La politica si guarda l’ombelico, a Roma

Gli ultimi episodi di cronaca politica italiana raccontati dai media, come se fossero una sitcom coi suoi personaggi, e con molti giornalisti a fare apparentemente i tifosi, riguardano soprattutto la politica romana. Certo, Roma è la sede del Parlamento, del governo e della presidenza della Repubblica, ma l’Italia certamente non è soltanto la Capitale e quello che succede nella città, talvolta in certi suoi quartieri, non è per forza di largo interesse nazionale. E questa abitudine a raccontare Roma – soprattutto entro il GRA – come fosse il centro del mondo, che è tipica della pigrizia televisionara e cinematografica, sembra un po’ un modo di guardarsi l’ombelico.

 

Calenda ruggisce, ma resta un politico romano

Cominciamo dalla vicenda della candidatura di Giuseppe Conte – leader di fatto del Movimento Cinque Stelle ed ex premier prima dell’alleanza M5s-Lega e poi di quella praticamente opposta M5s-Pd – al collegio della Camera di Roma Centro lasciato libero da Roberto Gualtieri, eletto sindaco di Roma a ottobre.

Conte è, secondo i sondaggi, il leader politico più apprezzato dagli italiani, anche se il suo partito ha perso moltissimi consensi. Il Pd sarebbe stato pronto a lasciargli la candidatura per provare a cementare con lui il patto politico di centrosinistra e opporsi al centrodestra, che ha perso un po’ di appeal negli ultimi mesi (sempre nei sondaggi). Ma l’annuncio di Carlo Calenda – attuale europarlamentare ed ex candidato sindaco, che si è fermato al primo turno – di essere pronto a candidarsi contro Conte per la Camera, sembra aver fatto fare marcia indietro all’avvocato diventato guida del M5s.

Carlo Calenda. Foto di UK In Italy, 2019, diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

Il ritiro, o meglio la mancata candidatura, ha scatenato una serie di commenti ironici contro il poco coraggioso Conte. Ma a guardare i risultati delle ultime comunali, dove comunque la lista di Calenda ha preso quasi il 20%, la decisione di Conte ha senso. Chi ha votato Calenda nella Capitale contestava i 5 anni della sindaca M5s Virginia Raggi e la linea considerata troppo aperturista del Pd. Conte ha sostenuto Raggi, pur non amandola, e quindi il rischio alla fine sarebbe stato non solo di non essere eletto, ma di mandare alla Camera magari un candidato di centrodestra (che a Roma resta forte, nonostante la scelta del candidato sindaco si sia rivelata infelice).

Quel che però è interessante è che l’ex ministro Calenda, protagonista di Twitter e delle cronache politiche, resta in realtà un personaggio quasi esclusivamente romano. Il suo partito, Azione, nei sondaggi nazionali è infatti sempre in affanno, insieme a Italia Viva di Matteo Renzi (un altro personaggio delle cronache che però non ha molti consensi). E non si capisce bene, con l’attuale legge elettorale, come potrebbe andare al voto senza una larga coalizione, pena l’irrilevanza.

 

Le molte vite di Bettini

Le cronache politiche hanno parlato pure dello scontro su una serie di nomine comunali tra il sindaco Gualtieri e Goffredo Bettini, ormai storico dirigente politico romano di una stagione iniziata negli anni Settanta col Pci e giunta fino a oggi col Pd. 

A Bettini – che ha costruito nel ‘93 la candidatura a sindaco di Francesco Rutelli e che è stato il creatore del cosiddetto “Modello Roma”, quello del patto coi costruttori e i grandi imprenditori romani per un po’ di anni – è vicino il presidente della Regione Nicola Zingaretti, che per un po’ di settimane sembrava indeciso se correre per il Campidoglio, lasciando proprio Gualtieri, la cui candidatura sembrava già lanciata, sulle spine. 

Sia Gualtieri che Bettini hanno negato lo scontro raccontato dal quotidiano Il Foglio (e prima ancora dall’Espresso), ma Bettini ha comunque fatto sapere in un’intervista di rinunciare a far parte del Cda dell’ente che organizza la Festa del Cinema di Roma.

Goffredo Bettini

Bettini, un forte sostenitore dell’alleanza Pd-M5s, è considerato dai retroscenisti una sorta di eminenza grigia che però stavolta sarebbe uscita sconfitta da quest’ultimo episodio nella lotta di potere dentro il partito romano e in generale nel Pd. Sarà così? Bettini è stato dato per spacciato, politicamente, diverse volte negli anni. Ma il suo potere nel partito è stato anche sopravvalutato. E probabilmente oggi viene sopravvalutata anche l’importanza del Pd romano per gli equilibri di quello nazionale.

 

Lazio 2023, tempi biblici

Nel frattempo, dopo aver iniziato a governare Roma – e alle prese con il non risolto e non facilmente risolvibile problema dell’immondizia, tanto per dirne una delle tante – il Pd comincia a fare i conti con le prossime elezioni regionali, nel 2023, cioè tra un anno e mezzo. Un tempo che può essere lunghissimo, in politica, soprattutto considerando che di mezzo ci sono l’elezione del capo dello Stato e il rinnovo del Parlamento. Alcuni media hanno parlato dell’attuale assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, come del potenziale candidato per il dopo-Zingaretti. grazie soprattutto al successo nella lotta al Covid. Altri invece hanno ripescato il nome di Enrico Gasbarra, che ha avuto vari ruoli nella politica romana (in particolare presidente della Provincia) e che oggi si occupa della Sicurezza di Tim, l’ex Telecom. I giornalisti per mestiere parlano con le fonti e dunque riportano le impressioni che colgono: ma qui davvero sembra aver a che fare con degli aruspici, che leggono un futuro incerto chissà dove.

Foto ufficiale dell’assessore Alessio D’Amato dal sito della Regione Lazio

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