L’audace tunnel dei soliti ignoti

Come siano andate davvero le cose ancora non è chiaro. Tutto è al vaglio degli inquirenti che stanno analizzando gli elementi a disposizione e le testimonianze. Però, alzi la mano chi, saputo dello strano caso del tunnel realizzato ma crollato in via Innocenzo XI, proprio vicino a una banca, non ha provato un briciolo di simpatia per i maldestri artefici di quell’impresa.

Per chi fosse stato distratto e non abbia seguito la cosa, si tratta di una vicenda singolare che ha per protagonisti quattro strani personaggi – anche se si sospetta che vi siano altri complici – due romani e due napoletani, che, per ragioni ancora da chiarire, hanno cominciato a scavare un tunnel nella zona di via Gregorio VII.

Per disgrazia, quel tunnel è improvvisamente crollato, intrappolando uno dei quattro – poi liberato dai vigili del fuoco dopo alcune ore – costringendo gli altri complici a chiamare i soccorsi. La vicinanza con alcune banche e un centro scommesse, ha lasciato il sospetto che quel tunnel in realtà volesse arrivare all’interno di quegli istituti di credito, ma che il lavoro maldestro dei quattro abbia impedito di portare a termine il progetto criminale.

È a quel punto che, penso non ci sia stato italiano che non abbia immaginato quei quattro nelle vesti dei simpatici e cialtroneschi “Soliti ignoti” di Mario Monicelli. Uno col braccio ingessato e il volto di Marcello Mastroianni. L’altro abbigliato da “Peppe er Pantera”, che parla un po’ balbettando e ha il viso di Vittorio Gassman. E un terzo col baffetto e i capelli impomatati, proprio come “Ferribotte”.

Infine c’è lui, il malcapitato finito incastrato durante i lavori di scavo, abbigliato in modo “sportivo” come Capannelle e come lui voglioso di consolarsi, magari mangiando un buon piatto di pasta e fagioli dopo il fallimento del colpo: “Datemi da bere e una bella sigaretta” pare abbia esclamato, una volta liberato dai soccorritori.

E, ovviamente, tutti abbiamo anche pensato che quella banda non sia al completo, che ci siano altri complici, magari “poveri ma belli” come Renato Salvatori e che, su qualche terrazza condominiale della periferia romana, il capo banda, l’ideatore di tutto, stia fischiettando e ostentando indifferenza, mentre “lavicchia” e stende i panni al sole, proprio come faceva Totò.

Insomma, ci voleva proprio quella banda di cialtroni, in questi strani giorni d’agosto, per dimenticare le ansie per il futuro e le preoccupazioni, le crisi di governo, le guerre, le pandemie e ritrovare quello spirito di una volta, di una Roma d’antan, truffaldina ma “de core”, povera e solidale, una Roma in bianco e nero, che s’arrabatta per campare e, in fondo, sa già che non porterà mai a buon fine i propri machiavellici piani di riscatto.

Io non lo so se quei quattro volessero o no svaligiare una banca. Al momento non lo sa nessuno. Ma comunque sia e qualunque cosa si scoprirà sul loro conto, fosse anche la peggiore, io mi sento di ringraziarli di cuore quei quattro. Perché, per un attimo, hanno riportato in vita l’atmosfera e le immagini di quella Roma che, in fondo, tutti ancora amiamo, la Roma “de ‘na vorta”, la Roma davvero “de noantri”.

E dunque, il vero audacissimo colpo di quella strana banda – questo sì andato perfettamente a segno – è quello di averci riportati tutti a un momento di simpatia, di calore umano, di solidarietà spontanea e immotivata, verso la città e verso i nostri simili, fossero anche dei rapinatori, portandoci a sorridere per quella fatalità e quella cialtroneria che, in fondo, è la fatalità e la cialtroneria che c’è nella vita di tutti noi e nello spirito della nostra città.

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