Litio di Roma
C’è chi lo chiama il petrolio del nuovo millennio, chi il moderno oro bianco. Parliamo del litio, un minerale oggi indispensabile per la realizzazione di batterie per telefoni e per altra strumentazione tecnica. Non solo. Il litio è da tempo usato anche in medicina, per la realizzazione di antidepressivi, come ben sanno i fan dei Nirvana, il gruppo indie che, negli anni novanta, intitolò proprio “Lithium” uno dei suoi più grandi successi.
Il testo di quel brano, parlava, in forma poetica e metaforica, degli effetti del litio sulla psiche: “I’m so happy ‘cause today I found my friends…” Sono così felice, perché oggi ho trovato i miei amici…
Ora, in una vasta zona a nord di Roma, pare si stia scatenando una “corsa al litio”, degna della vecchia corsa all’oro, che a fine ottocento attraversò il leggendario Klondike di Zio Paperone. Da alcune indagini conoscitive, pare infatti si sia verificata un’alta concentrazione di litio in diversi territori laziali e si stanno, pertanto, cominciando a chiedere i permessi indispensabili per effettuare delle indagini più approfondite e procedere poi all’estrazione del minerale.
L’area interessata è decisamente molto ampia e ad essere coinvolti sono diversi comuni a nord della Capitale, oltre a Roma stessa. Tra le zone in cui pare riscontrarsi la maggiore concentrazione di litio, c’è Cesano, la frazione di Galeria, Anguillara Sabazia, la Valle del Baccano. Sono zone in cui già una cinquantina di anni fa, tra gli anni settanta e ottanta, Eni ed Enel operarono una prima embrionale attività estrattiva, successivamente abbandonata.
Ma anche altre zone della Tuscia sono interessate dai sondaggi. C’è l’area di Campagnano Romano, quella del comune di Nepi. E poi, il comune di Latera, quello di Valentano, fino ad arrivare ad un’area di circa seimila ettari all’interno del comune di Viterbo. La documentazione, con la richiesta per le necessarie indagini conoscitive, è già stata presentata in Regione Lazio, oltre che nei comuni coinvolti e già si parla di un possibile avvio dell’attività estrattiva entro il 2026.
Se però, come dice il noto proverbio, non è tutt’oro quel che riluce, lo stesso può dirsi per questo moderno oro bianco, per questo petrolio del nuovo millennio. A fronte di chi esulta per le potenziali ricchezze che il territorio potrebbe dare alla luce – con un conseguente rimbalzo economico positivo per l’intera Tuscia e non solo – diverse sono le perplessità che stanno via via sorgendo.
Innanzi tutto, per il fatto che le aziende che vorrebbero sfruttare questa risorsa, vengono da fuori. Le richieste d’indagini conoscitive, sono infatti arrivate, in un caso dalla società tedesca Vulcan, in tutti gli altri casi da un’azienda denominata Energia Mineralis. Energia Mineralis è una società formalmente italiana, però controllata dall’australiana Altamin.
I dubbi nascono dalle ben note dinamiche che guidano, necessariamente, le logiche aziendali di una qualunque società multinazionale. Lo sfruttamento delle risorse di un territorio, infatti, avviene sempre con un vantaggio, in termini economici e di occupazione, per il territorio stesso, che è però del tutto precario e temporaneo.
Una volta sfruttate ed esaurite le risorse locali, ogni azienda che abbia una visione globale del mercato, non avrà esitazioni ad abbandonare il territorio, delocalizzando i propri investimenti in altre aree del pianeta, senza lasciti significativi per le zone un tempo occupate. È già accaduto in altri ambiti strategici della nostra economia, laddove sono intervenuti interventi di questo tipo.
È possibile evitare questa logica, di stampo quasi neocoloniale, con sfruttamento delle risorse di un paese da parte di aziende con sede all’estero, che quindi non forniscono ritorni in termini fiscali, né soggiacciono alle leggi del paese, per poi abbandonare la zona e le attività dopo pochi anni, lasciando l’area più povera di come l’avevano trovata? C’è la possibilità di bilanciare gli eccessi e di fornire ricchezze che vadano effettivamente e stabilmente ai territori interessati?
Oltre a questo, un secondo ordine di problemi è di natura ambientale. Parliamo infatti di un territorio come quello della Tuscia, con zone di grande pregio sul piano naturalistico, parchi, coltivazioni e altre risorse che potrebbero essere danneggiate da una massiccia attività estrattiva. Penso ad esempio ad alcune eccellenze agroalimentari locali, o alle fonti dell’acqua di Nepi, già messe a rischio dall’intensa messa a dimora di noccioli, operata negli ultimi anni dalla Ferrero e che ha già provocato diversi problemi e ampie polemiche.
Come si vede, si tratta di questioni molto importanti, che vanno ben al di là della semplice decisione “litio sì, litio no” e finiscono per riguardare la strategia e la politica di fondo del sistema paese. Dalle scelte che verranno fatte, da parte delle aziende interessate e dagli amministratori del territorio, potrebbe dunque dipendere una fetta non secondaria del futuro di tutti noi.