Guida alla Roma ribelle

Guida alla Roma ribelle è un libro collettivo del 2013 dedicato, appunto, ai luoghi ribelli della Capitale (e ai ribelli, non solo romani, che li hanno animati). Pubblicato da Voland, una piccola ma caparbia casa editrice romana, fa seguito alla nota Guida alla Parigi ribelle di Ramón Chao e Ignacio Ramonet, e poi alla Guida alla Barcellona ribelle di Guillem Martínez. Abbiamo deciso, in accordo con gli autori, di pubblicarne nelle prossime settimane alcuni estratti, per raccontare storie, momenti e posti talvolta meno noti della Città Eterna. Che, nonostante sia stata sede dell’Impero e poi del Vaticano, è meno cheta e reazionaria di come possa apparire a prima vista, come spiegano benissimo gli stessi autori nell’introduzione. 

Il libro è sempre disponibile, anche in formato digitale.E dunque vi invitiamo ad acquistarlo.

 

Introduzione degli autori

(Rosa Mordenti, Viola Mordenti, Lorenzo Sansonetti, Giuliano Santoro)

Ammettiamolo: Roma viene percepita e rappresentata dalla cultura di massa come città poco ribelle. È la città dei fasti remoti dell’Impero o del potere immobile del Vaticano. È la capitale dei ministeri e di un ceto impiegatizio reazionario. I romani dell’immaginario collettivo sono bonari e boriosi, rumorosi e dissacranti, capaci di scatti d’ira episodici, scostanti e in fondo improduttivi. Basta passare in rassegna alcune delle rappresentazioni più comuni per comprendere come queste abbiano finito, nella maggioranza dei casi contraddicendo l’intento dei loro autori, per rafforzare questi stereotipi. I piani-sequenza del neorealismo di Vittorio De Sica e Roberto Rossellini hanno raccontato la Roma feroce e umana del dopoguerra. Le inquadrature di Federico Fellini hanno immortalato e diffuso per il mondo l’immagine della città a cavallo del boom economico, piena di gente impegnata avidamente a passarsi teglie ricolme di cibi unti nelle osterie o a scolare cocktail nei night. I romanzi e le pellicole di Pier Paolo Pasolini sono stati impiegati per riprodurre i confini invisibili tra il centro e le borgate, tra una Roma gaudente e greve e una selvaggia e disperata. Più tardi, dagli anni ’80, le cose sono persino peggiorate: la romanità è divenuta sinonimo di commedie a basso costo e poi di cinepanettoni, la città di una borghesia rampante e volgare e di un popolino impacciato e impunito.

Elsa Morante nel suo appartamento di Roma, Fotografo sconosciuto

Chi conosce almeno un poco Roma e ha avuto modo di andare oltre la cortina fumogena dei luoghi comuni sedimentati nel tempo, sa che le cose stanno diversamente e che gli esempi citati poc’anzi, a saperli leggere nel modo giusto, dimostrano il contrario. Non si può riconoscere la Roma ribelle se non ci si accorge che la borghesia nera capitolina è assediata da un popolo multiforme e irregimentabile, che si evolve e cambia ma le cui radici affondano nei secoli. Agli artigiani delle piccole aziende manifatturiere e agli operai di mestiere si sono aggiunti i tanti che sono scappati dalla fatica sovrumana delle campagne e dalle restrizioni mentali delle periferie del paese, le moltitudini in cerca di fortuna verso la metropoli, il popolo dell’abisso che ha strappato metro per metro e giorno dopo giorno spazi e diritti. Sono arrivati gli studenti universitari e i lavoratori creativi, in cerca di un lavoro nell’editoria o attratti dalle fabbriche dello spettacolo di Cinecittà e della Rai. Gente abituata al fai-da-te: prima c’erano quelli che costruivano le loro baracche a ridosso delle mura storiche, accerchiando la città millenaria. Oggi ci sono gli occupanti di case, che riciclano il patrimonio edilizio dismesso e pretendono diritti di cittadinanza.

Non si può riconoscere la Roma ribelle se non ci si accorge che la borghesia nera capitolina è assediata da un popolo multiforme e irregimentabile, che si evolve e cambia ma le cui radici affondano nei secoli

Questa Guida alla Roma ribelle non è (solo) un manuale per muoversi dentro la città, uno di quei libri pensati per usare al meglio i luoghi. Abbiamo intrapreso questo percorso muovendo da punti di vista, biografie, percorsi formativi e professionali differenti. Abbiamo scelto luoghi, eventi e personaggi ponendoci il problema di ‘storicizzare la Roma ribelle’. II verbo storicizzare viene spesso utilizzato in maniera errata, come sinonimo elegante ed eufemistico di ‘ridimensionare’; si storicizza per prendere le distanze, per far capire che un dato evento appartiene ad un passato che ci si può finalmente permettere di osservare con distacco, come gli entomologi infilzano le farfalle per metterle sottovetro. Al contrario, storicizzare vuol dire calare gli eventi nel loro contesto storico e sociale in modo da riprodurne la genealogia e magari riconoscere eventuali eredità. Camminando per le strade millenaria di Roma, la città eterna, ci siamo accorti che era necessario forzare la rigidità solo apparente dei luoghi; in alcuni casi decostruendone la sacralità, in altri riconoscendogli la forza di miti misconosciuti. Attraversare i luoghi, ascoltare le storie che li raccontano e individuare linee di confine, raccogliere le voci di chi vive in un posto o di chi lo narra: è stato un metodo di lavoro, un modo di costruire relazioni, analogie e differenze della Roma che non si è mai piegata alle logiche dei poteri. Ci ha insegnato a rapportarci con la storia e le storie senza nostalgia né distacco, a contestualizzare il passato senza archiviarlo né trasformarlo in un feticcio, a pensare alla memoria facendola vivere nella città che abitiamo ai giorni nostri.

Violet Gibson: nel 1926 attentò alla vita di Mussolini

Le ribellioni individuali, posto che esistano, sono destinate al fallimento. Ecco perché questo volume non poteva essere frutto che di un lavoro collettivo. In queste pagine si intrecciano più voci, si incrociano linguaggi diversi e toni discordanti, pare quasi di sentire le voci diverse che compongono il suono che viene dalle strade. C’è il nucleo collettivo composto dai quattro nomi che vedete in copertina. Siamo architetti, grafici, giornalisti: a volte tutto questo insieme. C’è poi il contributo, anch’esso frutto di discussioni allargate, delle molte persone che ci hanno dato una mano scrivendo, rievocando storie, consigliando libri, studiando alcuni temi. Ultime, ma non ultime, ci sono le storie dei luoghi che ci hanno raccontato alcuni interlocutori privilegiati, cui abbiamo chiesto di rivelare quale fosse il posto della loro Roma ribelle: la memoria difficile da condividere di Ascanio Celestini a via Rasella, una corsa disperata di Carlo Lizzani nella Roma occupata dai nazisti, Giovanna Marini che ascolta il ritmo delle periferie romane e lo associa al rap degli afroamericani, Mario Tronti e la ribellione disincantata dei lavoratori dei Mercati Generali, la bellezza e la poesia della strada e del conflitto di Tano D’Amico, l’arrivo alla Stazione Termini dopo la rivolta di Rosarno di Daouda Sanogo.

Il jazzista Massimo Urbani

 

[Nella foto del titolo: il primo festival internazionale dei poeti a Castelporziano, Archivio Luce]

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