Il garibaldino che voleva far partire i meridiani dal Campidoglio

Si chiamava Giuseppe Barilli, ma è noto con lo pseudonimo di Quirico Filopanti, che si era scelto per via dei suoi ideali: “Quirico” era un omaggio alla civiltà della Roma antica (quirites era un altro nome dei romani) e “Filopanti”, dal greco, si può tradurre con “colui che ama tutti”. Oggi forse sarebbe etichettato come “buonista”; all’epoca era considerato un idealista romantico. E a ragione: era cresciuto nell’atmosfera culturale e politica del Risorgimento, ispirato agli ideali di libertà e fratellanza.

Il contributo principale che intendeva dare al genere umano era l’opera che considerava il suo capolavoro: Miranda! (il punto esclamativo fa parte del titolo originale), che pubblicò a più riprese e a proprie spese fra il 1858 e il 1860. Non era un trattato di matematica, ma uno strano saggio in inglese a cavallo fra narrativa, filosofia, politica, astronomia, matematica e religione. Il suo obiettivo principale era fondare addirittura «una religione divina della ragione, della libertà e della fratellanza», di cui Miranda! doveva essere il testo sacro. In quanto tale, era da considerarsi un’opera dettata da Dio, e per questo fu pubblicata in forma anonima (ma nel testo Filopanti faceva capire di essere lui l’autore “terreno”). Su questa nobile base costruì però un edificio pieno di ingenuità, come il nome un po’ ridicolo della nuova religione (ocristianesimo).

Eppure, fra tante bizzarrie, compare un’idea folgorante. Il capitolo 77 è dedicato al “calendario futuro”, e il suo settimo paragrafo comincia così: «Divide the surface of the globe, by meridians, into 24 longitudinal regions or fuses, differing from each other by one hour » (“Dividiamo la superficie del globo, lungo i meridiani, in 24 regioni o fusi longitudinali, che differiscono l’uno dall’altro di un’ora”). Esposta in due sole righe, è precisamente l’idea dei fusi orari come noi li conosciamo, perfino nel termine fusi! (Il punto esclamativo stavolta è nostro).

In termini matematici, Filopanti aveva intuito che una grandezza continua (il tempo misurato in base all’inclinazione solare, che cambia da un punto all’altro della superficie terrestre) doveva essere resa per comodità discontinua, cioè avere salti sulla linea di passaggio tra un fuso e l’altro. E suggeriva di farlo nel modo più razionale possibile, cioè a intervalli regolari di un’ora esatta ciascuno. In pratica, in ogni momento, in qualsiasi parte del mondo le ore locali devono differire di un numero intero di ore, combaciando invece nei minuti: un’idea che oggi ci sembra ovvia, ma che lui ha avuto per primo al mondo – forse in lieve anticipo sui tempi. Fino a tutto il Settecento, data la lentezza dei trasporti, non se ne era sentita la necessità. Ancora verso la metà dell’Ottocento non solo non esisteva un sistema coordinato di ore fra i diversi Paesi, ma spesso neanche all’interno di uno stesso Paese: le ore locali delle città principali si estendevano in pochi casi al resto della nazione, in altri solo a livello regionale, mentre molte località minori seguivano ciascuna la propria ora solare. Solo con lo sviluppo delle prime reti ferroviarie e con l’invenzione del telegrafo iniziò a farsi sentire l’esigenza di un coordinamento.

A ispirare Filopanti però non erano tanto le ragioni pratiche, quanto un’istanza estetica e soprattutto etica: il suo amore per l’umanità. Come spiegò infatti in un altro libro intitolato L’Universo, il «sistema di coincidenza per le ore dei diversi luoghi» doveva essere «semplice e bello» e doveva servire «al nobile ed elevato intento di ricordare agli uomini, che, malgrado la necessaria distinzione da città a città, da nazione a nazione, essi non debbono considerarsi come attendati in campi rivali od ostili, ma quali membri di una sola grande famiglia».

La scelta del Campidoglio non veniva motivata esplicitamente, ma era evidente il richiamo alla Roma antica che lui amava tanto (e non alla Roma dei papi!)

Gli ideali universalisti e la sua impostazione patriottica lo indirizzarono anche nella scelta del meridiano fondamentale. Subito dopo avere introdotto il concetto dei fusi orari, infatti, proseguiva così: «The first of these regions shall have the Capitol on its middle meridian, and comprehend a considerable portion of Italy, of Germany, of Sweden, and of Africa»(“La prima di queste regioni avrà il meridiano di mezzo passante per il Campidoglio, e comprenderà una parte considerevole dell’Italia, della Germania, della Svezia e dell’Africa”) . La scelta del Campidoglio non veniva motivata esplicitamente, ma era evidente il richiamo alla Roma antica che lui amava tanto (e non alla Roma dei papi!).

Con suo disappunto, non solo Roma non è diventata il punto di riferimento mondiale, ma nel 1870, quando si trattò di definire il meridiano fondamentale d’Italia, non fu scelto il Campidoglio: il matematico e astronomo Angelo Secchi optò per Monte Mario per motivi pratici, preferendolo per la sua posizione elevata. Proprio all’indomani di questa decisione, all’interno del meraviglioso complesso quattrocentesco di Villa Mellini fu costruita la Torre del Primo Meridiano d’Italia, primo nucleo dell’osservatorio astronomico (oggi sede dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e del Museo Astronomico e Copernicano). Ancora oggi la longitudine Monte Mario è usata in alcune occasioni (per esempio dal mitico Calendario Atlante De Agostini), ma solo per usi interni italiani: il “primo meridiano” che Filopanti sognava sul Campidoglio aveva preso altre vie.

 

[Paolo Gangemi, dottore di ricerca in matematica, è un giornalista scientifico. Il brano che pubblichiamo è tratto dal suo ultimo libro, Le misure del tempo, edito da Codice Edizioni, che ringraziamo per la disponibilità. Gangemi è autore anche di Insalate di matematica(Sironi, 2007), Piccolo libro delle curiosità sul mondo (Sironi, 2012), Piccolo libro delle curiosità sulla scienza (Sironi, 2016) e Storie di amore e scienza (Scienza Express, 2020)]

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