Gli effetti invisibili del nuoto
Conosco Alessandro Capponi ormai da diversi anni non perché sia un collega – anzi, non ricordo manco di averlo incontrato sul campo, per così dire – ma per incroci di amicizie, e anche di passioni: più di una volta ci siamo ritrovati a correre alla Caffarella.
Ho letto il suo libro – “Gli effetti invisibili del nuoto”, pubblicato da Hacca – ormai parecchi mesi fa, e da allora l’ho portato nello zaino per scriverne, senza però trovare mai il momento giusto. Nel frattempo, il libro è stato tradotto in francese.
Ne scrivo ora che… ho deciso di iscrivermi in piscina, per imparare soprattutto a respirare, confesso. Ho imparato a nuotare, male, al mare a Ostia, con mio padre, più o meno 50 anni fa. Sono andato raramente in piscina, annoiandomi mortalmente, proprio perché non so nuotare decentemente (e mi imbarazzo, anche). Probabilmente, il libro di Alessandro non è stato estraneo alla decisione. Sono così ignorante, in fatto di nuoto, che leggendolo ho dovuto chiedere cosa sia il crawl, che io chiamavo (ma non credo solo io) stile libero.
Detto, anzi, scritto, tutto questo.
“Gli effetti invisibili del nuoto” è un’antologia di racconti, di ambientazione romana, che girano attorno alla vita in piscina, per raccontare storie di persone. Storie raccontate con un taglio minimalista, talvolta ispirate a un certo realismo magico (penso a “La leggerezza della lumaca”, che mi è piaciuto particolarmente, e a “Tino che parlava con i pesci”), che si svolgono solo in parte in una piscina (che sta sulla Casilina?). I personaggi sono tanti e diversi, talvolta paragonati ad animali (il tricheco, il topo, la lumaca…). Personaggi di tutte le età, tra loro molte donne. L’unica presenza fissa, o che compare più frequentemente, è Laura, che in piscina lavora.
Infine, piccola nota scema. “Gli effetti invisibili del nuoto” è per me un libro da comodino: non nel senso che sia un “must read”, ma perché proprio per la sua struttura a racconti, e per il modo in cui è scritto – da cui si percepisce anche la gentilezza che è propria di Alessandro, o che almeno io ho sempre avvertito – è una lettura che riconcilia.