano
Dunque ecco qui la soluzione: chiedere ai tedeschi una montagna di cose, cose per noi assolutamente “indispensabili” data la nostra condizione, talmente tante che i tedeschi non potranno mai darcele. Eccola la trovata, al tempo stesso cialtrona e furbissima, che permetterebbe ai fascisti di uscirne “puliti” e “leali” agli occhi del mondo.
Il 26 agosto, dunque, Mussolini riunisce a Palazzo Venezia tutto lo stato maggiore dell’esercito, oltre al genero e ministro degli esteri Ciano. Il loro compito è stilare una lista di aiuti economici da sottoporre agli alleati germanici, per permettere all’Italia di risollevarsi economicamente ed affrontare la guerra in condizioni dignitose. Nello stilare quella lista: “nessun criminoso ottimismo!” si intima ai presenti. In altre parole: andateci giù pesante!
Così, ecco che tutti si mettono all’opera per stilare il “listone della spesa”. L’elenco che ne viene fuori è il seguente: due milioni di tonnellate d’acciaio, sei milioni di tonnellate di carbone, sette milioni di tonnellate di petrolio, rame, legno, stagno, essenza di trementina, piombo, tungsteno, sali potassici, nichelio, gomma, zirconio, titanio… un insieme di materiali in quantità tale da superare di gran lunga l’intera produzione annua tedesca.
Un video musicale ispirato alle vicende del “listone della spesa”
A fare da chicca – finendo così per suggerire l’altro nome con cui la lista passerà alla storia – anche seicento tonnellate di molibdeno, un minerale necessario alla realizzazione di leghe metalliche resistenti, richiesto in una misura spropositata, che equivaleva a circa il doppio dell’intera produzione mondiale dell’epoca.
La lista viene immediatamente trasmessa all’ambasciatore italiano a Berlino, Bernardo Attolico, con l’ordine di recapitarla a Von Ribbentrop, che ne porterà a conoscenza il Fuhrer. Letta la lista, Hitler è ovviamente costretto a declinare la richiesta: “L’ambasciatore Attolico, in base ad istruzioni orali, mi ha comunicato che tutto il materiale dovrebbe trovarsi in Italia prima dell’inizio delle ostilità. Questo, Duce, non può essere risolto né dal punto di vista organizzativo né da quello dei trasporti…”
Lo scopo italiano era dunque stato raggiunto. Da parte tedesca, nonostante cominciasse a farsi strada il sospetto che dietro quella lista ci fosse un inganno, il tono del Fuhrer nel rispondere al Duce, appariva comunque disteso e comprensivo, con ampie rassicurazioni a Mussolini sul fatto che, data la situazione, non avrebbe certo considerato questo mancato intervento italiano al suo fianco, come un tradimento.
La famosa scena della sfuriata di Hitler nel film “La caduta”
Numerose fonti, però, raccontano di una reazione privata di Hitler molto diversa da quella ufficiale, con un Fuhrer deluso, inviperito, rancoroso contro l’Italia, considerato un paese d’inaffidabili codardi, al punto da avere una violentissima sfuriata davanti ai suoi collaboratori, molto simile a quella poi resa famosa da una notissima scena del film “La caduta” con Bruno Ganz.
Pochi giorni dopo, anche se con una settimana di ritardo rispetto ai piani iniziali – ritardo forse dovuto proprio al mancato intervento italiano – Hitler invaderà comunque la Polonia, dando avvio a una guerra devastante.
L’Italia, grazie alla sua machiavellica e cialtronesca furbizia e a una ridicola e gonfiatissima “lista della spesa”, era riuscita a restarne fuori. Peccato però che, nemmeno un anno dopo – nonostante la situazione militare ed economica italiana non fosse affatto migliorata – Mussolini avrebbe cambiato idea, gettandoci in una delle più grandi tragedie della nostra storia.