Ingarellati su Zerocalcare

Tutti ne parlano, per lo più entusiasti. Spesso i commenti sui i social terminano con #vedetelo. Ma come ogni cosa che passa sui social ha suscitato reazioni avverse. La polemica su Strappare lungo i bordi, prima serie animata di Zerocalcare, che può essere vista su Netflix, si è concentrata sull’uso del romano. È lo stesso fumettista, Michele Rech, a interpretare i diversi personaggi, a parte l’Armadillo, la voce della coscienza del protagonista, che è interpretato da Valerio Mastandrea.

La disputa è sfilacciata. C’è chi lamenta di non comprendere parole tipo accollo, a chi invece dichiara che il problema vero, non è il romano, quanto quello del narratore che si mangia le parole.
Ora, diciamo la verità, una caratteristica del romano è mangiarsi le parole. Tra gli utenti c’è chi si propone spiritosamente di offrire lezioni di lingua per chi vive fuori dal Grande Raccordo Anulare, e chi invece, pur non trascurando di manifestare i suoi mal di pancia, propone per un democratico e liberale apposizione di sottotitoli. In questo caso si cita il precedente di Gomorra.
Su Netflix, tuttavia, il problema non si pone, dato che già ci sono. C’è chi obietta: “Ma perché, de #SquidGame capivate er coreano?”. Inutile elencare la serie di parole che i romani usano per esprimere il proprio disaccordo, come in questo caso, del tipo: “Ma annatevene affanculo!”.

E chissà, magari con quel romano, con quel linguaggio giovanilistico, riesce a fasse capì pure fori dal Grande Raccordi Anulare

In quella nuvola di parole sparse in rete, non mancano coloro che lamentano il predominio del romano nei canali di comunicazione nazionali. L’accusa è di considerare una calata, un accento, certe parole che si usano a Roma, come naturalmente comprensibili, quasi fosse il vero italiano.
Non solo, Zerocalcare finirà, con la sua indubitabile bravura finirà per favorire l’idea che la Capitale sia un riferimento culturale per tutto il Paese. Vade retro! Gridano inorriditi.
Vuoi che a questo punto non esca fuori qualcuno che lamenti il riemergere delle questioni irrisolte di una unità d’Italia imposta dall’alto? Certo che sì.

Sull’account twitter Zerocalcare scrive: “Madonna regà ma come ve va de ingarellavve su sta cosa”. E non ha tutti i torti, sempre chiarendo che con “ingarellasse” si intende all’incirca: accanirsi con entusiasmo nella risoluzione di un problema, un gioco…eccetera. Ma anche interpretabile nel significato di entrare in competizione. Insomma, meglio sarebbe lasciar perdere.

 

Però alla fine me so ingarellato pure io co’ ‘sta storia. Quindi aggiungo in ordine sparso che:
1. episodi banali come l’utilizzo del romano in Zerocalcare, possono fare emergere conflitti latenti: in questo caso la rivalità tra Milano e Roma;
2. che spesso questo conflitti sono luoghi comuni e in quanto tali presentano una parte di verità;
3. che noi romani sì, pur con tutte le storture, ce sentiamo fichi (calibrati da una buona dose de presa per il culo);
4. che Zerocalcare che parla in italiano, sarebbe come Adriano Celentano che parla romano (nun se po sentì!);
5. che l’egemonia culturale del romano-italiano è legata al fatto che Roma è Capitale e sede delle più importanti istituzioni;
6. che più o meno accade la stessa cosa a Parigi…;
7. che poi su sta cosa ce prendiamo pure un giro (vedi Emanuela Fanelli su You Tube con il finto film “A piedi scarzi” e sulla retorica dei film su Roma e soprattutto sulle periferie romane);
8. che poi, diciamola tutta, il successo di Zerocalcare non è una cosa strettamente romana, ma è amato e apprezzato in tutta Italia;
9. e chissà, magari con quel romano,
10. con quel linguaggio giovanilistico, riesce a fasse capì pure fori dal Grande Raccordi Anulare.

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