Nun c’è trippa pe’ gatti
Ernesto Nathan è universalmente riconosciuto come uno dei migliori sindaci della storia di Roma. Eppure, se fosse vera la leggenda che lo associa a uno dei più famosi motti romaneschi – “nun c’è trippa pe’ gatti” – fosse sindaco oggi, Nathan sarebbe costretto alle dimissioni immediate, per via dello scandalo che procurerebbe e delle relative, violente proteste, che riceverebbe da parte degli animalisti e delle gattare romane.
Nathan e il bilancio di Roma
Pare infatti che, una volta divenuto il primo cittadino della Capitale, una delle prime attività a cui si dedicò, fu quella di controllare il piano finanziario della città, eliminando eventuali sprechi. Nathan notò una strana spesa che era riportata sotto la voce “frattaglie per gatti”.
In pratica, il Comune pagava il cibo alle colonie feline che vivevano intorno al Campidoglio. Questo perché i gatti erano preziosi, davano infatti la caccia ai topi, evitando che questi ultimi rosicchiassero i documenti degli archivi.
Nathan, venuto a conoscenza di tale spesa, decise di annullarla, annunciando che, da allora in poi, i gatti avrebbero dovuto procurarsi il cibo da soli. A chi protestò per questa decisione, il sindaco rispose che, in tal modo, quei gatti sarebbero stati più affamati e feroci e dunque più efficaci nella caccia ai topi che rosicchiavano gli archivi.
Pare poi che lui – o forse qualche suo funzionario – una volta cancellata quella voce di spesa, con un tratto di penna, aggiunse anche, scritte a mano di suo pugno, le parole: “Non c’è trippa per gatti”, da cui ebbe origine il famoso modo di dire.
Realtà storica? Semplice leggenda? Resta il fatto che quell’espressione idiomatica ha avuto subito un grande successo e che, ancora oggi, a Roma, quando le risorse scarseggiano, la trippa e i gatti vengono sempre tirati in ballo.
Che poi Ernesto Nathan, di tutto questo, non sia il vero responsabile e che l’aneddoto sia solo una simpatica invenzione di qualche suo detrattore, resta un dubbio pienamente legittimo.