L’asino che vola

Tra la fastosa via dei Coronari e il Lungotevere c’è una strada che ha vissuto una stagione di grande protagonismo nella lotta per il diritto alla casa e per il risanamento edilizio del centro storico. Ancora oggi il risultato di quella battaglia è visibile lungo il fronte degli edifici che si affacciano su via Tor di Nona: murali, botteghe artigiane e case popolari ristrutturate convivono con lo scheletro di un palazzo abbandonato, quasi un’icona brutalista, nel quale, per impedire l’accesso a chi avrebbe potuto abitarlo, si è provveduto a demolire i solai, sfondare i servizi e le tubature, murare gli accessi e le finestre. La sua vista suscita pena e rabbia, un’angoscia rallegrata solo dalla presenza degli altri edifici di questa via, che sono splendidamente funzionali, abitati e vivi.

L’ottima salute di cui godono non è casuale, né è casuale che si tratti di case popolari. Ciò si deve all’iniziativa di un gruppo di giovani abitanti della strada, che per strappare al degrado (e alla successiva, inevitabile, specula- zione) le abitazioni di via Tor di Nona decisero di prendere la parola, anzi il pennello e i colori.

Era l’estate del 1976. Questi cittadini, insieme agli studenti di architettura e di altre facoltà romane, dipinsero sulle facciate delle case racconti e storie fantastiche, arcobaleni, alberi in frutto, uccelli tropicali, pesci di ogni sorta, barcaroli festosi sulle acque del vicino biondo Tevere, arlecchini salterelli, sirene panciute, occhioni di donna spalancati sul mondo, la scritta “riprendiamoci la città”, fumetti, musici, finte impalcature con carpentieri all’opera e molto altro. Oggi di questo lavoro collettivo resta solo l’asinello che volteggia ancora e sorride, anche perché è stato recentemente restaurato.

Come spiega bene Paolo Ramundo, nel suo libro del 1977 intitolato L’asino che vola, quei murali funzionarono alla perfezione per denunciare il colpevole disinteresse del Comune, che negli anni ’50 aveva espropriato i lotti su via Tor di Nona per la demolizione, destinandoli in un primo momento a servizi di pubblica utilità, e lasciandoli poi marcire invece di utilizzarli per contribuire a risolvere l’eterno problema dell’emergenza abitativa. Una provocazione geniale, quella dei murali, animata e resa possibile da un processo di partecipazione popolare. Funzionò: il critico d’arte Giulio Carlo Argan, dal 1976 al 1979 primo sindaco non democristiano di Roma, avviò per questi edifici un complesso piano di recupero, grazie al quale sono stati ristrutturati e riconsegnati alla città, anche se con estrema lentezza. Solo nel 2001 il Comune ha pubblicato un bando per l’assegnazione delle attività artigianali, ultime valenti interpreti del messaggio creativo di via Tor di Nona, la strada dove gli asini hanno volato davvero.

DA LEGGERE 

Paolo Ramundo (a cura di), L’asino che vola. Album di murali, Bari, Dedalo Libri, 1977

 

Guida alla Roma ribelle è un libro collettivo del 2013 dedicato, appunto, ai luoghi ribelli della Capitale (e ai ribelli, non solo romani, che li hanno animati). Pubblicato da Voland, una piccola ma caparbia casa editrice romana, fa seguito alla nota Guida alla Parigi ribelle di Ramón Chao e Ignacio Ramonet, e poi alla Guida alla Barcellona ribelle di Guillem Martínez. Abbiamo deciso, in accordo con gli autori, di pubblicarne nelle prossime settimane alcuni estratti, per raccontare storie, momenti e posti talvolta meno noti della Città Eterna. Che, nonostante sia stata sede dell’Impero e poi del Vaticano, è meno cheta e reazionaria di come possa apparire a prima vista, come spiegano benissimo gli stessi autori nell’introduzione. 

Il libro è sempre disponibile, anche in formato digitale.E dunque vi invitiamo ad acquistarlo.

[L’immagine del titolo è tratta dal sito web Glocalizeyourself]

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