La pizza al taglio di Giustina

Pare che per trovare la pizza al taglio migliore di Roma o vai da Pizzarium Bonci (via della Meloria, 43) o da Antico Forno Roscioli (via dei Chiavari, 34) o da Elettroforno Frontoni (via Ostiense, 387), oppure – sorpresa! – Da Giustina (viale della Primavera, 703), a Centocelle.

La classifica, stilata da Mezzo Kilo, sito specializzato in classifiche enogastronomiche tematiche per le varie città d’Italia, si allontana dal centro per portarci a Centocelle, 100celle per gli amici, periferia (ma neanche troppo, ormai) est di Roma.
Partendo da Porta Maggiore bisogna farsi un bel pezzo di Casilina, fin quasi a viale Palmiro Togliatti, e da lì prendere per viale della Primavera, lo stradone. E proprio lì, agli inizi di questa strada a doppio scorrimento con il biscotto (lo spazio per parcheggiare) a fare da spartitraffico, di fronte all’omonimo centro commerciale (là dove c’era l’erba, per dirla con Celentano), c’è questo buchetto che da 35 anni sfama il quartiere.

Ma le periferie ne sfornano spesso di questi posti che, inspiegabilmente, tutta Roma conosce, e che attirano frequentatori da tutta la città.
La cosa anomala è un’altra: la pizza al taglio di Giustina, quella che in altre parti d’Italia si chiama “pizza al trancio”, e che di regola è un pezzo rettangolare tagliato direttamente in teglia, è infatti solo ed esclusivamente tonda.
È quella che a Roma si chiama pizzetta (da non confondersi con l’omonima, più piccola, da aperitivo). Viene cotta in teglia, non alla pala, ed è in formato ridotto rispetto alla tradizionale pizza al piatto.

Dal 1986 le mitiche “pizzette di Giustina” accompagnano gli abitanti della zona, e quelli che ci arrivano per passaparola. La mattina sfamano gli studenti delle due vicinissime scuole superiori, lo scientifico Francesco d’Assisi e l’istituto tecnico Ambrosoli (l’ex ragioneria Botticelli, come lo conosceva Giustina), e più tardi qualche giovane e molti adulti dei corsi serali.

Anche oggi che Giustina non c’è più, il locale e la pizzetta sono sempre gli stessi: grazie alla nipote Alberta, da sempre braccio destro della fondatrice, chi entra dopo tanti anni ha l’impressione di fare un salto indietro nel tempo. L’insegna, le stigliature, il gusto e gli odori sono sempre gli stessi.
Già, gli odori soprattutto: la fragranza di pizza calda – inconfondibile – fa da buttadentro e ti costringe, la prima volta che ti capita di passarci davanti, a entrare in questa piccola e anonima pizzeria che altrimenti non avresti notato.

E anche il dilemma è il solito, da sempre: mi faccio fare una pizzetta al volo come la voglio io, o mi mangio quello che c’è? Precorrendo i tempi, già negli anni Ottanta Giustina si era forse posta il problema dello spreco alimentare, oppure da brava imprenditrice cercava così, banalmente, di ridurre i costi e massimizzare i profitti senza passare per le tasche dei clienti. Infatti capitava non di rado di entrare e trovare una o due pizzette reduci e scegliere tra quelle, tanto non erano mai vecchie, perché ogni teglia non riusciva mai a superare la mezz’ora di vita, finiva prima. Pochi pezzi, ma sfornati in continuazione.
Oppure, ancor più spesso, capitava di trovare la teglia vuota, e a quel punto chiedere “che esce?” e fermarsi ad aspettare. Se le pizzette erano tutte prenotate, allora ti toccava attendere l’infornata successiva, ma in cambio ordinavi quello che volevi (nella pur limitata offerta della casa: ma allora tutte le pizzerie a taglio erano così, avevano una selezione limitata a quelli che poi sono diventati i grandi classici).

La fragranza di pizza calda – inconfondibile – fa da buttadentro e ti costringe, la prima volta che ti capita di passarci davanti, a entrare in questa piccola e anonima pizzeria che altrimenti non avresti notato

Chi abita o frequenta Centocelle da allora, quando il quartiere saliva spesso agli onori della cronaca come piazza di spaccio e di consumo, periferia estrema additata in tutta Italia come una sorta di Bronx nostrano, si è vissuto tutti i cambiamenti che stanno trasformando la zona in una nuova San Lorenzo, quasi erede designata del Pigneto: la metro C, i locali che aprono in continuazione (vinerie, bistrot, ristoranti, pizzerie gourmet), una presenza ormai consolidata di immigrati di seconda o terza generazione.

Però la certezza che alcuni posti sopravvivano a tutto, talvolta anche alla morte dei loro creatori – come pure il bar Orazio di via dei Noci, sempre a Centocelle, famoso per aver avuto tra i suoi frequentatori Pier Paolo Pasolini e Claudio Baglioni, cultura alta e cultura pop – e alle mode, ai rinnovamenti, agli stravolgimenti urbanistici è cosa che tranquillizza, e “fa casa”. Un po’ come quando Michael J. Fox riesce a tornare nel 1985 dopo aver risistemato tutte le storture spazio-temporali create, e ritrova i posti che gli erano familiari, belli o brutti che fossero.

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