Roma Uber Taxi

Da qualche giorno, a Roma, chi volesse prenotare un taxi della cooperativa romana 3570 può farlo anche attraverso la piattaforma on line Uber. Dopo anni di scontri e di proteste si è arrivati a un accordo fra il colosso americano e la principale sigla dei taxi romani. Una buona notizia? Apparentemente sì. Apparentemente.

Sarà che sono un appassionato di storia, ma questa notizia – fatte, ovviamente, le debite proporzioni – mi ha subito fatto tornare alla mente un vecchio e famosissimo accordo fra ex acerrimi nemici, altrettanto sorprendente e inatteso. Un accordo formalmente “di pace”, ma che di fatto scatenò una guerra, gravida di conseguenze: il patto Molotov-Ribbentrop.

Per chi non lo sapesse, si tratta dell’alleanza che fu stretta nel 1939 fra gli irriducibili nemici nazisti e comunisti. Un’alleanza che, alla fine, durò pochissimo e che risultò controproducente per tutti. Per Hitler che, sentendosi spalleggiato dai russi, non ebbe più remore a invadere la Polonia, provocando così una guerra mondiale che fu anche la sua stessa rovina. Per Stalin, che sperava con quel patto di avere protetto l’Urss da un’invasione tedesca, ma che si ritrovò ben presto i panzer nazisti sul suolo russo a bombardare le sue città, nonostante gli accordi firmati.

Quell’alleanza innaturale fra ex nemici, dunque, fu estremamente negativa per il mondo e per gli stessi contraenti. Oltre a durare solo lo spazio di un sospiro. Un precedente storico poco incoraggiante, quindi. Per fortuna, nel caso attuale, non c’è certo nessun rischio di vedere spuntare panzer e stukas. Lo scontro fra Uber e 3570 è tutto e solo economico, per avere una posizione privilegiata nel business del trasporto, anche se la guerra che contrappone la piattaforma on line e i tassisti romani è da anni senza esclusione di colpi.

Le origini dello scontro

La guerra ha radici lontane e non riguarda solo Roma, anche se Roma, per il suo ruolo di Capitale e per la sua forte vocazione turistica, che la rende un mercato importantissimo per il servizio taxi, è il terreno in cui si muovono i maggiori interessi e in cui la lotta si concentra maggiormente, acquisendo anche una maggiore animosità.

Un primo scontro violento si ebbe già nel 2008. Non c’era ancora Uber, allora, però si profilava una forte contrapposizione fra tassisti e autisti di NCC – il noleggio con conducente – percepiti come concorrenti sleali che, attraverso vari escamotage, fornivano ai clienti lo stesso tipo di servizio rispetto ai taxi, però aggirando le norme che regolano il settore.

Per evitare questo, una legge del 1992 aveva fissato dei paletti piuttosto rigidi per gli NCC, obbligandoli, fra l’altro, a rientrare in rimessa dopo ogni servizio ed evitando, dunque, una concorrenza diretta e sleale su strada con i taxi. Ma a quella legge non erano poi seguiti tutti i necessari decreti attuativi per renderla operativa, lasciandola, di fatto, lettera morta.

Per questo i taxi scesero in sciopero e invasero Roma, bloccando per alcuni giorni la città. I decreti attuativi furono approvati poi nel 2019, salvo venire ben presto bocciati dalla Corte Costituzionale, lasciando lo sconto fra taxi e NCC del tutto irrisolto. Nel frattempo, a complicare ulteriormente le cose, nel 2013 era arrivata Uber.

Uber è una piattaforma on line, che permette di prenotare un taxi o un NCC dal proprio telefonino. Per sua natura il servizio azzera quelle garanzie e quei privilegi che i tassisti formalmente hanno rispetto agli NCC e alle altre forme di servizio analogo. Garanzie e privilegi dovuti anche al numero chiuso di licenze taxi esistenti a Roma. Un sistema di tutele – irrinunciabili, vista dalla prospettiva dei tassisti – che la nuova formula di prenotazioni on line andava a scardinare dalla radice.

Le rivelazioni del “Guardian” e il DDL Concorrenza

In questo panorama, già potenzialmente esplosivo, a fare da detonatore per lo scoppio di una nuova violenta protesta dei tassisti, hanno provveduto, a estate inoltrata, due elementi nuovi, uno di carattere nazionale e uno addirittura internazionale.

Infatti, mentre i tassisti continuavano a mediare col governo per provare ad aumentare le tutele a cui sottoporre la categoria – messa a rischio dalla concorrenza di NCC e delle piattaforme informatiche – la prestigiosa rivista britannica “The Guardian”, all’inizio di luglio, pubblicava i cosiddetti “Uber files”, cioè delle conversazioni e dei fascicoli che dimostravano l’esistenza di forti pressioni da parte di Uber, fatte nei confronti di diversi governi europei – incluso il nostro – per favorire il colosso americano, a discapito delle legislazioni “protezioniste” in essere.

In Italia, intanto, veniva approvato il cosiddetto DDL Concorrenza, il cui articolo 10 richiedeva “l’adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web… la promozione della concorrenza anche in sede di conferimento delle licenze…”

Apriti cielo! Per le associazioni e i sindacati di categoria, questo decreto era una sorta di resa senza condizioni a Uber, un annullamento di fatto del numero chiuso per i taxi e un azzeramento del valore delle licenze. In realtà questo tipo d’interpretazione delle cose va un po’ al di là della lettera di quell’articolo del decreto, ma tant’è: la miccia per fare esplodere una nuova protesta dei tassisti era innescata.

Il costo delle licenze a Roma

Tra i motivi della nuova ondata di rabbia scoppiata a metà luglio, dunque, uno dei principali nodi è quello relativo alle licenze. Proprio a causa del numero chiuso, infatti, una licenza da tassista a Roma, ha attualmente un costo assai rilevante, quantificabile mediamente intorno ai centomila e fino ai duecentomila euro.

Un esborso che viene poi ammortizzato nel tempo, anche grazie alle tutele di cui i tassisti finora hanno goduto per legge, rispetto alle varie forme di concorrenza. Tutele che però sono ora minacciate, per le ragioni prima esposte.

La nuova situazione, perciò, comporta il rischio di una svalutazione progressiva e inesorabile del valore di una licenza taxi. Se questa può essere una buona notizia per chi volesse intraprendere ora o nel prossimo futuro l’attività di tassista, è invece una notizia pessima e che non può che suscitare rabbia in chi quei centomila, oppure centocinquantamila euro, li ha già pagati, magari da poco tempo, e non vede ora la possibilità concreta di ammortizzarli o di rivendere la licenza per lo stesso importo.

L’accordo fra Uber e 3570

In questo quadro d’insieme, un po’ a sorpresa, si è però innescato l’accordo siglato tra Uber, la cooperativa 3570, altre associazioni di categoria e l’app dei tassisti ItTaxi. In base al nuovo accordo, da alcuni giorni, i servizi della principale rete dei tassisti romani possono essere prenotati anche tramite l’app di Uber. Una collaborazione che ricalca quella già in essere in altre città europee e americane, fra il colosso informatico e i tassisti locali.

Dunque, gli ex nemici irriducibili si sono ora trasformati sorprendentemente e rapidissimamente in alleati. Ci sarebbe decisamente di che gioire. Eppure, molti tassisti restano fortemente scettici, se non decisamente ostili, rispetto a questa novità. C’è, infatti, da parte loro, la sensazione che si tratti solo di una mossa politica per disinnescare le proteste, a cui non seguirà nessun vantaggio per la categoria, poiché Uber non avrebbe alcun interesse reale ad aiutare i tassisti.

La sensazione è che queste obiezioni, più che nascere da qualche concreta norma dell’accordo – magari ritenuta poco convincente – partano da una diffidenza preconcetta, preesistente, dal sospetto che quello che da sempre per i tassisti è “il diavolo”, cioè Uber, non possa stringere accordi con la categoria, se non per strangolarla in un abbraccio mortale. Insomma, detta in altre parole, sembra un po’ una sorta di processo alle intenzioni.

La tregua

Resta il fatto che il combinato composto fra questo accordo e alcuni passi indietro fatti dal governo in merito al DDL Concorrenza, hanno per ora stoppato le proteste dei tassisti romani, messe in atto per diversi giorni a partire dalla metà di luglio.

Tutto lascia pensare, però, che si tratti solo di una tregua temporanea e non di una vera pace. Una tregua figlia di una serie di accordi tampone, che spostano un po’ più in là nel tempo un nuovo scoppio di proteste e di malumori della categoria.

Nessuno dei punti cardine, infatti – dalla questione licenze a quella liberalizzazioni, dall’attuazione concreta dei vincoli per gli NCC alle nuove dinamiche che l’informatizzazione dei servizi vanno a creare – è stato risolto in modo chiaro e definitivo.

Forse è solo questione di tempo, ma aspettiamoci, prima o poi, un nuovo massiccio arrivo di taxi a bloccare il centro di Roma, per scatenare una nuova grande protesta. Per le prossime settimane il rischio è comunque scongiurato. Per i prossimi mesi, chissà.

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