Ciceruacchio abbatte il muro
Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, nasce a Roma nel rione Campo Marzio, al numero 248 di via di Ripetta, dove ha vissuto e lavorato da carrettiere nel vicino porto di Ripetta, ormai scomparso per via della costruzione del Lungotevere. Sopra il portone di quella che è stata la sua casa ci sono una lapide e un’effige che lo ricordano:
Nato da onesti popolani nel 1800
qui dimorò Angelo Brunetti
detto Ciceruacchio
operoso ispiratore del popolo a libertà
fuggendo la servitù
della patria fu morto da ferro straniero
unitamente ai figliuoli Luigi e Lorenzo
il 10 agosto 1849
Dalla riconoscenza dei cittadini
reso in effige
qui dove visse per la patria 1872
Carismatico eroe del popolo romano, di lui si dice che fosse semplice e determinato, socievole e irriverente, coraggioso e perspicace. La statua di Ettore Ximenes che lo raffigura — ora al Gianicolo tra altri grandi della libertà – lo mostra in un gesto emblematico, ovvero mentre, di fronte agli occupanti austriaci in procinto di fucilarlo, con sguardo dritto e fiero mostra il petto in segno di sfida.
Ciceruacchio era un romano cosmopolita, amato e benvoluto da tutti. Possedeva una straordinaria intelligenza sociale che gli ha permesso di scuotere le folle, interpretandone i desideri in più di un’occasione. Legato dagli affetti e dagli affari a Campo Marzio, si è impegnato nelle battaglie della città intera. Ma il luogo che ne rappresenta al meglio lo spirito è senz’altro il Ghetto di Roma, dove Ciceruacchio lottò per la libertà non sua, ma dei romani tutti, abbattendo mura e aprendo cancelli da troppo tempo serrati.
Il primo periodo del pontificato di Pio IX, eletto nel 1846, fu caratterizzato da quella che sembrava un’apertura verso le idee liberali. Alla luce di questo atteggiamento si comprendono alcune delle iniziative del nuovo pontefice, tra cui l’amnistia per i reati politici e la concessione agli ebrei romani di poter uscire dal Ghetto per lavorare e vivere dove volevano. Alcuni conservatori reagirono male, spaventati dalla concorrenza e preoccupati solo dei propri interessi. Così Ciceruacchio, per rafforzare l’ottima decisione del papa, organizzò una grande manifestazione di popolo per abbattere, prima che lo facesse l’esercito pontificio, le mura del Ghetto e le inferriate dei portoni, e condividere così la gioia di una nuova fratellanza fondata sulla libertà.
Quando Pio IX fuggì a Gaeta e le illusioni sul ruolo che avrebbe potuto svolgere franarono con l’annullamento di tutto quanto aveva concesso prima, Ciceruacchio si scagliò con veemenza contro la curia e partecipò attivamente e militarmente alla Repubblica Romana.
Morì insieme ai figli e ad altri patrioti viaggiando con Garibaldi verso Venezia insorta, che resisteva ancora agli austriaci, mentre Roma era di nuovo alla mercé dei francesi. Ciceruacchio e i suoi compagni furono traditi e fucilati, senza processo, il 10 agosto 1849. Luigi Magni nel film In nome del popolo sovrano fa parlare così Ciceruacchio, interpretato dal grande Nino Manfredi: “Perché io so’ carrettiere, ma a tempo perso so’ omo”. E ancora: “Ma come? I francesi me pijano a cannonate e io nun me impiccio? Nun me riguarda? [..J Ho voluto bene a Roma, embè? Però se nella legge vostra è un delitto vole’ bene al paese proprio allora io so’ colpevole, anzi so’ reo confesso, e me offenderebbe pure se me arimandaste assolto”.
A dispetto del presunto menefreghismo dei romani, ecco dunque la parIntina svelta di Ciceruacchio e il suo petto scoperto di fronte ai fucili.
DA LEGGERE:
Claudio Modena, Ciceruacchio. Angelo Brunetti, capopopolo di Roma, Milano, Mursia, 2011.
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