Ater e il caso dei morti insolventi
Diciottomila famiglie. Un vero esercito. Sono gli inquilini Ater – Agenzia Territoriale per l’Edilizia Residenziale, il vecchio l’istituto per le case popolari – di Roma che si sono visti recapitare, da parte dell’ente, una lettera di “diffida e costituzione in mora”, attraverso la quale vengono contestati dei presunti arretrati, con richieste economiche anche notevoli, che vanno da alcune centinaia a svariate migliaia di euro.
A tutti viene richiesto il pagamento di tale debito in un’unica soluzione, entro 60 giorni dal ricevimento della missiva. A prima vista, nulla di particolarmente strano, se non fosse per l’entità dei casi. Possibile che ben oltre la metà degli inquilini Ater risulti morosa? E possibile che l’ente non si sia accorto di nulla per anni e che solo ora corra affannosamente ai ripari, chiedendo crediti pregressi, risalenti anche al secolo scorso?
Dell’esercito dei 18.000 fanno infatti parte anche alcuni cittadini che non risultano più affittuari, poiché, tra la metà anni Ottanta e l’inizio del Duemila, hanno riscattato dall’Ater gli immobili in cui oggi vivono. In alcuni casi il riscatto fu addirittura operato non da loro, ma dai loro genitori o nonni, oggi defunti.
Per stilare quell’atto, davanti ad un notaio, ovviamente, già a suo tempo fu necessario presentare ogni sorta di documentazione e certificare di non avere nessun tipo di morosità nei confronti dell’ente, ricordano i cittadini ora raggiunti dalle lettere di diffida. Né tale morosità potrebbe essere maturata successivamente, poiché – in quanto gli ex affittuari sono così passati ad essere i legittimi proprietari dell’immobile – nessun tipo di canone di locazione poteva più essere esigibile da parte dell’Ater dopo la conclusione del riscatto.
Eppure, oggi, anche migliaia di proprietari, ex affittuari Ater, si sono ritrovati nella buca delle lettere la famigerata raccomandata, che li ha diffidati per il mancato pagamento di “canoni e/o oneri accessori”. Come detto in precedenza, in alcuni casi la lettera è indirizzata non agli attuali abitanti degli immobili, bensì ai loro avi defunti, o addirittura ai precedenti assegnatari degli appartamenti.
In nessun caso le lettere specificano nel dettaglio i motivi della richiesta economica. Non ci sono indicazioni scritte né sui motivi, né sugli anni e le mensilità a cui si riferisce il presunto debito. Una diffida, dunque, non firmata, in cui si chiedono soldi senza alcuna specifica, senza date di riferimento e senza tener conto della prescrizione che interviene, di solito, su debiti di questo genere, cioè vecchi di venti, trenta, o addirittura quarant’anni.
Ovvio che tutto ciò abbia provocato una contestazione generalizzata da parte dei destinatari delle lettere, con migliaia di richieste di chiarimenti all’ente. Chiarimenti che, salvo rare eccezioni, sono stati rimandati a futuri appuntamenti fisici o telefonici, che l’Ater ha accordato agli inquilini ed ex inquilini, in genere non prima del mese di settembre 2022, se non addirittura a fine anno.
In questo curioso quadro d’insieme, c’è da tenere conto che il totale degli importi richiesti da Ater ai presunti morosi finisce per superare addirittura la cifra complessiva di un miliardo di euro. Insomma, non esattamente bruscolini.
È anche per questo che, da alcune parti, si cominciano a sollevare polemiche su possibili alchimie contabili e su ipotesi di errore. Polemiche che rischiano di trasformare la vicenda anche in un caso politico. In prima fila a occuparsi della questione c’è già, infatti, il principale partito d’opposizione in Regione Lazio, Fratelli d’Italia.
Mentre il suo capogruppo alla Pisana, Fabrizio Ghera, ha presentato, nei giorni scorsi, una interrogazione al presidente Nicola Zingaretti e all’assessore alle Politiche Abitative, per verificare le modalità della procedura di Ater e accertare se si siano verificati errori nella gestione dell’archivio contabile, contemporaneamente, il consigliere Massimiliano Maselli ha convocato in Regione il nuovo direttore generale di Ater, Luca Luigi Manuelli, entrato in carica da pochi mesi.
Manuelli, ricevuto dalla commissione regionale per le politiche abitative, ha esposto sommariamente la situazione economica dell’ente agli esponenti politici regionali. Ribadendo che circa la metà degli inquilini non risulta in linea coi pagamenti, ha parlato di un piano triennale di rientro, avviato nel 2020 dall’Ater e che si sta ora portando avanti. In base a questo piano, a oggi l’azienda avrebbe già recuperato circa 5,5 milioni di euro, mentre altri 15 sono stati rateizzati.
Parliamo, quindi, di un totale di 20 milioni di euro, su cui sarebbero già state effettuate le dovute verifiche documentali e che, pertanto, risulterebbe effettivamente incassabile. Va da sé che, se la matematica non è un’opinione, a fronte di un monte complessivo di richieste da parte di Ater che supera il miliardo, per la maggior parte dei supposti crediti, la situazione è, a oggi, ancora tutta da chiarire.
“In alcuni casi bisognerebbe ridurre sensibilmente il debito e permettere un rientro ragionevole all’inquilino – ha poi aggiunto, a commento, Maselli – C’è infine da dire che i canoni sono rappresentati per due terzi da oneri accessori per servizi che l’Ater non garantisce, come la manutenzione, il taglio dell’erba, la pulizia”.
La situazione è, pertanto, ancora poco chiara, con i destinatari delle lettere che restano sul piede di guerra, in un clima potenzialmente esplosivo, visto l’elevato numero di soggetti coinvolti. Fra questi anche numerosi soggetti socialmente deboli, come è ovvio che sia, dato che stiamo parlando di case popolari.
Staremo a vedere, nei prossimi mesi, se si giungerà a un pacifico e definitivo chiarimento e quali decisioni verranno prese dall’Ater e dagli altri soggetti coinvolti.